FOOTBALL PORTRAITS - Houseman, El Loco impresentable

probabilmente quel Mondiale non lo avrei giocato. 
Non sapevamo nulla di ciò che stava succedendo»
- René Orlando Houseman, ala destra dell'Huracán e dell'Argentina '74 e '78

di CHRISTIAN GIORDANO
Federico Buffa racconta Storie Mondiali

Cognome inglese, pronuncia (“Usmán”) e indole sin troppo argentine. 
Nato poverissimo, padre poliomielitico (quando lui aveva 12 anni), madre lavandaia: no, il destino ha giocato subito con carte truccate con René Orlando Houseman. 
Il calcio sarà il suo riscatto, ma non durerà. Inventiva, un sinistro letale (specie da destra) e fiuto del gol. Ma anche troppa l'indisciplina. 

Con Omar Sivori Ct, abbandonò il ritiro e fu cacciato dalla Selección. Perdonato nel '74, 3 gol in 6 gare (uno all'Italia) al Mondiale tedesco. Buon rincalzo nel '78: 6 presenze e un gol (il quinto nel 6-0 della ignobile “Marmelada Peruana”). 
A quasi sessant'anni, finirà a dormire sotto un ponte. Alla lettera.

CHI ERA

Uno dei giocatori più importanti nella storia del Club Atlético Huracán.
Estroso, brillante. I pochi video ancora oggi reperibili ci mostrano la maestosità del suo dribbling. Ma il suo polemico modo di essere, i suoi problemi di alcool, gli imepedirono di arrivare ancora più in alto e, soprattutto, di durare più a lungo ai massimi livelli. 

Houseman era immarcabile, in campo e fuori. La domenica scivolava via ai difensori come faceva il sabato notte in ritiro. Per i 60 anni del Loco, hanno chiesto a un suo vecchio compagno all'Huracán, l'ex Ct argentino Alfio “Coco” (testone) Basile, un ricordo di Houseman: 

«Nos fuimos a dormir la siesta. Al rato me despertó el Flaco Menotti y me preguntó dónde estaba René (Houseman). Me doy vuelta y el Loco no estaba. Houseman apareció cinco minutos antes del partido y la rompió. Así era él».
«Stavamo schiacciando un pisolino. A un certo punto, mi sveglia “el Flaco” Menotti (l'allenatore dell'Huracán, ndr) e mi chiede dov'è René. Mi volto e “el Loco” non c'era. Riapparve cinque minuti prima della partita, e la spaccò. Era fatto così».

Protagonista di aneddoti irripetibili, l'ex numero sette dell'Huracán fu capace di segnare un gol in stato di ebbrezza a Ubaldo (Pato, il papero) Fillol, il portiere del Mundial 78:

“Una sola vez jugué borracho. Fue contra River, por el Metro 77. Me fui a la madrugada de la concentración al cumpleaños de mi hijo y volví borracho a las 11 de la mañana. Metí el gol, pedí el cambio y me fui a dormir. No daba más”

«Solo una volta ho giocato ubriaco. Fu contro il River Plate, al Metropolitano del 1977 (il campionato di andata, vinto proprio dal River; quello di ritorno si chiamava Nacional, ndr). Lasciai il ritiro all'alba, era il giorno del compleanno di mio figlio e tornai un po' su di giri alle 11 del mattino. Feci gol, chiesi il cambio e me ne andai a dormire. Non è più successo».

Come tutti i grandi giocatori, anche el Loco Houseman segnò un'epoca. Con l'Huracán ha segnato 109 gol in 277 partite, ha vinto il Metropolitano nel 1973, è arrivato secondo nel 1975 e 1976 e ha giocato la Copa Libertadores (la Champions League del Sud America) nel 1974.

Con l'Argentina ha disputato due Mondiali: sei presenze e 3 gol (uno all'Italia) a Germania Ovest 74, sei presenze e un gol e il titolo di campione in casa ad Argentina 78.

Identificato come simbolo del “Globo” (la mongolfiera, il soprannome del club e raffigurata anche nello stemma del club), dove visse i migliori anni dela sua carriera, proseguita poi con River Plate, Colo Colo, Amazulu, Independiente e Excursionistas, dove si ritirò nel 1985. 

Che la passionalità dell Loco fosse intatta, si scoprì durante la Copa Argentina 2011, quando si attirò le critiche di molti tifosi dell'Huracán under 40 per lo smodato entusiasmo con cui ai rigori tifò per il Bajo (Basso) Belgrano. Non sapevano, poveri, che El Loco è sempre stato e sempre sarà “más allá del bien y del mal”, al di là del bene e del male. E il suo iconico numero sette resterà per sempre legato alla camiseta del “Globo”.

