La legge del numero 14


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28 gennaio 2017

In tanti hanno lasciato il segno sul gioco del calcio, c’è chi ha inventato giochetti irripetibili per noi umani normodotati, c’è chi ha rivoluzionato il modo di allenare comune e c’è chi ha fatto entrambe le cose. Semplicemente
Il suo nome? Johan Cruyff, o come lo scrivono nel suo luogo d’origine Johan Cruijff.
Si perché gli olandesi sono stati sempre diversi nel modo di pensare o di scrivere, infatti non c’è da meravigliarsi se da quelle parti escono artisti come Vincent Van Gogh, Bas Jan Ader o appunto Johan Cruyff.

Ma come può un calciatore considerarsi un’artista?

Semplicemente ha creato arte con i suoi piedi, portando il gioco del calcio in Olanda a un livello superiore con pennellate degne del miglior Gerard Hoet, diventando l’emblema del suo paese nel mondo.

Partito dal basso, ma già destinato a essere una ajacide, ovvero una persona legata al mondo dell’Ajax, e non solo un giocatore qualunque perché negli anni ’60 l’Ajax era una famiglia, era la famiglia di Johan. Era figlio di un fruttivendolo, sin da piccolo truffava i clienti di suo padre facendosi regalare della frutta, col suo faccino da fanciullo innocente, per poi rivenderla al padre.

Entrò sin da piccolo nelle giovanili del club che gli fu vicino, soprattutto quando morì il padre a 12 anni e l’Ajax fece assumere la madre come addetta delle pulizie. Lui era sempre lì ad allenarsi e fu aiutato anche dal nuovo compagno della madre, giardiniere del club che lo faceva stare a contatto con i giocatori della prima squadra.
A volte questi lo facevano giocare con loro quando ne mancava qualcuno per allenarsi nella classica partitella di rito, oppure era a bordo campo nelle partite dove faceva il raccattapalle. Infatti il suo esordio televisivo non fu da giocatore ma da inserviente per drenare il campo del De Meer durante una partita europea in cui venne giù il diluvio universale.

Quel ragazzino dalle caviglie storte e dai piedi piatti che era stato riformato alla visita militare, aveva talento. Giocava nelle squadre giovanili ma anche nelle strade vicine al De Meer, dove faceva attenzione a non cadere, esperienza che in futuro gli servirà moltissimo soprattutto quando si trattava di dribblare marcatori del calibro di Gabriele Oriali.
Il suo allenatore nelle giovanili era Jany Van der Veen, vero inventore del concetto di calcio totale e con un passato in prima squadra.
Ogni sua squadra giocava così: passaggi corti, accelerate improvvise, pressing a tutto campo e gioco che parte dal portiere.
Idee che ancora oggi ci sembrano innovative, soprattutto da quando Pep Guardiola le ha modificate con delle lunghe serie di passaggi e riunendole sotto il nome di Tiki Taka. In questo gioco offensivo Johan si trova a meraviglia e se la cava in ogni ruolo perché Jany vuole che ogni suo giocatore sia capace di fare tutto, anche il portiere. Infatti Cruyff gioca come attaccante nella primavera, regista con l’Ajax B ed è il portiere di riserva della prima squadra quando si gioca le coppe,
Ma il gioco in Olanda è ancora dilettantistico e nessuno realmente segue queste idee, tranne Rinus Michels, prima punta dei lancieri.
Proprio lui, la punta centrale che non vede di buon occhio il giovane talentino Cruyffne adotta le idee quando nel Gennaio 1965 diventa allenatore dell’Ajax. La prima cosa che fa è mettere titolare Cruyff perché ha capito il suo talento e capisce che lui lo porterà in alto.
Da centravanti Johan è devastante, essendo ambidestro fa quello che vuole: lo porti sul sinistro e segna, lo porti sul destro e segna, lo contrasti e ti salta secco. Nessun difensore sa come fare con lui, che sembra avere 100 polmoni ma che in realtà corre meno di tutti.
Il segreto del calcio totale è che tutti fanno il ruolo di tutti, per esempio Cruyff ha palla sulla sinistra ma si sovrappone il terzino Krol che in quel momento prende il posto di Cruyff e ne continua l’azione. Così quando gli avversari raddoppieranno Cruyff ci sarà Krol che proseguirà l’azione offensiva. E non solo, l’attaccante diventa anche il primo difensore: ogni volta che l‘Ajax perdeva palle era sempre Cruyff a pressare per rallentare e disturbare l’azione avversaria, in modo da dar tempo alla sua difesa di riposizionarsi meglio.

