Sterrato, salita o circuito Tadej quasi 1000 km in fuga


LAPRESSE - Guardatelo. Tadej Pogacar ha iniziato il 2024 il 2 marzo dominando la Strade Bianche con 81 km di fuga e l’ha chiuso con il quarto Lombardia a Como dopo 48,4 km in solitaria. La stessa esultanza da far impazzire i tifosi Da Siena a Como la stessa esultanza da gladiatore

Nel 2024 all’attacco per 967 km su 9959. Strade Bianche, Giro, Tour e Mondiale: nessuno ha mai dominato così

13 Oct 2024 - La Gazzetta dello Sport
di Ciro Scognamiglio - INVIATO A COMO

Tra il 2 marzo e il 12 ottobre ci sono 224 giorni, estremi compresi: Tadej Pogacar, l’immensità che pedala, li ha riempiti con successi, record e imprese che ogni volta spostano il confine dell’ammirazione un pochino oltre. Ha cominciato alla Strade Bianche, esaltandosi con 81 chilometri di fuga solitaria sullo sterrato senese e trionfando nella magnificenza di Piazza del Campo, e ha finito a uno sguardo dal lago di Como, dopo un’altra azione di 48,4 km in cui ha dimostrato ancora quanto sia enorme la distanza con il resto del gruppo. Fanno 25 successi, come in questo secolo solo Alessandro Petacchi (che di mestiere faceva il velocista) nel 2005. Soprattutto, i 25 successi sono arrivati in 58 giorni-gara lasciando al mondo solo due corse: la Milano-Sanremo, terzo alle spalle di Philipsen e Matthews, e il GP Québec, settimo (la Tre Valli Varesine è stata annullata per il maltempo). Da calcoli ufficiosi, è stato in fuga per 967 km sui 9959 in competizione.

Imprese 

Ora si può dire che la Strade Bianche – una delle gare che ama di più in assoluto – è stata l’alba di un qualcosa di memorabile per Tadej Pogacar. È più magro, è diventato ancora più forte, i sussurri che si udivano già a inizio marzo hanno poi trovato conferme nell’anno in cui il ragazzo di Komenda si era posto la sfida più ambiziosa: la doppietta Giro-Tour mai vista in questo secolo. L’ultimo era stato Marco Pantani nel 1998. Lo sloveno domina a fine marzo il Giro di Catalogna, stacca tutti in aprile alla Liegi-Bastogne-Liegi, e si presenta al Giro d’Italia per la prima volta con la possibilità di fare come Gianni Bugno nel 1990: in rosa dalla prima all’ultima tappa. Quasi: perde la volata ristretta del primo giorno a Torino con Narvaez e Schachmann, poi stacca tutti verso Oropa alla Pantani e comincia a dominare. Chiuderà con sei successi di tappa, distacchi da clessidra e alcune perle, come la galoppata solitaria nel giorno di Livigno/Mottolino (strade di allenamento) o quella nella penultima tappa del doppio Monte Grappa, quando regala la borraccia a un bimbo.

Rivali 

Si dice che la concorrenza al Tour de France sarà più qualificata, lì lo aspettano anche Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel, oltre a Primoz Roglic, ma non è che la musica sia tanto diversa perché Tadej finirà per restare al comando 19 giorni su 21, dunque uno solo in meno del Giro d’Italia: stacca tutti nel giorno del Galibier (quarta tappa), vince due volte di fila sui Pirenei (con la firma in quella Plateau de Beille che fu di Pantani), chiude con 3 successi consecutivi, compreso quello nell’ultima cronometro di Nizza. A quel punto, dopo aver scelto di saltare l’Olimpiade, c’è il Mondiale all’orizzonte e la possibilità della tripletta con Giro e Tour come solo Eddy Merckx 1974 e Stephen Roche 1987: lo sloveno si ‘scalda’ in Canada alzando le braccia nel Gp Montreal e poi plana su Zurigo dove Van der Poel e Evenepoel – due campioni – lo prendono per pazzo quando si lancia in fuga a 100 chilometri dalla conclusione. 
Pogacar invece finisce per dare ragione a quel genio del cinema chiamato Federico Fellini, che diceva «L’unico vero realista è il visionario». Perché è visionaria, sì, la sua azione in terra elvetica, e perché finisce in gloria dopo 51,5 km vissuti in solitaria e in apnea con un urlo di cui forse l’eco si sente ancora adesso. Il resto è storia più recente: trionfa con la maglia arcobaleno già su San Luca, al Giro dell’Emilia, e corona il tutto con il poker consecutivo al Lombardia. Due grandi giri, due Monumenti, il Mondiale, tutto in meno di sette mesi: solo Tadej Pogacar. Solo lui.

