I Brown, da Ellis Island al titolo NBA - parte 1/4


"L'amore è dolce, ma è meglio avere il pane ad accompagnarlo"
(detto yiddish)

di FEDERICO BUFFA
Black Jesus - The Anthology

- Voi, voi che venite dalla Polonia, come vi chiamate?
La consueta domanda del doganiere anglofono e senza voglia d'esperanto, o alternativa a Ellis Island - dei sassi con ambizione da isola davanti a New York -, passaggio obbligato per chi arrivava dalla vecchia Europa e aveva dato sfogo alla voglia d'America.
"Braun".
- Benvenuti in America, signori Brown.
"Si scrive con la 'a' e con la 'u'".
- Benvenuti in America, signori Brown.
Come dimostra Mike Krzyzewski, ai polacchi di solito andava male, con un drammatico rapporto vocali consonanti.
Con i Braun ci si poteva magari sforzare un po' di più, anche se a ripensarci, già presentarsi al primo colloquio di lavoro col cognome anglosassone non era del tutto da buttare, come idea.

Da qualche parte stavano dichiarando le loro generalità anche Pop Hittleman e famiglia. Questi erravano come molti ebrei dall'inizio del secolo, ma avevano conosciuto la lussureggiante Follia dei Romanov, gli ultimi Zar, di cui erano stati i panettieri fino al 1910.

Gli Hittleman avrebbero aperto subito un forno a Long Island, i Braun (Brown) avrebbero preso a commerciare poco lontano. Anche i bambini andavano americanizzati. Hanat divenne Ann degli Hittleman e i Brown all'anagrafe annunciarono tra i loro figli Milton. Milton e Ann si sarebbero conosciuti, e poi sposati, una decina d'anni dopo. E avrebbero avuto due maschi. Herb e, cinque anni dopo, Larry. Herb e Larry Brown.

All'epoca New York cominciava ad essere una delle grandi città ebraiche del mondo. I Katz, gli Stern aprivano le loro delikatessen, delle favolose rosticcerie che svelavano agli americani alcuni dei segreti culinari noti a Praga o a Vilnius. 

Dai Katz, settant'anni più tardi, una certa Meg Ryan (Margaret Mary Emily Anne Hyra) avrebbe finto clamorosamente un orgasmo, finto per esigenze cinematografiche, in Harry ti presento Sally

Dagli Stern cresceva bene a bottega David, che però avrebbe preso un'altra strada, perché comunque in famiglia un avvocato fa sempre comodo. 

Stufo di vedere Ann alzarsi alle quattro tutte le mattine, Milton portò la famiglia a Pittsburgh. Oddio, Pittsburgh! Milton non c'era mai, faceva il commesso viaggiatore e, come quello di Arthur Miller, morì. Presto, troppo presto. 

A Herb la notizia la diede lo zio, dopo che il ragazzino si stava domandando come mai, in piena tradizione ebraica, per onorare lo Shiva (il lutto) si coprivano con delle tende gli specchi
A Larry, troppo sensibile e tenero come il pane azzimo, non glielo dissero proprio.
Ann tornò a Brooklyn e si rimise a infornare pizza il venerdì, nell'infanzia di Herb e Larry il giorno più bello. 
La mamma dava a Herb i soldi per la metropolitana per portare Larry a giocare a baseball, perché Larry aveva un dono del Signore con qualsiasi sfera, tanto che alla Long Beach High era il play titolare.

Un pomeriggio, nel '57, contro la Oceanside, ne scrisse 45 e qualcuno chiamò al forno per dirlo ad Ann. Le compagne di scuola votarono Larry il più carino dell'istituto - vedi cosa possono fare 45 contro l'Oceanside?!

Herb invece era tondetto, non proprio Gregory Peck, ma difendeva e in attacco non faceva danni. In compenso i compiti di quello carino li faceva lui e, per non saper leggere né scrivere, andò alla Vermont University e convinse il coach a farlo pure giocare. Niente borse di studio, per carità. Ma almeno di quanto fosse bello e bravo Larry, alla Vermont interessava nessuno. 

Larry giocava ancora al liceo per coach Gersten, che era stato una star alla North Carolina ai tempi di "the Blind Bomber" (George Glamack), fuoriclasse semicieco da 20 a sera di cui vi parleremo magari un'altra volta. 