Nato a La Banda, provincia di Santiago del Estero il 19 luglio 1953. Arrivò a Buenos Aires con la famiglia a cinque anni (secondo altri a due anni, ndr) «supongo que para buscar otro povenir, un mejor futuro» (in cerca di un avvenire, un futuro migliore), e da allora ha sempre vissuto nel quartiere Bajo Belgrano.

Prima del Mondiale, il suo quartiere nel Basso Belgrano era stato sgomberato e smantellato dai militari così che i visitatori stranieri non potessero riferire di tanta povertà così vicina al centro della Capitale Federale. «Me ne resi conto – dirà el Loco – quando rientrammo da un lungo ritiro di Villa Marista a Mar del Plata. Mi venne una grande tristezza ma in quel momento non dissi niente»

Villero nella più completa accezione del termine, tutto quel che aveva era il pallone: «Con eso nos criamos», ci siamo cresciuti. 

Dopo essere passato per diverse scuole, smise di studiare a 14 anni, nel Colegio Mariscal Sucre. E diventò uno de “Los Intocables”, gli Intoccabili. 

«Era un equipo en el que jugaba mi hermano mayor Carlos. Me acuerdo que era un conjunto imbatible. Yo, a los 14 años, ya estaba jugando ahí, que era como jugar en Primera. Para mí, era comparable a estar en la Selección. En esa época jugaba de 3».
In quella squadra gioca il fratello Carlos. Per René «era come giocare in Primera, o in nazionale», e il suo ruolo era terzino sinistro. Giocava per divertimento, si alza alle sei e faceva il “muro” coi due piedi. Soprattutto il sinistro, tanto sinistro. Per puro divertimento.

Intanto lavora al reparto consegne in macelleria, la Carnicería El Triunfo. «Il proprietario era un tifoso dell'Huracán, ci lavoravo da ragazzo. Era durissima, lavoravo tutta la notte, poi avevo altri lavoretti. Per tirare su due soldi, andavo a un negozio di frutta e verdura e finito l'orario di lavoro andavo a giocare al campo di Pampa y Dragones con “Los Intocables”».

Il pomeriggio, camminava per le strade sterrate del barrio in cerca di unop spiazzo verde su cui tuffarsi. Giocava con tutto e con tutti contro operai, studenti, criminali, tossicodipendenti. 

Comincia sul serio nelle serie minori con l'Excursionistas (dove, romanticamente, chiuderà la carriera) ma in Primera debutterà con la maglia dei rivali, i Defensores de Belgrano. A 18 anni. In Primera C resta fino al 1972. Vince il campionato e passa al Defensores. Altro campionato vinto, lo vogliono Ríver e Independiente, invece la spunta l'Huracán.

Nel gennaio 1973, César Luis Menotti lo schiera contro il San Lorenzo. Negli spogliatoi del vecchio stadio San Martín di Mar del Plata che a posteriori suonerà come una premonizione: “Ese flaquito desgarbado que ustedes vieron hoy, va a ser figura del fútbol argentino”.
Questo spilungone che vedete qui oggi, sarà un grande del calcio argentino.

Il 4 marzo 1973, debutta nel Torneo Metropolitano. Cinque giornate dopo, l'Huracán rivelazione dell'anno sarà vincerà lo storico titolo con lo squadrone di Miguel Brindisi e Carlos Babington.

Il 9 agosto, Houseman segna (al Newell's Old Boys ) il suo primo gol con l'Huracán.

I dirigenti del club cercano di portarlo via dalla “villa” per evitargli di le cattive compagnie e il facile accesso all'alcool e gli presero in affitto un appartamento nel cuore del Parque Patricios (a Uspallata y Saenz). Resisterà venti giorni, prima di tornare dalla «sua gente».
Per dirla con le sue parole: «Medio que se me fue todo a la mierda cuando me sacaron la villa». 

Due settimane dopo, il Ct Enrique Omar Sívori, lo convoca contro l'Uruguay (1-1) per la Copa Lipton. Sì, quel Sir Thomas Lipton. 

COPA LIPTON

Il torneo fu creato nel 1905 dal magnate del tè, grande appassionato di calcio, che ideò in quegli stessi anni anche la Coppa Lipton (in palio dal 1909 e il 1915 tra i club dell'Italia meridionale) e il Sir Thomas Lipton Trophy (a Torino nel 1909 e nel 1911).
La Copa Lipton si giocava ogni anno tra Argentina e Uruguay, all'epoca le uniche nazionali sudamericane esistenti. L'incasso della partita, riservata a nati nei due Stati, andava in beneficenza. Si giocava a turno a Buenos Aires e a Montevideo. In caso di parità al 90', la vittoria veniva assegnata alla squadra ospite.

