Sulle strade dell’Alto Adige nasce il mito di Pantani



Bolzano. Nella storia contemporanea del ciclismo sono molti i capitoli dedicati a Marco Pantani, alle sue straordinarie imprese, alla storia di una morte ancora tutta da chiarire, avvenuta in un...

Altoadige.it - 13 maggio 2020

Bolzano. Nella storia contemporanea del ciclismo sono molti i capitoli dedicati a Marco Pantani, alle sue straordinarie imprese, alla storia di una morte ancora tutta da chiarire, avvenuta in un residence di Rimini il 14 febbraio, giorno di San Valentino del 2004. Marco avrebbe compiuto 50 anni il 13 gennaio di quest’anno. Del “Pirata” di Cesenatico si è scritto molto e molto ancora si scriverà. 

Pochi sono a conoscenza di alcuni dettagli che hanno caratterizzato la carriera dello scalatore romagnolo. Dettagli che hanno come teatro la nostra regione. Il primo è datato 1992. Il Giro d’Italia riservato ai dilettanti si corre per rappresentative regionali. Pantani, capelli lunghi, biondi e con i riccioli, veste la casacca dell’Emilia Romagna. Pochi, all’esterno dell’ambiente ciclistico, conoscono le qualità di quel ragazzino tutto pepe, con un trascorso calcistico nel ruolo di esterno-alto nelle giovanili del Cesenatico, prima di ricevere in regalo una bicicletta da nonno Sotero e restare folgorato dalla passione per le due ruote.

1992: il primo successo al Giro d’Italia baby

Pantani, terzo nel 1990 e secondo nel 1991 al termine del cosiddetto “Giro baby”, punta al successo nel 1992. In un primo pomeriggio plumbeo, lo scalatore nato in riva al mare di Romagna, sulla salita di montagna schizza fuori dal gruppo (di cui fa parte anche il bolzanino Cristian Zanolini) con una forza ed una progressione micidiali e irresistibili e inizia la fuga solitaria verso il traguardo di Cavalese. È superiore a tutti. Primo in Val di Fiemme e primo il giorno dopo al termine della tappa di Alleghe-Pian di Pezzè con il Sella. Parte da lontano e arrivava da solo, anche quel giorno. In salita non ha rivali. Vince il Giro dei dilettanti 1992, precedendo, nell’ordine, Vincenzo Galati e Andrea Noè. Per il Marco, al tempo per tutti solo e semplicemente “Panta”, si spalancano le porte del professionismo con la Carrera diretta da Davide Boifava. Debutto al “Matteotti” nell’agosto del 1992. Nel ’93 si ritira dal Giro d’Italia, quello dei “pro” per una tendinite, mentre era 18esimo in classifica. I sogni di gloria li rimanda all’anno successivo, anche se il ruolo da rispettare, almeno all’inizio, è quello di gregario di Claudio Chiappucci, il “Diablo”. In quella Carrera Jeans-Tassoni c’è anche il bolzanino Cristian Zanolini, al secondo anno tra i professionisti, reduce da una stagione in maglia Jolly Club 88. Non fa parte però della squadra impegnata al 74esimo Giro d’Italia.

1994: la prima vittoria da professionista a Merano, in discesa

Il 4 giugno 1994 è una data storica: a 24 anni, un ragazzino di Cesenatico spicca il volo nella quattordicesima tappa del Giro e trionfa a Merano. È il primo successo da pro' di Marco Pantani, che emozionerà l'Italia. Una vittoria che uno scalatore puro costruisce in discesa e sotto la pioggia torrenziale. Quel giorno la corsa rosa rientra in Italia, dopo lo sconfinamento in Austria. Partenza da Lienz per affrontare la tappa più lunga: 235 km su e giù per le Dolomiti con Stalle, Furcia, Erbe, Eores e Giovo prima dell'arrivo a Merano. Il russo Evgenij Berzin, 24 anni, è in maglia rosa davanti al francese De Las Cuevas (a 2'16''), a Bugno (2'32'') e a Indurain (3'39''). Sulle montagne si attende la battaglia dei grandi favoriti, ma a dare uno scossone alla corsa rosa ci pensa un illustre sconosciuto. A un paio di chilometri dalla vetta del Giovo si è esaurisce l'azione di Chiappucci e, dopo più o meno un chilometro, dal gruppo schizza fuori un ragazzino esile, con in testa il cappellino della Carrera. E’ il “Panta”. È quel “ragazzo di mare” dall’inconfondibile accento romagnolo, autorizzato ad assumere iniziative solo con l’assenso del “Diablo” capitano, come da strategia studiata al tavolo della Carrera Tassoni. È Marco Pantani, non è ancora il “Pirata” e la bandana è ancora lontana. Ha i capelli, che raserà a zero solo dalla Vuelta Valenciana del 1995. Ai piedi del Giovo era risalito sulla sua bici da salita, consegnata al meccanico sul Passo delle Erbe a causa di un problema al manubrio. Tra le Dolomiti, il giovanissimo ed esile scalatore di Cesenatico (176 cm per 56 kg), al secondo Giro d'Italia, senza successi tra i professionisti, con un minuto rosicchiato il giorno prima alla maglia rosa Berzin, scollina sicuro per lanciarsi alla caccia dello svizzero Pascal Richard, maglia verde di leader della montagna, ultimo superstite della fuga del mattino. In diretta tv (la corsa in quel periodo è esclusiva Mediaset) affiorano i soprannomi. Il più gettonato, quel giorno, è “diavoletto”, mutuandolo (con diminutivo) dal compagno di squadra Chiappucci, al quale assomiglia molto per grinta, carattere e spirito offensivo. Il “Panta” raggiunge l’elvetico Richard in discesa, qualche chilometro insieme, poi, sotto la pioggia torrenziale il ragazzo di Cesenatico si inventa una posizione ad “alto rischio”, rilancia l’azione e prova la fuga. Guadagna terreno, lanciandosi in una posizione da spericolato: si appiattisce sulla bicicletta, mani allungate, bacino all’esterno del sellino, quasi a sfiorare la ruota posteriore alla ricerca di essere il più aerodinamico, anche se ai più, davanti alla tv, scorrono i brividi, Audace e intrepido, Pantani, prosegue sotto l’acqua, in quella posizione rischiosa, a 80 chilometri all'ora sulle strade della val Passiria, in alcuni tratti con l’asfalto rifatto da poco, quindi ad altissimo rischio caduta. Il “ragazzo di mare” procede spedito, senza alcun timore o titubanza, disegna traiettorie tutte sue e guadagna terreno. Non si volta, pedala con forza. Ad un certo punto lo affianca il d.s. Sandro Quintarelli e gli dice che la Polti di Bugno sta facendo il treno per cercare di riprenderlo. Marco non vuole ripetere le fresche esperienze: a Campitello Matese e a Marostica il gruppo aveva annullato i suoi tentativi di fuga. Sa di avere gli occhi di tutti addosso, sa che al chiosco di piadine gestito da mamma Tonina a ridosso del mare di Cesenatico ci sono i suoi cari e tanta gente a tifare per lui. Non sa ancora che al traguardo di Merano ci sono babbo Ferdinando detto Paolo e mamma Tonina, arrivati a sorpresa e il “patron” della squadra, Imerio Tacchella. Marco Pantani arriva tutto solo sul traguardo di viale Europa, nella città del Passirio. Alza le braccia al cielo, conquista il primo successo tra i professionisti e recupera quattro posizioni in classifica generale: dal decimo al sesto posto (cancellando il ritardo accumulato a cronometro sarebbe stato primo). A fermargli il tempo c’è il bolzanino Sergio Conte, responsabile dei cronometristi. La prima gioia arriva dopo 43 km di azione solitaria: 13 per inseguire Richard, 30 con il traguardo nel mirino. Al secondo posto, a 40” Gianni Bugno, che regola in volata Claudio Chiappucci e, nell’ordine, Rebellin, la maglia rosa Berzin, Indurain, Podenzana, Giupponi, Outschakov e Rodriguez. Marco riceve l’abbraccio di mamma e papà, i complimenti del presidente della Provincia, Luis Durwalder e della sindaca di Merano, Claudia Chistè e i baci avvolte nelle attillate tutine gialle, i colori del Tour de France, della corsa a tappe francese che sarebbe stata sua nel 1998, in una storica accoppiata Giro- Tour, che non è più riuscita a nessuno e che in precedenza era stata vanto di corridori come Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain. A Merano, Pantani, finisce sotto i riflettori del programma post-tappa condotto da Raimondo Vianello e Davide De Zan, con il direttore della rosea Candido Cannavò e i commentatori tecnici Maurizio Fondriest (e Roberto Corti.

Il giorno dopo all’Aprica si impone, alla grande, in salita

Il giorno dopo il “diavoletto” concede il bis, questa volta sul “suo” terreno, la salita. Vince la Merano-Aprica con la “Cima Coppi” sullo Stelvio e con il Mortirolo e il Santa Cristina nel finale. E’ sul Mortirolo che Pantani prova a scattare: ad un chilometro e mezzo dalla vetta raggiunge e stacca il ciociaro Franco Vona, scollinato per primo sullo Stelvio. A valle vanta 36” di vantaggio su Miguel Indurain e il d.s. Martinelli (al suo fianco per quasi tutta la carriera) gli suggerisce di aspettare lo spagnolo. Pantani obbedisce e la nuova coppia di testa transita al primo passaggio all’Aprica con 2’03” su Berzin, Chiappucci e Belli. Il romagnolo si lancia all’attacco prima del valico di Santa Cristina. In cima 3’ su Chiappucci, il suo indomito capitano che lo lascia fare, ma che vuol dimostrare di essere ancora protagonista, 3’22” su Belli e Indurain. All’arrivo 2’22” su Chiappucci, 3’27” su Belli, 3’30” su Rodriguez e Indurain e 4’06” sul russo Evgenij Berzin (Gewiss), che vince quel Giro con 2’51” di vantaggio su Pantani (che paga a cronometro) e 3’23 sullo spagnolo Miguel Indurain (Banesto), giù dal podio, a 11’16” il russo Pavel Tonkov (Lampre). Qualche settimana dopo il debutto al Tour de France. Terzo in classifica generale a Parigi, dietro al lettone Pëtr Ugrumov e a 7'19" dal vincitore, lo spagnolo Miguel Indurain, aggiudicandosi pure la maglia bianca di miglior giovane.

