FOOTBALL PORTRAITS - Deco, il passator cortese (2003)


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Per la stellina del Porto doveva essere la stagione della consacrazione, ma un momento di follia rischia di comprometterne fama e carriera. Il talento però c’è, e puro

di CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo © (2003)

Ha rovinato tutto, Deco. La reputazione di cui godeva e le ottime prestazioni fornite in avvio di stagione, gli avevano procurato le attenzioni di Manchester United, Juventus, Barcellona, Inter e Deportivo La Coruña, poi ha commesso una sciocchezza. Grossa.

Il 29 ottobre, nel posticipo di campionato contro il Boavista, derby poi vinto per 1-0, entra duro su Filipe Anunciação. È il 73’. Sei minuti più tardi, becca la seconda ammonizione e si fa espellere. E fin qui nulla di strano. Quello arriva subito dopo, quando nella testa del talentuoso trequartista scatta un raptus di follia che, espletato il «Pega!» (liberamente traducibile con l’italico vaffa) di rito, lo spinge a togliersi lo scarpino sinistro per tirarlo addosso all’arbitro, Paulo Paraty, colpito di striscio, per fortuna di tutti senza conseguenze, a una coscia. Apriti cielo.

La Federcalcio portoghese ha aperto – come ovvio – un’indagine. A quanto sembra, opportunisti dell’ultima ora permettendo, non sono saltati fuori filmati che ritraggono il numero dieci biancoblù nell’atto di lanciare uno dei suoi due “ferri del mestiere” all’indirizzo del direttore di gara. Ma – perdonate la citazione di «Tutti gli uomini del presidente» – se al mattino dalla finestra scorgete un soffice manto bianco, non occorre aver visto cadere i fiocchi, per dedurre che di notte ha nevicato. E per Deco è andata più o meno così: la “neve” era il piede mancino munito del solo calzettone. Le foto, quelle sì, pubblicate con grande risalto dai media lusitani, hanno fatto il giro del mondo. Se n’è parlato perfino in Bangladesh, per quanto ciò possa destare sensazione nell’èra di Internet e del satellite.

Adesso Anderson Luíz da Costa, in arte Deco (scusate: la tentazione era irresistibile), rischia parecchio. Da sei mesi a quattro anni di squalifica, qualora la Commissione Disciplinare federale giudichi l’atto un tentativo di aggressione, da 3 mesi a 2 anni se opterà per una più benevola interpretazione del Regulamento Disciplinar da Liga, magari puntando sul fatto che Paraty non ha riportato ematomi né escoriazioni. Naturalmente, visti l’età e il valore tecnico (e quindi di mercato) del giocatore, se la caverà con quattro o cinque turni di sospensione. Il peggio che può capitargli, invece, è l’etichetta, il marchio infamante, che nel calcio, si sa, a volte non perdona.

Del resto Deco, brasiliano di nascita (São Bernardo do Campo, 27 agosto 1977) ma portoghese di adozione, alle polemiche non è nuovo. Un mese e mezzo dopo aver ottenuto “per meriti sportivi” la facile naturalizzazione, suscitò l’invidia e le critiche dei senatori della Seleção rossoverde, Rui Costa e Figo in testa, quando il Ct Luiz Felipe Scolari lo convocò per la seconda amichevole della propria gestione, quella del 29 marzo a Porto contro, ironia della sorte, il Brasile; ovvero il passato: il suo e quello dell’astro nascente del calcio lusitano, che però non ha mai vestito la casacca verdeoro. 

Ma perché il milanista e il madridista hanno fatto tanto chiasso per quello che è prima di tutto un grande rinforzo per la squadra “obbligata”, come padrona di casa, a fare strabene a Euro 2004? Più che per salvare il posto – sull’out Figo è intoccabile; Rui Costa, sulla carta il più interessato dall’eventuale concorrenza, è più regista e meno goleador –, ma per una sorta di orgoglio e identità nazionali mixati con una spruzzatina di gelosia. Un capolavoro di (sospetta) diplomazia, invece, la replica di Deco: «Mi sento sia portoghese sia brasiliano, e non credo che gli attacchi che ho ricevuto avessero nulla di personale nei miei confronti». «Ognuno ha le proprie opinioni, ma lui ha tutti i requisiti: è cittadino portoghese, è un giocatore di qualità e fisicamente sta bene» taglia corto Felipão, appoggiato in pieno dal rieletto presidente della Federação Portuguesa de Futebol (FPF) Gilberto Madaíl, il quale definisce «legittima» la convocazione di un ragazzo che vive in Portogallo da quando era 19enne, ribadendo che «i giocatori non sono costretti a rispondere alla chiamata in Nazionale, ci vengono volontariamente». 

A chiudere la questione, meno all’acqua di rose ma analoga a quella vissuta in Italia per Camoranesi, ci pensa il campo, o meglio ciò che vi combina l’illustre esordiente, che al “das Antas” di Porto è di casa. Partito dalla panchina più che altro per questioni “politiche”, di spogliatoio e di immagine, Deco entra in campo nell’ultima mezz’ora, al posto dell’allora interista Sergio Conceição. E lascia il segno. Con il punteggio sull’1-1 (Pauleta all’8’, Ronaldinho su rigore al 60’), a otto minuti dal termine ha in sorte la chance della vita e non la spreca. Strepitosa punizione-gol da oltre venti metri e Brasile battuto per la seconda volta nella storia. La prima risaliva al 3-1 negli ottavi ai mondiali inglesi del ’66, in pieno Eusébio-zoico. Pleonastico registrare le interessate, euforiche e forse eccessive reazioni della stampa lusitana: «O patriota Deco» titola “O Jogo”, «Uno di noi» gli va a ruota “A Bola”. Dagli spalti, il popolo portista si identifica più che mai con il proprio idolo. A farne le spese (a parte Roberto Carlos, espulso all’81’ e sospeso dalla Nazionale per aver spinto l’arbitro Yefet) è Rui Costa, fischiato dal pubblico, che risparmia invece l’altro “purista”, Figo, in tribuna, almeno ufficialmente, per infortunio.

