HOOPS PORTRAITS - Kevin McHale, il mostro del post basso
di CHRISTIAN GIORDANO
Per qualità e varietà di movimenti in post basso, forse il miglior lungo nella storia del gioco. Se solo avesse avuto più voglia… Questo almeno il perenne retro-pensiero del suo compagno di successi, ma non di merende, Larry Bird.
Ala/centro di 6.10 dalle braccia smisurate da 1690 stoppate in carriera NBA, Kevin McHale dell’immenso Big Threebostoniano era l’insospettabile istrione, il compagnone cui talvolta Larry Legendavrebbe voluto tirare il collo per una certa pigriziamentale – perlomeno secondo gli standard birdiani– che McHale sembrava mostrare in allenamento, in certe sfiancanti serate on the roaddi regular season. E che però non ne ha pregiudicato l’inserimento tra i 50 più grandi in mezzo secolo della lega.
Tre anelli di campione (1981, 1984 e 1986), arrivati anche grazie a un discreto senso di arpionare rimbalzi e mettere i tiri quando più contavano, hanno fatto di McHale, per il Garden biancoverde, un idolo secondo solo all’inarrivabile Bird.
Con Larry “Legend” e Robert “the Chief” Parish ha formato una delle front-line offensive più grandi di sempre, e di suo il buon Kevin – immarcabile in post basso, sia fronte sia schiena a canestro – ci ha messo un arsenale infinito di spin move, finte e controfinte e tiri ad altissima percentuale. Non a caso per i compagni era The Black Hole, il buco nero, per la tendenza – chiamiamola così – a non restituire più la palla una volta servito nella sua zona preferita. “Herman Munster” invece era il perfido nick dovuto a una certa somiglianza con il personaggio simil-Frankenstein interpretato da Fred Gwynne nella sitcom The Munster e concorrenziale al Lurch della Famiglia Addams.
Sette volte All-Star e per tre Primo Quintetto Difensivo, McHale ha inciso sin da matricola, vincendo subito il titolo nel 1981 e conquistandosi un posto nell’All-Rookie Team con 10 punti e 4.4 rimbalzi a partita.
Per 13 stagioni consecutive (1980-1993) ha segnato almeno dieci punti a sera, toccando l’apice nel 1986-87 quando sfiorò la doppia doppia di media: 26.1 punti, 9.9 rimbalzi e 2.6 assist.
Spesso utilizzato dalla panchina per spaccare le partite in attacco e/o blindarle in difesa, è stato per due volte in fila (1984 e 1985) Sesto uomo dell’anno.
Uscito dalla University of Minnesota dopo quattro stagioni a 15.2 punti e 8.5 rimbalzi per gara, era stato scelto da Boston al primo giro del draft 1980. E ai Celtics, la sua unica squadra NBA da giocatore, ha chiuso con 17.9 punti e 7.3 rimbalzi a partita, medie persino inferiori a quelle nei playoff: 18.8 punti e 7.4 rimbalzi in 169 match di postseason. Numeri e intangiblesda ovvio Hall-of-Famer. E pazienza se non proprio bellissimo a vedersi.
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