Baronchelli: «Contro Hinault io il primo dei comuni mortali»

L'Eco di Bergamo
sabato 17 marzo 2018

Chi ricordava il Baronchelli corridore non avrà creduto ai propri occhi, soprattutto ai propri orecchi, nel ritrovarselo tanto cambiato l’altra sera alla Casa del Giovane in occasione della presentazione del libro «Dodici secondi», una documentatissima biografia scritta da un suo grande tifoso, Gian-Carlo Iannella («mi hanno colpito la sua umanità e modestia, non mi son mai piaciuti i campioni perfetti»), e pubblicata da Lyasis Edizioni di Luca Merisio. Del Tista timido, un po’ musone, spigoloso, riservato sino alla reticenza, di quegli anni Settanta-Ottanta non è rimasto niente.

Il Tista di oggi è un uomo maturo, disinvolto, sorridente, forbito nell’eloquio, sottilmente ironico, che col microfono sotto il naso non smetterebbe più di parlare. In una sala gremita, davanti a un pubblico attento e competente, Baronchelli, opportunamente sollecitato dal giornalista Ildo Serantoni, si è rivelato un libro aperto, un fiume di ricordi e di aneddoti. Ha preso spunto dal titolo del libro per evocare la famosa tappa delle Tre Cime di Lavaredo al Giro d’Italia del 1974, allorché per soli 12” mancò l’obiettivo di togliere a Merckx la maglia rosa: «Quel giorno non mi mancò la forza, ma l’esperienza, se avessi dosato meglio lo sforzo e soprattutto se prima fossi andato a vedere la salita del Giro, l’obiettivo non mi sarebbe sfuggito: avevo 20 anni, mi è mancata la guida di una mano esperta».

Poi la rivalità con Moser: «Non mi ha mai potuto soffrire, specie quando lo mettevo in difficoltà sulle salite, dove andavo molto più forte di lui. Ma lui era Moser e gli disegnavano i Giri d’Italia come abiti su misura. Quando attaccavo, si innervosiva, andava in tv a raccontare che io correvo per farlo perdere e, come conseguenza, mi scatenava contro i suoi tifosi. Al Giro del 1978, nelle tappe trentine di Pinzolo, da me vinta, e del Bondone, me ne hanno fatte di ogni: insulti, sputi, ombrellate, persino un pugno». Gli avversari più forti? «L’ultimo Merckx, poi Moser e con lui Saronni. Infine Hinault, un fenomeno: al Mondiale del 1980, arrivando secondo dietro lui, mi sono considerato il primo dei comuni mortali». Nessuna reticenza, dopo decenni, nemmeno sul ritiro di Foppolo al Giro del 1986: «Qualcuno ha detto che ho sbagliato a venire a casa quel giorno: ha ragione, sarei dovuto venire a casa già dieci giorni prima, perché l’aria in squadra (Supermercati Brianzoli, nda) era diventata irrespirabile».

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