Furbo, velocissimo, gran controllo di palla, Deco ha uno stile di gioco che sembra plasmato prendendo a modello i grandi registi brasiliani del passato. Ma non è il classico “volante” alla sudamericana, gioca a ridosso delle punte e sa concludere. Nell’uno-contro-uno non lo batte nessuno e vede la porta come pochi: in neanche 100 gare in biancoblù, ha realizzato una trentina di gol, non male per un centrocampista centrale seppure dalle spiccate propensioni offensive. La sua creatività è gioia per gli occhi, così come le sue esecuzioni sui calci piazzati. Ha un primo passo bruciante e non esita nel tackle. Il suo pezzo forte, però, è l’istinto per il passaggio smarcante, meglio se effettuato di prima. E dal punto di vista mentale, eccessi temperamentali a parte, è uno tosto. Da ragazzino ha imparato ad apprezzare soprattutto quel che non aveva, da grande ha patito diversi infortuni che ne hanno ritardato l’esplosione ma forgiato il carattere. Non ha paura del contatto fisico, «è l’unico modo che i difensori hanno per fermarmi». Si tuffa spesso e volentieri e perde un po’ troppi palloni, ma al tecnico José Mourinho va bene così perché, dalla trequarti in su, il fantasista deve sentirsi libero di inventare, per sé e per gli altri.

A 26 anni, caratterino permettendo, sarà uno dei prossimi crack del calciomercato internazionale. La scorsa estate ha provato a bruciare i tempi il presidente del Paris Saint Germain, Francis Graille, che, incassati i 30 milioni di euro provenienti dalla cessione di Ronaldinho al Barcellona, voleva investirne 19 per trovare un degno sostituto. Ma, come egli stesso ha rivelato al quotidiano “A Bola”, bisticciando più o meno involontariamente con le parole, «il Porto ha chiuso la porta». Facile intuire perché. Il suo collega portista Nuno Pinto da Costa ha capito il giochino. «Deco non è in vendita», ha dichiarato. Vero, lo sarà e non a questi prezzi. La squadra sta facendo benissimo in campionato (primo posto con ampio vantaggio) e, dopo una partenza non esaltante, bene in Champions League, dove, assieme a Partizan Belgrado e Olympique Marsiglia, corre per la seconda piazza dietro il Real Madrid dei “galácticos”. La vetrina continentale è una sorta di grande moltiplicatore e per averlo bisognerà allargare i cordoni della borsa. Sempre che il gioiellino decida di non rovinare tutto e tenga a posto i piedi. Dentro gli scarpini.
Christian Giordano, Guerin Sportivo (2003)

Tra Zico e Zidane 

Il primo è stato il suo idolo, il secondo il modello a cui ispirarsi. «Zidane è fantastico. Nessuno tratta la palla meglio di lui. Tuttavia, nel saltare l’uomo credo di essere più forte io». Non pecca di falsa modestia, Deco. E del resto perché dovrebbe? Speciale lo è sempre stato, sin da quando, in Brasile, ha cominciato a tirare i primi calci, nel Nacional di San Paolo, dove ha compiuto la trafila fino agli Juniores prima di passare, nel ’96-97, al Corinthians Alagoano. L’anno dopo, a 19 anni, il grande salto: l’Europa. Il Benfica lo mette sotto contratto ma lo gira all’Alverca, seconda divisione portoghese, per fargli fare le ossa. Il ragazzo gioca e segna tanto, 32 presenze e 13 gol, ma a Lisbona non sono convinti e così lo parcheggiano in prima divisione, al Salgueiros, club di Porto. Errore fatale. Nell’aprile ’98, grazie all’interessamento del tecnico portista Fernando Santos e ai buoni uffici del club concittadino, i Dragões bruciano i rivali di sempre e Deco veste il biancoblù. Il miglior giocatore della Super Liga nel miglior club lusitano. Il resto è storia e gloria: 2 titoli, 3 coppe e 2 supercoppe nazionali e, soprattutto, la Coppa UEFA della passata edizione; che ha sancito il ritorno del club ai vertici toccati ai tempi dello squadrone di Rabah Madjer, campione euromondiale nel 1987. Aveva cominciato con il piede giusto, Deco. Poi è rimasto scalzo.
(ch.giord)

La scheda/Anderson Luís de Souza “DECO” 
Ruolo: centrocampista centrale 
Data e luogo di nascita: 27-8-1977, São Bernardo do Campo (Brasile) 
Nazionalità: portoghese 
Statura e peso: m 1,74 per 73 kg 
Club: Nacional de São Paulo (Bra), Corinthians Alagoano (Bra), Alverca (Por), Salgueiros (Por), Porto (Por) 
Scadenza di contratto: 2006 
Soprannomi: SuperDeco, il Mago, Fenómeno 
Numero di maglia: 10 
Palmarès: 2 campionati nazionali (1998-99, 2002-03), 3 Taça de Portugal (1999-2000, 2000-01, 2002-03), 2 Supertaça “Cândido de Oliveira” (1998-99, 2002-03), Coppa UEFA 2002-03


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