***

Saronni: «È il primo rivale di se stesso Migliorare? Mah»

Beppe ha vinto il Mondiale e da iridato Lombardia e Sanremo

"Credo che nemmeno Tadej sia consapevole di quanto 
possa ancora alzare l’asticella delle sue prestazioni."

"La Sanremo per lui è la più difficile da vincere. 
E se volesse la Roubaix, 
avrebbe tutte le doti per domare anche il pavé"

di Davide Romani

In maglia iridata a braccia alzate al traguardo del Lombardia e della Sanremo. Giuseppe Saronni c’è riuscito tra il 1982 e il 1983. Dopo il trionfo mondiale di Goodwood, nella classica Monumento di fine stagione ha regolato un gruppetto di 11 fuggitivi mentre in Liguria ha preceduto Bontempi. Tadej Pogacar è sulla buona strada per ripetere la stessa impresa.

- Saronni, il fenomeno sloveno è arrivato all’apice della sua parabola sportiva?

«Credo che nemmeno lui sia consapevole di quanto possa ancora alzare l’asticella del suo rendimento. Certo, diventa difficile fare meglio di quello a cui stiamo assistendo in questi anni».

- Pogacar riuscirà a eguagliare il suo filotto in maglia iridata nelle classiche Monumento italiane?

«Gli auguro di poter entrare nel ristretto club di chi da campione del mondo ha vinto Lombardia e Sanremo. Ma quella con arrivo in Liguria è la Monumento più difficile da vincere perché è calendarizzata a inizio stagione e tutti arrivano nel pieno della condizione, anche perché è in programma subito prima della campagna del Belgio. Non è mai semplice fare selezione. Sono curioso di vedere cosa si inventerà per vincere».

- Ormai per Tadej le fughe da lontano sono diventate il marchio di fabbrica. Le piacciono?

«Non sono un grande amante dei tentativi da lontano, lo spettacolo più bello è la sfida spalla a spalla fino al traguardo. Ma certo, se non ci sono avversari del suo livello, è lui a diventare il miglior rivale di se stesso: cercare di migliorare le prestazioni precedenti è il mezzo che usa per trovare nuove motivazioni».

- Pogacar chiude il 2024 con la doppietta Giro d’Italia-Tour de France. In futuro pensa che potrà inseguire il “Triplete” dei grandi giri in una stagione?

«Con il potenziale che ha può tentare di tutto ma è necessario fare una programmazione. Quest’anno lo ha fatto: si è preparato per Giro e Tour, ha fatto uno stacco importante e poi si è presentato per un finale di stagione da dominatore. Aggiungere la Vuelta non è così facile e scontato. Un po’ perché è vicina al Tour, un po’ perché la triplice impresa lo costringerebbe a focalizzarsi su questo. Con lui però dobbiamo prepararci a vedere stravolte le leggi del ciclismo, nulla è impossibile».

- Tra le Monumento che ancora mancano nel palmarès dello sloveno c’è anche la Roubaix. È nelle sue corde?

«Se volesse prepararla, ha tutte le doti per domare anche il pavé. Ovviamente, dovrebbe fare una preparazione specifica perché è un tipo di classica che non si può improvvisare».



Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio