Richmond '15 - In Virginia "il più grande evento dalla Guerra Civile"

Domenica 27, col conforto della diretta televisiva serale in Europa, si assegna la maglia arcobaleno che conta di più, ovvero quella della prova su strada dei professionisti.

di SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo, 26 settembre 2015


IL CIRCUITO CITTADINO DI RICHMOND
Ventinove anni dopo il Colorado, il circo pro' torna negli Stati Uniti.
Stavolta su un circuito cittadino, altimetricamente facile ma di difficile interpretazione tattica.
Pare perfetto per i velocisti "resistenti" che comandano la scena (Degenkolb, Kristoff e Sagan su tutti), un percorso che premia il fondo (259,2 km) e lo spunto veloce.
Il problema è che la kermesse si sviluppa interamente sull'anello della capitale amministrativa della Virginia, al contrario delle ultime edizioni, quando l'approccio era costituito da un tratto in linea.
Il gruppo dunque ripeterà ben sedici volte il disegno, comprendente tre strappi - inseriti negli ultimi 5 km prima del traguardo - e sezioni in pavè.
Le insidie, al netto del meteo (inclemente) che potrebbe inasprire la selezione, sono da Ronde in miniatura.
I tre passaggi-chiave: Libby Hill Park all'insù, in acciottolato, 23rd Street, colla sede stradale che si restringe e un punto al 15% di pendenza, e poi, al termine di una (breve) discesa e un pianoro, l'introduzione agli ultimi mille metri e a Governor Street.
Poco meno di mezzo chilometro al sette, otto per cento che portano al rettilineo d'arrivo in quel di West Broad Street.
Il tracciato sembra proporre soluzioni alternative: la volatona tra ras delle classiche o la botta vincente del finisseur dalle parti della flamme rouge.


I FAVORITI
I mammasantissima già indicati, John Degenkolb (che ha chiuso la Vuelta con la gambe giusta), Peter Sagan (che in Spagna, fino al ritiro, ha convinto) e Alexander Kristoff (che a fine agosto si è imposto al GP Ouest France), paiono i favoritissimi del lotto.
La corsa dura, la selezione da dietro, l'epilogo allo sprint riproducono il loro habitat naturale.
Il loro guaio è che il terzetto non corre in squadre che potranno chiudere, sigillare, la contesa.
Parallelo agli accordi trasversali, la maglia del club sta appena sotto quella della nazionale, il comportamento di altre équipe - fortissime - deciderà lo sviluppo della gara.
Nessuna rappresentativa vanta la qualità e la quantità del Belgio, lo squadrone per antonomasia di questa trasferta americana.
Tom Boonen per la rissa reale a ranghi quasi compatti, Philippe Gilbert e Greg Van Avermaet per lo scatto risolutivo; i comprimari (?) si chiamano Vanmarche, Benoot e Keukeleire, atleti che altrove sarebbero capitani.
Al pari del rampante Tim Wellens, recente trionfatore al Grand Prix de Montreal e all'Eneco Tour, escluso dai nove per eccesso di talento (e di galli nel pollaio..).
Pure l'Australia non scherza: le punte, il giovane Michael Matthews e l'esperto Simon Gerrans, nel gran finale possono battere i tre tenori.
Precisando che i tedeschi avranno, nel ruolo di spalla e di eventuale rimpiazzo, il miglior sprinter del 2015, André Greipel, i vari team proporranno un canovaccio a seconda delle caratteristiche dei loro capitani.
La Francia, per esempio, potrebbe esibire carte diverse: la ruota velocissima Nacer Bouhanni e gli attaccanti Tony Gallopin e Julian Alaphilippe.
L'Italia, tra Vincenzo Nibali, Diego Ulissi e Matteo Trentin, sceglierà l'assalto; i Paesi Bassi hanno un gruppo di corazzieri (Lars Boom, Tom Domoulin, Robert Gesink e il pericolosissimo Nick Terpstra); persino i tre del Portogallo - Rui Costa, Nelson Oliveira, José Gonçalves - qualche cartuccia la spareranno.
Nella parte dell'incognita, spettacolare quanto insidiosa, l'equipo de Espana.
Da tempo immemore, Alejandro Valverde e Joaquim Rodriguez si fanno la guerra: se Purito (e Dani Moreno, sponda Katusha) non si adatta molto all'altimetria (filante), l'Embatido - se ancora in forze, al termine di una stagione pazzesca - sarebbe da piani altissimi.
Attenti al jolly Lobato, sprinter di stamina, e a Luis Leon Sanchez, a suo agio sui tracciati misti.
Nomi da segnalare: il campione uscente Kwiatkowski, che quest'anno si è imposto nell'Amstel Gold Race, non lontanissima per cifra tecnica a Richmond, Stybar (lo scalpo importante, prima o poi, arriverà..), l'eroe di casa Phinney (che avrebbe la legnata per fregare tutti..), il solito Uran, Swift per i britannici (ci fosse stato il Geraint Thomas ammirato al Tour de Suisse...) e il buon Navardauskas.
Il resto è mancia, compreso il trio svizzero che agirà di rimessa confidando nella buona sorte e nel vambio di ritmo (sulle salitelle) di Michael Albasini.
Dillier e Kueng, oro nella cronosquadre con la BMC, il loro mondiale l'hanno già vinto.

Last but not least, il sabato del villaggio delle donne: prima rassegna iridata dal 2005 senza la presenza, il faro, della Campionissima Marianne Vos.
Sarà molto interessante il testa a testa (Armitstead, Ferrand-Prévot, Van der Breggen, Olds, Cecchini, Johansson, etc.) anche per leggere meglio le trappole del circuito.


ARGENTIN L'AMERICANO, HENNIE E IL GITANO DI EEKLO 
La vernice statunitense fu nel 1986, a Colorado Springs.
Un'altra èra: c'erano ancora i dilettanti (di Stato) dell'Est e il Mondo Nuovo (Greg Lemond, Phil Anderson, Andy Hampsten, Lucho Herrera, etc.) era una novità esotica.
Tracciato in quota e zeppo di saliscendi, che vide i professionisti impegnati al sabato (un unicum), e rappresentò il passo d'addio del grande Bernard Hinault e l'esordio iridato di Gianni Bugno.
Vinse in bello stile un Moreno Argentin chirurgico, in una volata a due senza storia con (l'eccellente) Charly Mottet.
Dietro, in rimonta, a pochi secondi (nove), l'ultimo Beppe Saronni competitivo si aggiudicò il bronzo precedendo il gruppo dei migliori (Juan Fernandez, Sean Kelly, Gutierrez, Lemond...).

Molto più particolare, quarant'anni orsono (1975), Yvoir: il pomeriggio nel quale Roger De Vlaeminck, cioè uno dei fuoriclasse che mai si è fregiato dell'oro mondiale in linea, si fece sfuggire Hennie Kuiper. Il gitano di Eeklo siglò un'annata straordinaria - 44 successi: la Parigi-Roubaix, il Campionato di Zurigo, il Tour de Suisse, l'iride del ciclocross, la Tirreno Adriatico, sette tappe al Giro... - ma pagò il marcamento e le rivalità interne (Merckx, Maertens...). La seconda piazza fu una beffa. L'olandese Kuiper trionfò a sorpresa, con un contropiede dei suoi, ma non troppo: campione di altissimo livello, completo, di intelligenza e fondo, uno dei massimi esponenti di quella generazione oranje. Con lui Fedor den Hertog, Joop Zoetemelk, Renè Pijnen, Tiemen Groen: un evo di fenomeni.

Pubblicato il 26 settembre 2015 da Il Giornale del Popolo

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