La formazione tipica dei lancieri era un 4-3-1-2 con dei giocatori capaci di interpretare al meglio tutti gli 11 ruoli del campo, compreso un portiere che poteva benissimo fare il regista. Di solito andavano in campo questi: in porta Hein Stuy, in difesa Wim Suurbier a destra con centrali Blakenburg e Holshoff, con Ruud Krol a sinistra(quest’ultimo è dietro solo a Maradona come affetto per i napoletani), a centrocampo Neeskens a destra, Haan in mezzo, Muhren a sinistra e in attacco come falso nueve diremmo oggi Johan Cruyffassistito da Keizer e Swart
Il lato destro composto da da Suurbier, Neeskens e Swart era quello dei seri, ovvero quelli che si cambiavano continuamente ruolo durante la partita e che stavano tutti meravigliosamente alla stessa pagina, a sinistra invece c’erano i “tutti frutti”, quelli che stavano si alla stessa pagina ma non ne han mai scritta mai una uguale all’altra, ed erano Krol, Muhren e Keizer, a cui amava addizionarsi la stella Cruyff quando ne aveva voglia, in quella meravigliosa orchestra che era l’Ajax.
Quell’Ajax non solo giocava un gioco mai giocato prima, ma giocava un gioco mai pensato prima e a parte la grande Honved, nessuno ha mai rivoluzionato il calcio così nel dopoguerra.
Con questo gioco l’Ajax e Cruyff salgono sul tetto del mondo, anzi se lo prendono proprio, soprattutto quando il suocero di Johan fa diventare Cruyff il primo giocatore marketing del mondo. Dal 1970 l’olandese inizia a utilizzare il 14, numero che porterà sempre con se.Tra il 1965 e il 1973,l’Ajax e Cruyff vincono insieme qualcosa come: 6 Campionati Olandesi, 4 Coppe d’Olanda, 3 Coppe dei Campioni, 1 Supercoppa UEFA e 1 Coppa Intercontinentale. Inoltre Cruyff è 3 volte Pallone D’Oro. E i premi potevano essere di più se nel pieno della preparazione estiva Piet Keizer non avesse voluto spodestare Cruyff dal trono di capitano dei lancieri, provocando la furia del pelide Johan che chiamò suo suocero Cot Coster e firmò per il Barcellona che da tre anni faceva la corte al miglior giocatore al mondo. Come disse Jan Mulder, uno dei fuoriclasse di quell’Ajax “se fossimo restati mai assieme, avremmo vinto 8 Coppe dei Campioni consecutive”

Si lasciò male con il club del suo cuore, ma non era un addio bensì un arrivederci.

Da un popolo libero a un popolo liberale, quello catalano in cerca di un’indipendenza che non sembra mai arrivare. Eppure a Barcellona si parla e si scrive in catalano, uno spagnolo lì è straniero in pratica.
Cruyff non viene scelto solo come giocatore per rendere grande Barcellona ma anche come emblema contro il franchismo della Castiglia e di Madrid. Cruyff, da giocatore marketing qual’è, diventa anche fondamentale nella battaglia per l’indipendenza catalana senza esserne realmente consapevole di esserlo. Il suo trasferimento è innanzitutto uno smacco al Real che aveva già raggiunto l’accordo con l’Ajax per cifre maggiori, poi è anche la riunione del duo Michels-Cruyff. Infatti Rinus Michels aveva abbandonato i lancieri olandesi nel 1970 ed era diventato allenatore dei blaugrana. In realtà lui neanche lo voleva il numero 14, lui voleva Gerd Mueller ma il Bayern non era disposto a cederlo neanche per cifre folli. Johan non poté giocare fino al 28 Ottobre 1973 a causa di un ritardo burocratico provocato dalla caotica decisione dell’olandese e quando esordì il Barcellona era penultimo. Inutile dire che da quando si aggregò alla squadra il Barcellona non perse più e vinse il campionato dopo quattordici anni.

Alla fine della stagione 1973-1974, ci fu il mondiale tedesco: la band reunion dell’Ajax, ma più che una semplice reunion di 7 concerti, furono 7 sinfonie, di cui l’ultima è la più bella soltanto che dura un minuto e mezzo.
L’Arancia Meccanica degli olandesi era pronta anche se Cruyff dovette fronteggiare diversi problemi: il primo era relativo allo sponsor del genio olandese Puma che ostacolò la nazionale cercando di non far indossare le divise Adidas a Cruyff e il secondo con uno spogliatoio a maggioranza ajacide che non aveva dimenticato la sua uscita di scena polemica. Per fortuna nella prima diatriba si trovò un compromesso facendo giocare Johan con due strisce nere invece di tre, mentre nella seconda diatriba Johan semplicemente evitò di far polemica con i suoi compagni di nazionale. Quel mondiale verrà ricordato per la qualità di gioco espressa in modo notevole dai tulipani orange che dominano ogni partita e arrivano in finale contro i padroni di casa della Germania Ovest. I tabloid tedeschi provano a destabilizzare l’ambiente orange pubblicando uno scoop dove dicevano che avevano festeggiato il post semifinale tra alcool ed escort. Pronta la smentita della federazione, ma le mogli dei calciatori(soprattutto Danny moglie di Johan) tengono un terzo grado ai loro mariti. Con uno spirito rivoluzionario, di pensiero e di onnipotenza calcistica si presentano alla finale Olanda-Germania, aka blocco Ajax vs blocco Bayern. Ed ecco perché quei maledetti olandesi giocano così bene a calcio!
I primi 90 secondi della finale sono i più belli della storia del calcio: una lunga serie di passaggi dopo il calcio d’inizio porta l’Olanda nell’area di rigore avversaria con Cruyffche conquista il rigore, il primo della storia dei mondiali. Un moto perpetuo e continuo come un’onda del mare che fa impazzire i giocatori di casa. Una volta segnato il rigore, gli olandesi si rendono conto di essere in paradiso, ovvero che sono al massimo della loro espressione calcistica e che nessuno può batterli, tranne loro stessi. Infatti nel secondo tempo sono troppo leziosi e vengono rimontati dalla Germania che ottiene una clamorosa vittoria. Cruyff non è sconvolto dalla sconfitta, per lui una partita è intensa per 90 minuti che si vinca o si perda non c’è tempo di guardare al passato. Si concentra sul suo Barça dove rimarrà fino al 1978, anno del suo primo ritiro e dove vincerà.
Nel 1978 ci sarebbe il Mondiale in Argentina, ma a sorpresa Cruyff non partecipa per motivi politici e per le scarse motivazioni. In tanti provano a convincerlo ma nessuno ci riesce, in realtà è stato minacciato a casa sua in un tentativo di rapimento di non partecipare al mondiale argentino e lui non se la sente di lasciare la sua famiglia sotto scorta. Qui inizia un periodo buio per Cruyff che si è ritirato a soli 31 anni, ma che sa di poter dare ancora tanto e nel frattempo si lancia in un disastroso investimento finanziario su un allevamento di maiali che lo farà finire in bancarotta.

