FIGNON, IL DOPPIO TURBO


1984 - Il secondo Tour di Laurent Fignon è, per lui e la sua squadra Renault, l'apoteosi. 
Con la bandana intorno alla testa sembra che non sfiori nemmeno i pedali: vola in montagna 
e plana in pianura nelle cronometro. E Hinault, di ritorno dopo l'operazione al ginocchio, 
a fare le spese di questo stato di grazia. (PANORAMIC)

Françoise e Serge Laget, Philippe Cazaban, Gilles Montgermont
La grande storia del Tour de France
Libreria dello Sport (2013)

1983, 1984
1° Laurent Fignon

COME IL TASSO: AL PRIMO TENTATIVO!

Il Tour del 1983 assomiglia come un fratello gemello a quello del 1973: il vincitore uscente, Bernard Hinault, non difende il titolo. Era accaduto anche a Eddy Merckx, che si era ritirato per lasciare il posto a Luis Ocaña. Eddy allora aveva lasciato il passo dopo quattro vittorie, invece Bernard, che vantava lo stesso palmarès, soffriva di dolori a un ginocchio dal lontano 1980: era dunque venuto il momento di farsi operare. 

Insomma, senza i gatti i topi ballano e la corsa è aperta, sembra una rivoluzione e lo diventerà ancora di più accogliendo (per la prima volta) i ciclisti colombiani (la squadra Varta). Una formula "open" che intriga due personaggi come Joop Zoetemelk e Lucien Van Impe, ex vincitori che non hanno intenzione di accontentarsi di un semplice premio di longevità, ma, come Agostinho, Hennie Kuiper e Sean Kelly, vogliono "mordere" qualcosa di più consistente. 

Non dimentichiamo poi l'eterna rivalità tra le due squadre (francesi) Renault-Elf-Gitane e Peugeot-Shell-Michelin, mentre a fare da arbitri saranno la Coop-Mercier, la Ti-Raleigh e la Sem. Con Gauthier e Andersen, la Coop ci farà divertire fino a Pau, alla soglia dei Pirenei, dove l'irlandese Kelly prende la maglia gialla; lassù la Peugeot svelerà le proprie ambizioni con lo scalatore scozzese Robert Millar che vince a Luchon, davanti al debuttante spagnolo Pedro Delgado (della Reynolds) e al suo compagno Pascal Simon che, al suo terzo Tour de France, indossa finalmente la maglia gialla. La tappa è stata un massacro: sedici ritiri e distacchi, come quello tra Kelly e Zoetemelk, di ben dieci minuti. (Tra i big) solo Laurent Fignon, novellino quattrocchi della Renault, limita i danni, seppure a quattro minuti e 22 secondi. È all'esordio, ma ha il difficile compito di sostituire il Tasso come capitano della squadra. 

Il giorno dopo, l'undicesima tappa, tra Bagnères e Fleurance, che avrebbe dovuto essere una semplice frazione di trasferimento, si trasforma in una catastrofe. Durante l'attraversamento di Montrejeau, per evitare il suo compagno Bernard Bourreau, Pascal Simon (che indossa la maglia gialla) cade sulla spalla sinistra. I "Renault", guidati (in ammiraglia) da Cyrille Guimard, attaccano e la lotta tra i "Peugeot", compagni di Simon, e i "Renault" di Fignon dura ben 40 km. Il fervore della battaglia sembra aver attenuato il dolore di Simon, ben protetto dai compagni. La tappa finisce, la sua posizione non è intaccata, ma il dolore alla spalla persiste, abzi aumenta e la radiografia conferma: si tratta di una frattura. Simon ora deve attraversare le montagne del Massiccio Centrale francese, bisogna salire e ogni salita lo fa soffrire, nonostante il bendaggio e i calmanti. Eppure, non si lascia rimontare che soli otto secondi fino alla quindicesima tappa (15,6 km a cronometro), quella del Puy-de-Dôme, durante la quale getta la spugna. 

Dietro di lui ci sono gli spagnoli Arroyo e Delgado della Reynolds che approfittano della sua momentanea debolezza e fanno una doppietta. Da parte sua Pascal, dopo un'incredibile ricognizione notturna, finisce al cinquantacinquesimo posto perdendo cinque minuti. Fignon gli alita sul collo a cinquantadue secondi. Tra Issoire e Saint-Étienne (sedicesima tappa), il calvario di Simon continua. La retrocessione di Lubberding, vincitore dopo aver urtato Laurent, settimo, non lo riguarda affatto. Il problema è che Fignon si è avvicinato e ormai non li separano che quaranta secondi. Simon non si può difendere, non ce la fa più a tenbere stretto il manubrio. Il giorno dopo, nella tappa che porta verso l'Alpe-d'Huez (diciassettesima tappa), decide di ritirarsi.

