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Visualizzazione dei post da 2005

La regina Lione

Dal 1998 per l’UNESCO 500 ettari del centro sono patrimonio mondiale dell’umanità. Giustizia è fatta per il capoluogo del Dipartimento del Rhône-Alpes, secondo agglomerato urbano (169 m slm, 445.452 abitanti) e capitale gastronomica della Francia. Lione, fondata “Lugdunum” dai Romani, è descritta come industriosa ma anonima metropoli, nonostante l’importante valore artistico e culturale, e invece riserva piacevoli sorprese. Per scoprirle si può cominciare dal centro storico, stretto tra la collina di Fourvière (e i suoi teatri romani) e la sponda destra della Saona; o dalla penisola (“presqu’île”) tra Saône e Rodano, i fiumi che confluiscono a sud, e i quartieri novecenteschi. Senza nulla togliere ai siti archeologici, ai musei gallico-romani e ai grandi spazi della città moderna, la vera “Lyon” è sulla collina della Croix-Rousse, anch’essa sotto tutela dell’UNESCO: qui vivevano i “Canuts”, artigiani della seta famosi per le 4 rivolte (1831, ’34, ’48, ’85) i cui successori espongono a...

FOOTBALL PORTRAITS - Faccia d'angelo, polso di ferro: così Mandorlini si gioca tutto (2005)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 Christian Giordano © la Repubblica © - ed. Bologna, 13 novembre 2005 Faccia d' angelo. Ai tempi dell'Inter lo chiamavano così, per i riccioli scuri e gli occhi chiari, chiarissimi: azzurro tenebra, per dirla alla Arpino. Andrea Mandorlini, però, sul campo, di angelico aveva poco, pochissimo: per referenze chiedere a Ruben Buriani, l'ex rossonero. Da giocatore era un mastino, un duro. E tale è rimasto da allenatore. Per referenze chiedere, stavolta, a Giacomo Cipriani, che in soli due giorni ai suoi ordini deve aver capito, a suon di urlacci, quand'è ora di "tagliare sugli esterni" e quando invece di "andare dentro".  In campo, il Mandorla sapeva fare tante cose, forse nessuna strabene, ma tante: era la sua forza e il suo limite. Non sono stati tanti a credere in lui, ma chi l'ha fatto non se n'è poi pentito. Primo fra tutti Giovanni Trapatt...

FOOTBALL PORTRAITS Pagliuca - L’eremo di San Gianluca (2005)

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A 39 anni l’ex di Bologna, Samp e Inter è ancora uno dei migliori portieri italiani. E per dimostrarlo ha scelto la sfida più difficile: tornare a casa per diventare profeta in patria. E ci è riuscito…  di CHRISTIAN GIORDANO © Calciatori.com magazine – n. 12, novembre 2005 «Sei mejo de Didda e Buffonne», parola del Sor Carletto Mazzone, all’epoca ancora suo allenatore e lontano da iperpresenzialismi mediatici.  L’elogio, magara eccessivo nel momento storico in cui fu speso, anche se dovuto alla straordinaria prestazione del portiere rossoblù in Udinese-Bologna del 2003, deve aver lusingato non poco l’ex attaccante che da ragazzino si convertì alla porta, sognando di emulare gli italiani Dino Zoff e Luciano Castellini e il tedesco Sepp Maier. Perché tra quegli idoli di gioventù e i contemporanei di Dida e di Buffon – per chi non avesse colto la traduzione dal romanesco – intercorrono almeno tre generazioni di portieri. Tutte attraversate da quel fenomeno di classe, istinto...

Bellucci ringrazia ancora Ulivieri Senza di lui saremmo fuggiti tutti

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https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/11/12/bellucci-ringrazia-ancora-ulivieri-senza-di-lui.html?ref=search di CHRISTIAN GIORDANO La Repubblica ed. Bologna - 12 novembre 2005 Dai, riscopriamo l' acqua calda: Bellucci è da A. Non solo in campo, dove basta vederlo giocare e senza neanche il Supercorso di Coverciano (a proposito: Mandorlini ci si è laureato con una tesi sulle palle inattive), ma anche e soprattutto fuori. Per come sa gestire i media, ma soprattutto i momentacci. E quello dell'esonero dell' allenatore vi rientra sempre.  Così Bellucci, da buon senatore, non scansa le difficoltà. «Ha pagato Ulivieri - dice -, ma se i risultati positivi non sono arrivati, la colpa non è solo dell' allenatore. Ci sentiamo tutti responsabili. Lui ha fatto un gran lavoro psicologico dopo la retrocessione, i processi estivi, la cessione del club e tutto quello che poco c' entrava col calcio: se alcuni di noi sono rimasti, me compreso, è merito suo...

HOOPS PORTRAITS - Operazione Yao Ming: progettato in laboratorio

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di CHRISTIAN GIORDANO © la Repubblica © - ed. nazionale, 21 ottobre 2005 «Il Dragone che fa Yao». Dovesse uscirne l'edizione italiana, il titolo potrebbe essere questo. Solo che le fusa di quel gattone di 2,24 per 138 chili di talento e marketing, non sarebbero rassicuranti. Anzi.  Il solo pensiero che la teoria sia concepibile, prima ancora che fattibile, fa rabbrividire: Yao Ming, centro cinese degli Houston Rockets della NBA, sarebbe stato progettato in laboratorio. Non in senso strettamente genetico, ma programmato a tavolino: facendo accoppiare i futuri genitori, ritenuti "adatti" in seguito a un complicato e ovviamente segretissimo processo di selezione "naturale" per talento, struttura fisica e atteggiamento mentale. Una specie di Frankenstein del parquet.  È l'arditissima e inquietante tesi sostenuta in Operation Yao Ming: The Chinese Sports Empire, American Big Business, and the Making of an NBA Superstar , libro-choc (diffidare dalle pubblicazio...

FOOTBALL PORTRAITS - Spinesi, il gabbiano Gionatha (2005)

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di CHRISTIAN GIORDANO © Inutile piangere sul bomber perduto. Con i se e con i ma non si fa la storia, neanche quella della salvezza.  Nel gennaio 2004 l’allora presidente Cipollini virtualmente l’aveva preso, Gionatha Spinesi: e sarebbe stato probabilmente uno dei migliori colpi messi a segno nella sua gestione. Ma qualcosa andò storto. «C’era un accordo tra me e il Bologna e tra il Bologna e il Bari – raccontò all’epoca il bomber, oggi al Catania – Mi aveva chiamato Mazzone, ma prima il Bologna doveva cedere uno fra Rossini e Tare, il che non accadde. Io non ne ho colpa, in A e a Bologna sarei andato anche a piedi».  Sotto i Portici, la vulgata è un po’ diversa: fu Cipollini a volerlo, ma Mazzone si oppose e la spuntò. Poi ci si mise in mezzo anche il destino: perché il 12 gennaio, su assist di Nakata dalla destra, Tare segnò a Lecce il gol del successo rossoblù (2-1, per i salentini ci fu il primo gol in A del bimbo-prodigio Bojinov) e così sfumarono due trasferimenti o...

FOOTBALL PORTRAITS - Weah: Liberian Boy (2005)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 Nato il 1° ottobre 1966 a Monrovia, capitale della Liberia, George cresce in una famiglia di 12 figli. A 18 anni gioca nella squadra leader della nazione, non a caso denominata Invincible Eleven, e tre anni dopo emigra in Camerun, al Tonnerre Yaoundé. Nel 1988 a suon di gol (14 in 18 gare) trascina i suoi il titolo e debutta nella nazionale liberiana. Claude le Roy, allora Ct del Camerun, lo segnala ad Arséne Wenger, che se lo porta in Francia, al Monaco, per dare un terminale offensivo all’inventiva dell’inglese Glenn Hoddle. Alla prima stagione nel Principato, Big George, è subito nominato Giocatore africano dell’anno, premio che vincerà anche nel 1994 e nel 1995. Nel 1991 vince la Coppa di Francia e l’anno dopo passa al PSG, che nel giro di due anni vince il campionato. Nel 1995 lo acquista il Milan, abbagliato dalle prodezze regalate da Weah nel confronto diretto in Champions League....

FOOTBALL PORTRAITS - Gullit, cervo esce di foresta (2005)

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https://www.amazon.it/Football-Portraits-Ritratti-calcio-Agbonlahor-ebook/dp/B01KI1XRO6 Dall’impegno sociale al sexy football, dalle polemiche con i suoi allenatori ai matrimoni falliti, dalle imprese sul campo alle difficoltà in panchina, da Arrigo Sacchi a Nelson Mandela: “Cervo esce di foresta” ha sempre avuto vissuto a modo suo, facendosi forza della sua potenza fisica, della sua enorme classe e dell’istintività tipica di uno spirito libero di  CHRISTIAN GIORDANO Eurocalcio, n. 58 – agosto 2005 Vujadin Boskov ha regalato frasi e locuzioni ormai entrate nel linguaggio comune dei calciofili. Una di queste definisce Gullit «cervo che esce di foresta (di brughiera, nella versione originale, nda)», una pennellata di rara efficacia e che ritrae tutto: l’imponenza e la regale maestosità dell’animale calcistico, la strapotenza fisico-atletica e quel senso di selvatica naturalità che lo ha sempre accompagnato, in campo e fuori.  Dal sexy-football al ...