Gersten diede una borsa di studio a Larry per giocare per Frank McGuire, un irlandese di New York che, esattamente cent'anni dopo la Guerra Civile, stava finalmente facendo da yankee una cosa che a quelli del Sud non dispiaceva: insegnava basket.

Nel '61 il "Mac" disse al suo primo assistente, uno del Kansas, che era giunto il suo momento. Quello del Kansas sarebbe diventato il numero uno d'ogni epoca per partite vinte assiso su un pino collegiale. E alcuni suoi princìpi tecnici avrebbero aiutato quel ragazzino carino, 43 anni più tardi, a vincere da allenatore un titolo NBA. 

Il problema di questa storia è che già sapete come va a finire. E che quello del Kansas è Dean Smith.

Il primo sogno in agenda per Larry era andare alle olimpiadi. ma per soddisfare le esigenze olimpiche bisognava mantenere, anche dopo il college, lo status dilettantistico. Quest spiega perché nello yearbook della Goodyear 1963-64, con una clamorosa riga alla Gary Cooper come s'andava pettinati allora, il magico Larry apparve.

La Goodyear, grande avversaria della Ignis Varese di Borghi, era una di quelle strane squadre d'allora, sponsorizzate. Formalmente dilettantistiche, nemmeno male tecnicamente, sostanzialmente quello che gli americani, gelosi del loro gioco d'esportazione - come gli inglesi nel calcio ma meno altezzosi -, ci lasciavano conoscere del basketball, che da noi si chiamava pallacanestro.

Già, ma come giocava 'sto benedetto figliolo?
"Fai conto John Stockton - ci racconta Herb - Gran trattatore della palla, un computer portatile in testa btotalmente devoto alle esigenze ddella squadra, un allenatore in campo. Carino".

L'oro di Tokyo '64 è una passeggiata di salute. Mai sofferto. Le emozioni vengono semmai da altri settori. Franco Menichelli vince uno splendido oro nella ginnastica, i giapponesi perdono a casa loro nella categoria "open" del judo da un olandese (Anton Geesink)... Vedi a lasciare che solo i loro insidiosi mercanti (l'agente di Edgar Davids dev'esserne un discendente) e qualche gesuita avessero accesso alle isole del Sol Levante per anni?

E Herb? Allena cominciando dal C.W. Post, ateneo di Brookville, a Long Island, dove avrebbe giocato, negli anni '80, Henderson, che ha bevuto un grappino a Verona anni fa e poi arbitrato nella NBA. Ai tempi di coach Brown I, la stella era Frank Miller. Un fenomeno, fidatevi, oltre che il gemello separato alla nascita dell?Adrian Brody che ha interpretato il pianista nel film di Roman Polanski. "Frankie tirava come si tirava solo allora. I Knicks lo avevano come tredicesimo e dovettero tagliarlo. Gli arrivò un'offerta dalla Svizzera e amava talmente il gioco da dire persino di sì", continua Herb. 

E chi se lo dimentica?! Frankie a Lugano, divenuto allenatore, era un'icona. raramente ho avuto il privilegio di conoscere un uomo di quella intelligenza, una facoltà con cui impacchettava gli eventi e te li rimetteva sullo scaffale assolutamente unica. 

Commisi l'errore di suggerirgli un americano per la sua squadra, tale Melvin Johnson, un 2,04 da UNC di Charlotte, mano fatata, ma una volta intuito che Lugano è meno sonnolenta di quel che possa sembrare, si mostrò molto attento alle fate locali, specie quelle bianche.

Un sabato di fine febbraio manca un quarto d'ora alla palla a due e il moro ancora non è apparso alla mitica "Gerra", il palazzetto il cui campo non aveva conosciuto l'onore dei tabelloni di cristallo. "Mancano quindici minuti e il tuo nero non è ancora arrivato". Arriverà, ma starà seduto sino a cinque minu5ti dall'intervallo. Nel frattempo, però è già difficile di suo restare seri. Il dj locale, sprovvisto evidentemente di basi musicali con cui lavorare, cerca alla radio un po' di ritmo per allietare il riscaldamento. macché, solo roba tipo jodel. Poi scatta il notiziario regionale... Sul "...nati due coccodrilli allo zoo...", appare Melvin nostro. Ne metterà una trentina nella ripresa. Doppia v per coach Miller. 

Mel, talento da regalare, pacifista convinto in difesa, a ugualmente perdere lka pazienza al coach. Vista oggi, è probabile non giocasse "... in the right way".
Anzi, è certo.

FEDERICO BUFFA
(1 - continua...)


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