1998 la prima maglia rosa a Selva Gardena e la doppietta Giro-Tour

Nel 1995 un incidente lo costringe a rinunciare al Giro e di puntare al Tour del France, dove vince due tappe e chiude 13esimo, con la maglia bianca sulle spalle. A ottobre un nuovo incidente, grave, alla Milano-Torino. Finisce contro un fuoristrada che viaggia in senso contrario alla corsa: frattura di tibia e perone e il rischio di chiudere la carriera per sempre. Dopo cinque mesi torna in bici e comincia a pedalare in un 1996 di riabilitazione e graduale ritrovo della condizione. Nel Giro del ’97, in maglia Mercatone Uno, disputa il Giro d’Italia, ma la sfortuna lo perseguita: lungo la discesa del Chiunzi, in una tappa tranquilla, un gatto gli attraversa la strada, cade, si rialza arriva al traguardo in condizioni delicate. E’ costretto a ritiro. All’ospedale gli diagnosticano la lacerazione di un centimetro nelle fibre muscolari della coscia sinistra. Nel 1998 il ritorno del campione che sulle nostre strade firma un’altra “prima volta” in carriera. Giro d’Italia numero 81, il ritorno alla Rai e ad Adriano De Zan, con Davide Cassani al debutto come commentatore tecnico. Tappa numero 17, il 2 giugno. Partenza da Asiago e arrivo a Selva di Val Gardena. Girini a sudare per sei ore sulle Dolomiti: 217 chilometri. Nell’ultima ora di corsa, sulla Marmolada, Pantani si è alza sui pedali e assieme a Giuseppe Guerini (Team Polti) e saluta la compagnia e, nonostante un incidente tecnico, che lo costringe ad uno stop mette tutti in fila. Il Passo Duran, a 1600 metri, non lascia segno alcuno. Pantani, in maglia verde di leader della montagna e Guerini procedono spediti, cambi sincronizzati, con Selva nel mirino. C’è una maglia rosa, la prima in carriera, ad attendere il “Pirata”, mentre Guerini cerca gloria. Il ragguaglio cronometrico conferma: al romagnolo spetta il simbolo del primato e allora è fin troppo facile immaginare che in un patto tra gentiluomini e tra leali compagni di fuga il successo di tappa sia dell’altro. E così è: Marco Pantani - secondo al traguardo dietro al compagno di fuga Guerini, che sale al terzo posto in classifica - ipoteca il Giro. “Non me l'aspettavo, sinceramente -dichiara il romagnolo ai nostri microfono-. La maglia rosa arriva in una giornata in cui non stavo benissimo, colpa delle fatiche della cronometro. Ai piedi del Fedaia avevo voglia di attaccare, ma non stavo bene. Poi, con la bagarre, ho provato a scattare e strada facendo ho trovato buone sensazioni, ritrovato la gamba e la condizione per aggredire la strada e i chilometri. Guerini reggeva il mio passo e a un certo punto gli ho chiesto la collaborazione. A quindici dall'arrivo ho capito che ero vicino alla maglia e allora ho tirato al massimo". Strappa la maglia rosa allo svizzero Alex Zülle in una giornata fantastica, di ciclismo d'altri tempi, nel classico tappone dolomitico. Pantani in rosa, secondo il russo Tonkov a 30”, terzo Guerini a 31”, quarto a 1’01” lo svizzero Zülle, che pensa di avere ancora la corsa in mano, dopo aver rimediato oltre 4’ nel “tappone”. Poi ancora montagne. Il giorno dopo il russo Pavel Tonkov vince la Selva-Alpe di Pampeago con Pantani a ruota, a 1”. Zülle salta, accumula oltre mezz’ora di ritardo. Pantani vince poi l’impegnativa Cavalese-Plan di Montecampione di 243 km, conserva la maglia rosa, che difende fino in fondo, chiudendo il Giro ’98 da vincitore con 1’33” di vantaggio su Pavel Tonkov (Mapei Bricobi) e 6’51” su Giuseppe Guerini (Team Polti). Pantani vince anche la classifica scalatori battendo José Jaime González. La preparazione in vista del Tour de France è rovinata dalla che scomparsa di Luciano Pezzi, l’esperto d.s. della Mercatone Uno. Pantani affronta la corsa a tappe francese in grande condizione, centrando una doppietta storica. Vince nello stesso anno le due più grandi corse a tappe del mondo: Giro d’Italia e Tour de France. Bis che era riusciti a fare soltanto alcuni “grandissimi”, tra gli italiani solo: Fausto Coppi nel 1949 e nel 1952. Una vittoria italiana alla Grande Boucle 33 anni dopo Felice Gimondi (1965).

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