DEVE TORNARE A GIOCARE A CALCIO

Ancora una volta sulla sua strada ritrova Rinus Michels ai Los Angeles Aztecs, dove monetizzerà il possibile per ritornare in attivo e imparerà una nuova concezione di sport basata sullo spettacolo dove lo spettatore è al centro e i giocatori sono al suo servizio.
Terrà molto in considerazione questa esperienza non solo per le sue idee calcistiche ma anche per uno stile di vita extracalcistico che lo migliorerà come persona facendogli creare la Cruyff Foundation. Ma Johan voleva dimostrare di saperci ancora fare con la palla e la NASL non era di certo competitiva. Dopo una fugace apparizione col Milan dove giocò un tempo in un’amichevole e una decina di partite al Levante, tornò all’Ajax. Qui completò ciò che aveva lasciato in sospesa 9 anni prima vincendo altre due Eredivise e un’altra Coppa d’Olanda, ma anche stavolta entrò in rotta col suo club e in particolare con la dirigenza ajacide: infatti i dirigenti dell‘Ajaxpensavano che Cruyff fosse finito visto che per essere incisivo si era ridotto a giocare praticamente da regista, ruolo che calzava a pennello per la sua visione di gioco e per un fisico che stava iniziando a decadere. Inoltre quando firmò il contratto mise una clausola nel contratto che prevedeva che i soldi degli spettatori paganti dal numero 15.001 sarebbero andati a lui. Questo perché era convinto di essere lui la vera attrazione dell’Ajax e che la gente riempiva lo stadio per ammirare le sue giocate, verità scomoda per i dirigenti che non rinnovarono il contratto al numero 14.
Ma come ogni amante che è stato appena lasciato, vendicarsi è l’unico obiettivo: quindi firma per gli acerrimi rivali del Feyenoord e non solo siglò una doppietta nel primo scontro diretto ma fece di nuovo il double. In quella squadra fu messo al centro del progetto accompagnato da un giovane talento olandese di nome Ruud Gullit. Dopo aver vinto l’ennesimo titolo, aver dimostrato di non essere finito e di poter essere ancora il migliore, decide di ritirasi definitivamente e di seguire il maestro Michels per diventare allenatore.

Mister, due palleggi con noi?

Se da giocatore era stato rivoluzionario, indipendente e creativo allo stesso tempo, da allenatore era più difficile replicare queste capacità.
Innanzitutto un giocatore del suo calibro vede cose che un altro non vede, sia in campo che fuori, difficile trasmettere le proprie idee a giocatori che non hanno le basi. Ma sin da subito si dimostra determinato, infatti fa di tutto per farsi assumere dall’Ajaxche per superare i cavilli burocratici inventa il ruolo di Direttore Tecnico e lo affianca all’allenatore di allora Aad De Mos. Johan si dimostra superiore a lui, ma soprattutto fa capire a tutti che lui ne sa più di ogni allenatore laureato che siede in panchina in Eredivise. In quel tempo, gli allenatori non erano ex giocatori come Cruyff ma delle persone laureate con il patentino da allenatore. Per un ex giocatore era quasi impossibile allenare, ma dopo la mossa geniale di Johan e dell’Ajax, aprirono la strada a tutti gli ex giocatori che volevano allenare, molto meglio direi.