L'anno successivo (1974), il nuovo Ct Vladislao Cap lo porta al Mondiale tedesco.
Ad Argentina 78 non era allo stesso livello, e perse il posto. 
Tutta colpa della preparazione, sostiene ancora oggi Housman tra il serio e il faceto. 

ALCOOL

Houseman ha smesso di bere nel 1990. Tanta gente sostiene di averlo visto altre volte ubriaco, ma lui nega. Come l'aneddoto secondo cui gli avrebbero sparato a un ginocchio da un balcone mentre fuggiva da un ritiro. Più verosimile invece quella volta che, costretto ad andare in ritiro pur non potendo giocare per un infortunio, per andare a trovare la famiglia saltò giù dal secondo piano. E senza farsi niente, prese l'autobus 29 e se ne tornò tranquillamente a casa.

Secondo Miguel Brindisi, i suoi idoli erano Ángel Clemente Rojas in Argentina (detto Rojitas, fu bandiera anni 60 del Boca Juniors) e all'estero Johan Cruijff, «una gazzella». Poi, ovvio, Maradona. 

Per i tifosi più anziani, era la reincarnazione di Oreste Osmar Corbatta, il vero “El loco” ante litteram, El Garrincha argentino, El dueño de la raya (il capobanda) o un Jugador de dibujos animados (giocatore da cartone animato). 

Per tanti vecchi cronisti, «el mejor puntero derecho del fútbol argentino de todos los tiempos, por arriba de Peucelle, Boye, Houseman y Bernao».

MITO POPOLARE

Il gruppo Attaque 77 gli ha dedicato un verso nella canzone “Fuego”.
Ha avuto un cameo nel film da Oscar “El secreto de sus ojos” di Campanella. Nella scena in cui cerca l'assassino allo stadio dell'Huracán, in un apartita contro il Racing, si sente il giornalista che dice «Elude Houseman perfectamente». 
Ha vinto il campionato in tutte le squadre in cui ha giocato: Defensores, Huracán, Independiente, Colo Colo e River Plate, ha alzato la Coppa del mondo nel suo barrio e ha pure vinto un Oscar. Un predestinato al successo che è riuscito anche a coronare il suo ultimo sogno, ritirarsi giocando negli Excursionistas (i viandanti), la sua prima squadra.

A Germania 2006, ha assistito alla cerimonia d'apertura con tutti i campioni del mondo viventi. 
Ma quel giorno a farlo soffrire non fu l'incontro coi vecchi compagni, ma le scarpe nuove del completo pagato dalla federazione argentina. Per trovare sollievo, se le tolse: nessuno credeva ai propri occhi. Era l'unico in giacca e cravatta e con le scarpe da ginnastica. 
El Loco era sempre el Loco.

Nel 2007, era finito a dormire sotto un ponte. Una piccola società sportiva, mossa a compassione, per toglierlo da quella situazione, gli permise di abitare nella casetta del custode del campo sociale. 

Al Mondiale del 1974 fece impazzire Giacinto Facchetti (anche se nell'azione del gol anticipò Tarcisio Burgnich): 1-0 per l’Argentina, pareggio su autorete di Perfumo, e occasioni argentine per Kempes e Ayala. Poi ci avrebbe buttato fuori la Polonia del mitico portiere Jan Tomaszewski. 

Nel 2008 il suo club storico, l'Huracán, complice il cambio di dirigenza e soprattutto il nuovo presidente Carlos Babington, suo ex compagno di nazionale, lo ha inserito nei quadri tecnici. "Se spreco anche questa chance sono proprio un coglione", il commento del Loco.
La retrocessione in Nacional B del 2011 costò la rielezione a Babington, sostituito da Alejandro Nadur, ancora in carica.

Se non avesse fatto il calciatore?
«Mi sarei messo in proprio. Ma non avevo la stoffa. Se avevo i soldi, li spendevo. Alla fine, se la famiglia e amici stanno bene, coi soldi cosa ci fai?»

Aveva la stoffa dell'idolo, il bel René. Non quella dell'eroe. Come quella volta che negli spogliatoi c'era Videla che guardava i giocatori che cantavano nudi sotto le docce. In quell'occasione del millantato aneddoto di Tarantini (che si insapona le parti intime prima di uscire dalla doccia e dare la mano al dittatore), quando Houseman si rese conto che quello in borghese era Videla (mai il generale mise piede in uno stadio in uniforme militare), el Loco uscì e gli strinse la mano.

Se ne pentirà. Con Luque (un fralettlo desaparecido) e pochi altri, sarà uno dei pochi dei campioni del 78 a farsi vedere nelle manifestazioni con le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo.
Non più Impresentable, El Loco.
CHRISTIAN GIORDANO
Federico Buffa racconta Storie Mondiali


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