In testa la corsa sta cambiando: Fignon, decimo al Puy-de-Dôme, è ora al quinto posto, alle spalle dell'olandese Peter Winnen, salito con estrema eleganza sui ventuno tornanti. Fignon prende la sua prima maglia gialla e la consolida nella cronometro di Digione. L'occhialuto sbuca sugli Champs-Élysées con quattro sacrosanti minuti di vantaggio su Angel Arroyo, lo spagnolo dalle scarpe bianche e su Peter Winnen, lo scoiattolo olandese. Laurent Fignon, il novellino occhialuto di Tournan-en-Brie, sta per festeggiare i suoi ventitré anni con la stessa gioia con cui li avevano festeggiati Coppi, Koblet, Anquetil, Merckx e Hinault: tutti vincitori al loro primo Tour. E pensare che Laurent Fignon aveva solo otto anni quando il belga Lucien Van Impe debuttava al Tour, nel 1969.

Anche se porta la maglia di campione di Francia e la fascia tergisudore della Renault, il compito più duro per Laurent nel 1984 sarà quello di confermarsi; un Tour in cui sono di ritorno sia Hinault sia Pascal Simon, entrambi guariti. I preparatori colombiani hanno intensificato gli allenamenti della loro squadra, gli irlandesi Roche e Kelly sono ossi duri da battere. E non dimentichiamoci degli spagnoli Arroyo e Delgado. La Renault di Fignon, guidata da Guimard, terrà testa alla Peugeot, vogliosa di rivincita e alla La Vie Claire, la nuova squadra del patron Bernard Tapie e di Hinault. Nessuno sa come andrà a finire, l'unica certezza è che non si sono mai visti così tanti corridori alla partenza: ben centosettanta, divisi in diciassette team.

Hinault tiene a far sapere a tutti che è tornato, che è lui il più forte, che non ci sono né australiani né americani che tengano. Indossa subito la maglia gialla a Noisy-le-Sec, soffiandola per un pelo a Fignon. Sarà l'unica volta dato che Fignon, "il monello con gli occhiali", è in una Renault che carbura alla grande: vittoria di tappa di Marc Madiot, impressionante successo collettivo nella cronosquadre di Valenciennes, conquista della maglia gialla da parte di Vincent Barteau già nella quinta tappa, con un vantaggio di diciassette minuti. Il direttore sportivo Guimard, seduto sul suo trono (in ammiraglia), giostra i suoi uomini tra acrobazie e peripezie. Nella cronometro di Le Mans (67 km) Fignon dà la sua prima lezione a Hinault (a quarantanove secondi), mentre Pascal Jules controllerà il primo sui ponti di Nantes, così come Menthéour a Rodez. Fignon, che aveva approfittato dei Pirenei per avvicinarsi al suo compagno Barteau, mette la doppia marcia sulle Alpi, solo contro il cronometro (La Ruchère), in alcuni arrivi in vetta (La Plagne e Crans-Montana) o dietro al colombiano Herrera che vince la tappa a l'Alpe d'Huez e allo spagnolo Arroyo che vince quella di Morzine. La maglia gialla l'ha tenuta in caldo per dodici giorni Barteau, Fignon la indossa infine sull'Alpe d'Huez. Hinault non è al cento per cento, Fignon è in uno stato di grazia: dopo le Alpi aumenta il vantaggio su Hinault relegandolo a più di dieci minuti alla fine della cronometro, nel Beaujolais. Hinault è battuto, è secondo, ma la sua popolarità non diminuisce anche se Fignon dimostra di essere un novellino con tutte le carte in regola, e che sconvolge veterani e gerarchie del Tour.

Greg LeMond finisce terzo e Pascal Simon, sfortunata maglia gialla nel 1983, è settimo. I colombiani hanno dato un tocco di esotico e un pizzico di peperoncino alla corsa: «Con le loro batterie Varta hanno fatto quello che hanno potuto, ma, come dice l'umorista Jean Amadou, non potevano far niente contro il turbo della Renault». Giustamente la Renault, che ha dominato il Tour con testa e gambe, trionfa su tutta la línea.


La razzia della squadra Renault. Nel 1984 il team di Guimard è quasi intoccabile. 
Alla nuova vittoria di Fignon si aggiungono la maglia bianca di LeMond, 
la classifica a squadre, dieci tappe e "l'operazione Barteau", che ha visto il 
normanno portare la maglia gialla per dodici giorni prima di passarla a Laurent. (FEP)

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

I 100 cattivi del calcio

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?