VISENTINI E ROCHE SONO TROPPO DIVERSI PER POTER ESSERE AMICI
dal nostro inviato Gian Paolo Ormezzano
Stampa Sera, venerdì 22 maggio 1987
SANREMO — La storia di Roberto Visentini e di Stephen Roche, le storie fra Visentini e Roche, possono diventare il sale di un Giro che qualcuno vuole nato azzimo per l'assenza di grossi nomi, su tutti quello di Moser. I due. Visentini e Roche, stanno nella stessa squadra, la Carrera, da cui Roche ha preso l'anno scorso lo stipendio, lo stipendione (è costato circa mezzo miliardo) senza praticamente correre mai, visto che ha subìto due interventi chirurgici al ginocchio per una caduta al Palasport di Parigi, durante una Sei Giorni. Visentini ha provveduto a vincere il Giro d'Italia e a fare scordare il nulla offerto da Roche.
Adesso Visentini ha Roche — che ha appena finito di vincere il Giro di Romandia — autenticamente sulla sua strada.
I due non sono amici, sono compagni di squadra e basta, ma sono pure due professionisti seri. E li guida Davide Boifava che è il migliore direttore sportivo su piazza.
A cercarli pazientemente, non si trovano forse due altri tipi più diversi. Visentini nasce ricco, Roche nasce povero. Visentini arriva nel ciclismo, arriva autenticamente alle punzonature su una Ferrari di sua proprietà, Roche ha un secondo lavoro che consiste nel rimettere a punto vecchie vetture dai nomi prestigiosi, comprate presso gli sfasciacarrozze, e nel rimetterle sul mercato, guadagnicchiando.
Visentini è scapolo doratissimo. Roche è sposatissimo con Lidia, francese di origine bergamasca, ed ha due figli. Visentini vive in una villa a Gardone, Roche in un alloggetto nella lontana periferia parigina.
Roche è irlandese, dice che si sente straniero dovunque fuorché nella sua Dublino. Visentini è italiano internazionalizzato, oltre che dal ciclismo, dalla sua seconda vita sportiva: scia benissimo sulla neve e sull'acqua, frequenta ambienti sofisticati. Roche parla l'inglese ma si considera un campagnolo, o anche un operaio, visto che da ragazzino stava già in fabbrica, ed approfittava della pausa-mensa per allenarsi al ciclismo.
Visentini parla sovente il dialetto bresciano ma è un bel ragazzo dalle stimmate cittadine: e se proprio c'è chi lo vuole proclamare campagnolo, lo chiama, in inglese, gentleman farmer. Il papà di Roche è sorvegliante in fabbrica, il papà di Visentini è grosso impresario di pompe funebri. Roche è un faticatore naturale, Visentini è un faticatore artificiale, visto che si è lodevolissimamente imposto il ciclismo, i suoi fachirismi, per libera scelta, più che per necessità di vita: a suo modo, lui è più ciclista di chi lo è perché proprio non poteva fare a meno, fisiologicamente, di esserlo.
I due sono strafavoriti del Giro, specie se le montagne saranno simili a quella annunciate, minacciate da altimetrie ufficiali disegnate a denti di strega. Il problema è che sono favoriti l'uno contro l'altro. Visentini parla poco, ma ieri a Sanremo dopo l'arrivo vittorioso nel cronoprologo ha chiesto quale era il distacco di Roche nei suoi confronti. La coabitazione, per ora, e l'eventuale dissidio fra i due è un tema cattivante, addirittura seducente. Ma è anche un tema sottile, mentre pare che il ciclismo abbia bisogno di temi crassi, spessi. E poi, se alla fine vince Roche, come la mettiamo? E' vero che per lui è "previsto" il Tour de France, ma se si può programmare una certa tattica nei riguardi del Giro d'Italia, e quindi anche accettare un pronostico, una programmazione, al Tour si deve andare senza sogni. E il pratico irlandese mai rinuncerebbe a un Giro sicuro per un Tour ipotetico.
Bene, ora non c'è che guardare, spiare, indovinare: Visentini o Roche? Il tema fra l'altro piace a tutti, nel senso che sta bene anche a Saronni, ad Argentin, a Anderson, a Millar, a Corti... E' il sale del Giro, lo abbiamo già scritto. Intanto c'è già chi si sposta con il pensiero sul Tour, proponendolo a Moser, visto che non ha fatto il Giro. E i corridori del Giro, irrispettosi verso il vecchio leone acciaccato, si interrogano su come potrà Francesco sfuggire a questo appuntamento, che pure in febbraio aveva detto di voler preferire a quello del Giro.
Gian Paolo Ormezzano
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