Fausto Bertoglio e il Giro: quarant'anni di emozioni




Bresciaoggi, 7 giugno 2015

Alle 16,48 di quarant'anni fa un bresciano conquistava la vittoria al Giro d'Italia: un'impresa firmata dal sanvigiliese Fausto Bertoglio in casacca Jolljceramica.

Passato professionista nel 1974 dopo aver ottenuto numerosi successi nelle categorie giovanili, nel Giro del 1975 era partito come uomo d'appoggio del veneto di Marostica Giovanni Battaglin. Invece le gerarchie nella formazione diretta da Marino Fontana cambiarono improvvisamente il 31 maggio quando Bertoglio, imponendosi al Ciocco, sfilò la maglia rosa proprio al suo capitano Battaglin: in ventiquattrore lasciò ad altri il ruolo di gregario per indossare i panni del leader della propria squadra.

«CHE POTESSI fare bene al Ciocco, lo sapevo, perché nel giorno di riposo dopo la vittoria di Battaglin a Forte dei Marmi visionai il percorso provando sensazioni molto positive. Sentivo le gambe piene e forti e nel sopralluogo avvertii qualcosa di speciale, di molto speciale, perché pedalavo forte senza avvertire problemi. Nelle cronoscalate mi sono sempre comportato molto bene e sapevo pertanto di avere qualche chance. Non pensavo però di detronizzare il mio capitano protagonista di una cronometro individuale pazzesca perché era considerato da tutti gli addetti ai lavori uno scalatore puro». 

Invece sui tornanti del Ciocco andò in tilt e il mondo scoprì un altro campione capace di regalare grandi emozioni: «Oltre alla tappa del Ciocco, quando avevo visto la cartina altimetrica del Giro, avevo evidenziato anche quella del Colle Maddalena da scalare dal versante di Muratello: ma per me quello fu un neo perché nel sopralluogo compiuto prima del Giro, decisi di andare all'attacco a un chilometro abbondante dal traguardo, nel punto in cui c'era un grosso albero. Il giorno della corsa però l'albero non c'era più e quando sono arrivato sul falsopiano ho capito di essere ormai troppo vicino all'arrivo. Provai comunque a raggiungere Panizza, ma una strettoia mi costrinse a decelerare per non finire contro la gente e uno stand gastronomico e purtroppo giunsi secondo». 

LA TAPPA scattata da Pontoglio dove si era conclusa la prima frazione di giornata con la vittoria di Patrick Sercu si concluse tra migliaia di tifosi osannanti, e anche se mancavano ancora quattro tappe alla fine, Bertoglio capì che il sogno rosa potesse davvero materializzarsi: «Quando sono salito sul palco per rivestire la maglia rosa provai un'emozione unica: vestire l'insegna del primato davanti alla mia gente è stato un qualcosa davvero molto speciale. 

Nella tappa del Pordoi però rischiai di perdere il Giro. De Vlaeminck, Conti, Galdos e alcuni altri corridori andarono all'attacco. Purtroppo non riuscii subito ad accodarmi e quindi venni costretto a inseguire. I media scrissero il giorno dopo che salvai il primato grazie alla collaborazione fornita da Gimondi: niente di più sbagliato perché lui mi aiutò solo in discesa mentre in salita feci tutto da solo. Una cosa però è certa: quel Giro me lo sono conquistato giorno dopo giorno, ora dopo ora e credo davvero di averlo meritato». 

Ed epica è stata l'ultima tappa il 7 giugno con partenza da Alleghe e arrivo sullo Stelvio. Tra muraglie di neve, con numerosi tifosi pronti a festeggiare, Pietro Rodella prontissimo nell'immortalare le sue ultime pedalate, metro dopo metro mise in croce tutti gli avversari tranne Galdos: «Francisco riuscì a rimanere in scia e sinceramente non mi spaccai le gambe per controllarlo. Sapevo di avere ancora le energie sufficienti per conquistare la grande vittoria e sui tornanti più duri lo dimostrai ampiamente. Quando a due chilometri dall'arrivo Galdos mi chiese di lasciargli l'ultimo traguardo tergiversai, ma alla fine decisi di farmi da parte: a lui il successo di tappa, a me la vittoria finale». Così arrivò il successo al Giro, quasi ripetuto l'anno successivo con il terzo posto dietro Gimondi e De Muynck. Ma questa è un'altra storia: «Sulla quale preferisco glissare perché anche l'anno dopo avrei potuto vincere ma alcuni guasti meccanici compromisero la mia classifica: fui comunque terzo a soli 49 da Gimondi. Ma non accampo scuse perché credo di aver dimostrato il mio valore nel 1975». 

QUARANT'ANNI SONO tanti. Come festeggerà? «Ogni cinque anni scalo lo Stelvio per ricordare quel fantastico 7 giugno 1975. Quest'anno lo farò il 12 luglio insieme a una quindicina di tifosi capeggiati dal trentino residente a Roma, l'amico Amos Zanon. Con lui ci saranno amici e tifosi provenienti da tutta Italia e naturalmente sarò felicissimo di scalare questa grande montagna insieme a loro». 

E mentre la signora Giuseppina, i figli Paolo (ex professionista anch'egli) e Andrea gli stanno preparando una sorpresa, lui sta mettendo a punto la sua spicciola nel negozio che da anni gestisce in via Galilei al civico 36 di San Vigilio di Concesio: «Spero di riuscire a scalare lo Stelvio senza problemi anche stavolta, perché gli anni passano e il 13 gennaio ho spento 66 candeline. Però non me le sento e sono pronto a sostenere questo test insieme a tutti gli amici».

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