Champions 1957: la prima della viola, triste solitaria e finale
di CHRISTIAN GIORDANO, Guerin Sportivo
Andando indietro con gli anni, dal 1956 al 1960 compare un solo nome nell’albo d’oro della – così si chiamava allora – Coppa dei Campioni, quello del grande Real Madrid. Una squadra-monstre, capace di rispedire a casa, dopo pochi mesi, un asso (lento) come il brasiliano Didí perché «non all’altezza». La Coppa sembra un fatto privato delle «merengues» e per le italiane è dura.
Nel 1956 un Milan un po’ anzianotto (che al centro dell’attacco schierava ancora il "bisonte" Nordhal) era stato battuto in semifinale da Di Stéfano & C. (2-4 a Madrid e solo 2-1 a Milano), poi vittoriosi sui francesi dello Stade Reims per 4-3 (dopo esser stati sotto di due reti).
Va meglio alla matricola Fiorentina, che l’anno dopo arriva in finale (questo il cammino dei ragazzi di Bernardini: 1-1/1-0 con gli svedesi del Norkoepping, 3-1/2-2 con il Grasshoppers di Zurigo, 1-0/0-0 con la Stella Rossa Belgrado). Il 30 maggio 1957 si gioca però al Chamartín, l’inespugnabile «tana» del Real, fortissimo sul campo e nelle segrete stanze dei bottoni. Dopo una lunghissima fase di stallo e complice un arbitraggio favorevole, i madrileni si impongono con un secco 2-0. Segnano Di Stéfano al 69’ su rigore e Gento al 75’.
Questi i gol. Il mediano destro Enrique Mateos sprinta deciso verso la porta e, nonostante l’evidente segnalazione di offside di un guardalinee che alza prontamente la bandierina, appena Mateos va giù nell’area viola, l’arbitro olandese Leo Horn (in inglese «corno», ndr) concede il penalty. Per il grande Alfredo trasformarlo è un gioco da ragazzi. Sei minuti dopo, Raymond Kopa confeziona un traversone per Gento che, freddissimo, infilza Sarti. Buonanotte.
Il Real si conferma campione e Miguel Muñoz riceve per la seconda volta la coppa dalle «grandi orecchie». Stavolta direttamente dalle mani del «Generalíssimo» Francisco Franco, primo tifoso del club padrone d’Europa: tra dittatori ci si intende.
La tattica/Alfredo Alfredo
Il Real che vince il suo secondo titolo europeo consecutivo è una squadra spiccatamente offensiva, con qualche limite in copertura come dimostrano i tanti gol subiti (10 in 7 partite). Marquitos è il perno centrale di una retroguardia che davanti al portiere Alfonso schiera i terzini Torres (al posto di Atienza, titolare nel ’56) e Lesmes. Muñoz, Mateos e Zarraga fanno da filtro, dietro una prima linea semplicemente irresistibile formata da quattro attaccanti autentici, Kopa, Di Stéfano, Rial e Gento. Il tecnico di quella leggendaria formazione è il glaciale e pragmatico José Villalonga. Con campioni di quel calibro, un dettaglio.
La Fiorentina assemblata dal genio tattico di “Fuffo” Bernardini è invece squadra tosta in difesa e brillante in avanti, dove il tecnico romano lascia libero sfogo alla velocità e all’estro creativo degli stranieri, l’ala destra brasiliana Julinho (incontenibile) e la mezzala sinistra argentina Montuori, due grandi talenti che a gioco lungo devono cedere ai troppi fuoriclasse in «camiseta blanca».
Il tabellino della finale
Madrid, stadio «Chamartín», 30 maggio 1957
Real Madrid-FIORENTINA 2-0 (0-0)
Real Madrid: Alonso; Torres, Lesmes; Muñoz, Marquitos, Zarraga; Kopa, Mateos, Di Stéfano, Rial, Gento. Allenatore: José Villalonga.
Fiorentina: Sarti; Magnini, Cervato; Scaramucci, Orzan, Segato; Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Bizzarri. Allenatore: Fulvio Bernardini.
Arbitro: Leo Horn (Olanda).
Marcatori: Di Stéfano su rigore al 69’, Gento al 75’.
Spettatori: 124.000 circa.
Note: Si gioca alle 16,30, sotto un sole cocente, per il mancato accordo fra le società per giocare in notturna inaugurando così il nuovo, modernissimo impianto di illuminazione del futuro «Santiago Bernabéu».
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