Mino Denti - Campione sfortunato, buon maestro, ora imprenditore
Le gare contro il tempo una specialità che si addice ai bresciani
Tre cronomen in poker d'iride
Antonio Tagliani il precursore, mondiale a Roncadelle '62 - Ferruccio Manza e Mino Denti i seguaci
GIORNALE DI BRESCIA - Speciale ciclismo, ottobre 1991
Inserto realizzato da Enrico Moreschi con la collaborazione di Carlo Bresciani, Giuseppe Bresciani e Guenda Piatto
Personaggio che ha contribuito a costruire la storia del ciclismo bresciano, sia come corridore sia come tecnico, è senza dubbio Mino Denti, bresciano d'adozione, iridato nella cento chilometri a squadre a San Sebastiano, con Dalla Bona, Guerra e Soldi. Ha gareggiato dal 1962 al 1970, fin quando nella settima tappa del Giro d'Italia, nella discesa del Crocedomini su Bagolino, in una stretta curva, incappò nella sabbia e letteralmente volò fuori strada procurandosi numerose fratture. Riuscì con caparbietà a rimettersi completamente dopo oltre un anno di solerti cure. ed ora dispone a Travagliato di uno stabilimento ben avviato di vestiario per corridori, che porta il suo nome, praticamente conosciuto in tutto il mondo. "Ho raccolto una novantina di vittorie nella mia carriera di ciclista - ci ha detto Mino Denti -. Come corridore a cronometro individuale ero un buon piazzato, mentre mi sentivo fortissimo a squadre". Terzo in una tappa a cronometro individuale al Tour dell'Avvenire, Mino Denti è andato fortissimo nell'ultimo Tour per squadre nazionali con i professionisti, proprio nella cronometro a squadre, formata, tra gli altri, da Bitossi, Colombo, Chiappano, Vincenti, Passuello, Schiavon.
Da professionista nel 1969 si è piazzato 18 volte tra i primi cinque, ed ha vinto alla grande il Giro del veneto (detiene ancora la media record) davanti a Dancelli, Panizza, Boifava, Aldo Moser, Polidori, dopo un finale entusiasmante.
È stato per otto anni direttore sportivo alla Mariani e Calì, all'Inoxpran, a Lumezzane ed alla lombarda Tacchini. Poi il lavoro lo ha assorbito sempre più, costretto ad abbandonare l'ammiraglia. Per sei anni, allievo, in circostanze strane (in ospedale mentre Denti ancora curava le ferite della caduta e Visentini era ricoverato per un'epatite) ha conosciuto ed avuto con sé Roberto Visentini. Di lui Mino Denti parla con grande entusiasmo. "Nonostante quello che si è detto e si dice - afferma con enfasi Denti - Roberto Visentini è un ragazzo serio e volenteroso. In sei anni, non ha mai mancato un allenamento. Pioggia, vento o sole, era sempre il primo a presentarsi all'appuntamento. Tipo certo da prendere con le pinze, di una certa rigidità. Secondo il mio punto di vista, il suo tallone d'Achille è nelle arrabbiature, ma è questione proprio di carattere. Tra i dilettanti è più facile tenere seminascosto questo carattere impulsivo, perché cambiano i corridori ed i personaggi che si incontrano nelle gare. Tra i professionisti, invece, sia i direttori sportivi, sia i corridori sono praticamente sempre gli stessi".
"Sono più che convinto che, una volta scoperto questo tallone d'Achille di Roberto Visentini, gli avversari lo stuzzicavano e lo provocavano apposta perché sapevano ormai quale poteva essere la sua reazione. E questo è stato per lui un grande danno. Ha vinto parecchio dall'alto di una classe cristallina, anche se non sostenuta da un rapporto proprio perfetto tra peso e potenza (sarebbe come mettere un motore tremila di cilindrata su una carrozzeria per la Cinquecento, per intenderci), ma poteva vincere quattro volte quello che ha vinto, se avesse pensato di più a se stesso e, come del resto fanno tutti i professionsiti, di più ai soldi".
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