Dopo aver salvato la panchina di De Moos, fu eletto allenatore dell’Ajax dove decise di ridare un nuovo corso vincente a questa società che tanto gli aveva dato. A differenza delle sue abitudini da giocatore, incentrò gran parte del suo metodo sulla preparazione atletica, avvalendosi dei migliori preparatori atletici, perché aveva conosciuto l’importanza dell’atletismo in America e voleva portare questa novità in Europa.
Divise gli allenamenti affidandoli a ogni suo collaboratore e dopo gli allenamenti individuali, c’era da allenare la squadra e non poteva che attingere agli insegnamenti di Rinus Michels. Ma non copiò il modo di giocare del suo maestro, lo migliorò: L’Ajax di Michels amava il gioco aereo, mentre Cruyff si mise a capo di una squadra di piccoletti scarsi nel gioco aereo ma che palla a terra erano imprendibili. Aveva capito che le persone più basse erano quelle con più visione di gioco e non importa se prendevano gol su calcio d’angolo, loro ne facevano altri due.
Poi diede più libertà di svariare ai suoi giocatori, che nel sistema di Michels erano quasi costretti a sovrapporsi sulla fascia, ma che con Cruyff potevano accentrarsi o giocare per vie centrali dopo una lunga serie di passaggi. Infine il gioco doveva partire sempre dal portiere, che magari non era sempre il più bravo ma che poteva benissimo impostare il gioco a centrocampo. Inutile dire che in Olanda creò una generazione di successo con elementi come Rijkaard, col quale litigò nella speranza di renderlo più leader nello spogliatoio, Marco Van Basten, e qui non ci sono bisogno di presentazioni per il cigno di Utrecht. Non vinse mai il campionato ma soltanto due coppe d’Olanda e una Coppa delle Coppe.
Ma proprio quando voleva puntare a vincere la Coppa Campioni, un taglio nel budget lo costrinse alle dimissioni, come al solito non accettava che qualcuno gli ponesse dei limiti. Voleva allenare la nazionale olandese, ma il presidente della federazione era Michels nonché CT uscente: non sarebbe stato un problema visto che i due erano amici, ben detto erano, Michels diede la panchina a Leo Benhakker che uscì agli ottavi di finale pur avendo una rosa composta da giocatori di immensa qualità e alcuni erano Campioni d’Europa sia col Milan sia con l’Olanda. Johan andò al Barcellona dove costruì una squadra bassa e capace di giocare 90 minuti di calcio senza chiudersi o lanciare la palla avanti.
La sua squadra era composta da una maggioranza di giocatori baschi, che in Catalogna non è molto comune, ma i giocatori baschi lottano come pochi altri: ne sono esempio Txiki Begiristan(colui che insieme a Guardiola ha riportato il calcio totale 20 anni dopo Cruyff), Andoni Zubizarreta (in seguito anche lui nel Barcellona di Guardiola come Direttore Sportivo) e Luis Maria Lopez Rekarte. Naturalmente non possono mancare i giocatori della cantera blaugrana, come Pep Guardiola che seguirà le orme di Cruyff: inizialmente Guardiola doveva essere tagliato dal Barçaperché troppo lento e macchinoso, ma l’allenatore olandese vide in lui dei fondamentali che non aveva visto in nessuno.Fu colpito dalla sua umiltà: quando Pepiniziò ad allenarsi con la prima squadra, si presentava agli allenamenti con una Golf usata e scassata, bene, quella golf la continuò a usare anche dopo aver vinto la Champions nel 1992 e la usò fino al 1996 quando si ruppe definitivamente. Lo trasferì dalla difesa al centrocampo dove ebbe la brillante idea di farlo giocare regista, dando a lui le chiave del calcio totale.
Queste chiavi Pep non le ha mai più perse e ancora oggi continua ad averle in panchina, dove ha riportato il calcio totale in chiave moderna nelle sue avventure al Barcellona, al Bayern Monaco e ora al Manchester City, per ora i risultati sono tutti a suo favore.
Johan aggiunse anche un danese alla squadra, tale Michael Laudrup perché ha imparato che i danesi sono i più veloci a imparare le lingue e soprattutto hanno una capacità di pensiero fuori dal comune, aveva ancora una volta ragione.
Piazzò in difesa un difensore centrale roccioso che non condivideva le idee offensive di Cruyff, visto che lo obbligava a salire sempre in attacco a ogni calcio d’angolo. Questo difensore era ed è Ronald Koeman che tirava delle sassate a ogni punizione e che anche lui ha intrapreso la carriera da allenatore, con idee molto diverse da Cruyff ma con risultati sorprendenti per il valore delle squadre allenate(ultimamente ha battuto 4-0 il ben più quotato collega ed ex compagno di squadra Pep Guardiola).
Infine serviva quel tocco di genio e sregolatezza che aveva il suo Ajax negli anni 70: ed ecco che arriva un bulgaro che ha ricevuto un’educazione militare perché troppo indisciplinato ma ciò non è servito a niente, stava per lasciare la Bulgaria perché troppo magro per le squadre locali fino a quando il CSKA Sofia non gli ha fatto fare un provino e lì si sono accorti che uno così da quelle parti non era mai nato.
Nello spogliatoio della Bulgaria, quando ci giocava, si alzava a fine partita un coro che narrava “Dio è Bulgaro” in suo onore, ma per fortuna noi lo abbiamo conosciuto col nome di Hristo Stoickov, anche lui diventato allenatore dopo il suo addio al calcio giocato ma con controversi risultati. E d’altronde era controverso anche da giocatore, si presentò a Barcellona e iniziò a rubare gli oggetti di valore nello spogliatoio ai suoi compagni di squadra, in campo sembra svogliato e senza meta, ma Cruyff se n’è innamorato nella semifinale della Coppa delle Coppe del 1989 dove il suo Barcellona ha vinto ma Hristo gli ha fatto veramente paura. Lo aspetta nonostante tutti lo prendano di mira e ha ragione ancora una volta, perché diventerà il suo fantasista ricoprendo il ruolo che amava fare nell’Ajax da giovane. Manca solo il riconoscimento a questa squadra, manca la coppa dalle grandi orecchie, manca la Coppa dei Campioni. In finale c’è una squadra che Johan teme molto perché l’ha già affrontata nella finale della Coppa delle Coppe quando allenava l’Ajax. Questa squadra è la Sampdoria di Vujadin Boskov, uno che parlava poco ma quando parlava lasciava il segno, e anche le squadre sono diverse: la Samp predilige un gioco all’italiana e lanci lunghi verso i gemelli del gol Vialli-Mancini, mentre il Barcellona può fare 200 passaggi consecutivi ed entrare col pallone in porta.
Le due squadre rappresentano due movimenti calcistici che stanno cambiando il gioco: da una parte il dominio italiano col Milan di Sacchi, con la Samp di Boskov, con la finale di Coppa Uefa tutta italiana e con l’Italia del 1990 che non ha vinto ma ha insegnato calcio. Dall’altra parte c’è il calcio spagnolo che ha sempre avutoBarcellona e Real Madrid, ma mai come in questi anni fanno paura: a Madrid hanno la quinta del Butre e tutti seguono Emilio Butragueno che era socio del Real tre ore dopo essere nato, mentre al Barcellona c’è un genio in panchina che ha cambiato metodo di lavoro a tutto l’ambiente e che ha portato una nuova mentalità, che non è più un fatto di combattere i poteri forti o andare contro lo stato ma di essere superiori anche ai più forti e ciò è stato colto al volo dai catalani, non solo nel calcio ma anche nelle loro battaglie per l’indipendenza. Ma tornando alla finale di Wembley del 1992, le due squadre hanno giocatori notevoli, soprattutto la Sampdoria che ha un decimo del budget dei blaugrana eppure se la gioca per più di 100 minuti.
Poi arriva una punizione dal limite per il Barça e Koeman tira uno dei suoi missili terra aria che per poco non buca la porta di Pagliuca.