FOOTBALL PORTRAITS - Podolski, "Der Wunderkind" (2005)

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di CHRISTIAN GIORDANO - Indiscreto.it Meno di due anni fa, Lukas Podolski era solo il centravanti della Under 19 tedesca alle prese con il complicato approdo al calcio professionistico. Oggi su questo 20enne di belle speranze, che il suo ex allenatore Huub Stevens magari dopo qualche pinta di troppo ha definito al livello «del giovane Johan Cruijff, del giovane Ryan Giggs o di Wayne Rooney», il Ct Jürgen Klinsmann e forse la Germania intera basano le proprie speranze per il prossimo mondiale.  A 18 anni, Podolski era ancora nelle giovanili del Colonia. Poi Marcel Koller, tecnico della prima squadra, in lotta per non retrocedere dalla Bundesliga e in ristrettezze economiche, si affida a quel ragazzino dal fisico compatto (1,80x81 kg) di cui in società si dice un gran bene.  Podolski viene chiamato ad allenarsi coi grandi e subito dopo, il 22 novembre 2003, debutta fra il tripudio delle gradinate in quello stadio che frequentava con regolarità da tifoso.  Nella primavera su...

Dumars needs to keep Brown

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Thursday, June 23, 2005 Updated: June 24, 3:02 PM ET By Jason Whitlock Special to Page 2 SAN ANTONIO – Here, at the NBA Finals, Larry Brown garners about as much respect from members of the media as Darko Milicic, the youngster driving the wedge between Brown and the Pistons organization. Yes, it's true. Darko, the 7-foot teenager Joe Dumars fell in love with before the 2003 draft, will go down in history as the boy who cost Detroit three potential Hall of Famers – Carmelo Anthony, Dwyane Wade and Larry Brown. The Pistons should give Brown some time off to fix his health issues and then bring him back. Here, at the NBA Finals, my peers in the media are reluctant to draw the obvious connection. Brown has the Pistons on the brink of a second straight championship, and no one thinks it's odd that Dumars and Pistons owner Bill Davidson aren't willing to do everything within their power to retain the game's greatest mind and keep this budding dynasty together. No one thinks...

Two games from history

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https://www.espn.com/espn/page2/story?page=jackson/050510&num=0 Tuesday, May 10, 2005 Updated: May 11, 12:42 PM ET By Scoop Jackson Yes, it was supposed to be closer in Detroit. But it wasn't and it might not be. It wasn't long ago that Rick was all about the Pistons. Yes, it was the fifth playoff blowout in a row. Two Game 7s, two Game 1s, then this. (Maybe Phoenix/Dallas later on Monday would be different. But it wasn't, and that series might not ever be.) Yes, from the looks of things -- from Reggie Miller chasing Rip , to JO going 2-for-14 after he opened the game 6-for-8 -- you shoulda shut off the plasma after the first quarter. But you didn't, because, well, there might be some extracurriculars. Yes, this is the only rivalry left in basketball, the only series with some history. But there's something missing, and that absence destroys any possibility of what might have been. Two games. That's all we're talking about. Millions of dollars spent, ...

91st Liège-Bastogne-Liège

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http://autobus.cyclingnews.com/road/2005/apr05/lbl05/?id=results#res  Belgium, April 24, 2005 by Hedwig Kröner in Ans Vino the Vainqueur Today in Ans, Alexandre Vinokourov finally took a much-needed spring victory for the T-Mobile Team, winning the 91st edition of Liège-Bastogne-Liège in typically aggressive fashion. The 31 year-old rider from Kazakhstan broke away with the 'Jacky Durand' of this year's Classics, Team CSC's Jens Voigt, on the Côte de La Vecquée with more than 50 kilometres to go, and the pair managed to hold off a chase group containing most of the race favourites all the way to the finish. The break's advantage hovered around the one minute mark and was largely aided by a lack of cohesion in the rather oversized select group behind. In third place was Amstel's eternal second, Michael Boogerd (Rabobank), 14 seconds behind, who could at least say he finished on a different step of the podium. Olympic champ Paolo Bettini d...