Riesce dove da giocatore aveva fallito, ovvero portare la Coppa dei Campioni a Barcellona che naturalmente esplode di gioia per il suo Dream Team. Eppure per Johan non era stato un periodo facile visto che aveva avuto un malore in panchina l’anno prima e si era dovuto operare al cuore, anche in sala operatoria era stato capace di dare ordini al chirurgo che lo doveva operare consigliandoli come operarlo. Smise di fumare e divenne un testimonial della campagna contro il fumo. Quella vittoria fu la chiusura di un cerchio che aveva aperto nel 1973 quando lasciò per la prima volta l’Ajax. Riandò in finale nel 1994 il suo Barça, ma stavolta gli italiani gli rifilarono una batosta pur giocando senza molti giocatori titolari: infatti il Milan di Arrigo Sacchi, che giocava a zona,che aveva imparato tutti vedendo l’Ajax di Michels e con Cruyff giocatore, vinse clamorosamente 4-0 andando contro i favori del pronostico e contro le previsioni di un Cruyff sicuro di aver già vinto contro un Milan rimaneggiato, ma non aveva fatto i conti con i festeggiamenti per la vittoria contro il Real in Copa Del Rey, dove nel post partita i tifosi adottarono per una serata tutti i giocatori e lo staff facendoli ubriacare. Con i postumi di una sbornia e parecchi allenamenti saltati in quella settimana, dettati da una consapevolezza di vincere facilmente, decretarono la fine del calcio totale.
Perché da lì in poi il giocattolo si sgretolò, i dirigenti venderono tutti i giocatori migliori per sanare i debiti del club e proprio quando Cruyff aveva avviato un nuovo corso mettendo le mani su Ronaldo e Zidane, che poi non arrivò, fu esonerato e fu fatto fuori anche suoi figlio Jordi che prometteva bene tanto quanto il padre ma che fu operato male dal medico del club e la sua carriera fu compromessa,nonostante dopo sia passato dalla corte di Sir Alex Ferguson a Manchester.

Dopo il ritiro

Da dirigente provò a scalare le gerarchie dell’Ajax nei primi anni 2010, ma in quella babilonia chiamata Ajax le cose non erano facili e addirittura fu accusato di razzismo nei confronti di Edgar Davids. Provò a rendere una squadra decente il Chivas ma non ci riuscì, ma riuscì in una cosa che ultimamente è stata riportata da Marco Van Basten: il 6vs6 che Cruyffrese famoso a fine anni 90 con una serie di match tra leggende del calcio è tutt’ora utilizzato in Olanda per allenarsi perché allena i giocatori sia atleticamente e sia tecnicamente.
Alla fine, preso da un cancro ci ha lasciato, ma prima ha avuto tempo di lasciarci un erede spirituale e 14 regole che ogni giocatore dovrebbe seguire per sfondare nel mondo del calcio. Il suo erede è Max Verstappen e corre in Formula 1, ma come fece Cruyff col calcio, sta rivoluzionando questo sport anche con qualche polemica e sicuramente Johan gli avrà detto di fare sempre di testa sua senza pensare agli altri. Il loro incontro è avvenuto 10 giorni prima della morte di Johan e proprio lui ci teneva a incoronarlo, perché dopo anni si è rivisto un olandese con la sua stessa convinzione. E infine abbiamo i 14 comandamenti di Cruyff, la legge del numero 14, perché intorno al 14 Johan ha legato tutta la sua vita.

1: Gioco di squadra
Perché le cose vanno fatte insieme

2: Responsabilità
Prendetevi cura delle cose come se fossero le vostre

3: Rispetto
Rispettatevi gli uni con gli altri

4: Integrazione
Coinvolgete gli altri nelle vostre attività

5: Iniziativa
Abbiate il coraggio di provare qualcosa di nuovo

6: Allenamento
Aiutatevi sempre tra di voi all’interno di una squadra

7: Personalità
Siate voi stessi

8: Impegno Sociale
Cruciale nello sport e ancor di più nella vita

9: Tecnica
La base

10: Tattiche
Sappiate cosa fate

11: Sviluppo
Lo sport sviluppa corpo e anima

12: Imparare
Cercate di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno

13: Giocare Insieme
Una parte essenziale del gioco

14: Creatività
La creatività è la bellezza dello sport

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