Moreno Argentin


Da dilettante era una promessa, ma da professionista è andato oltre quelli che potevano sembrare auspici. Un passista veloce che poteva tenere bene nelle salite medie o quelle dure, ma corte. Un perfetto assioma da classiche. Se poi a tutto questo aggiungiamo il suo carattere da "cagnaccio", come si dice nel gergo ciclistico, il quadro si forma chiaro. Argentin era uno di quei corridori che non vorresti mai avere in squadra perché, prima di tutto, fanno la loro corsa, cercando di limare anche le lamette pur di emergere e poi, quando la strada della sconfitta si forma, si fanno da parte cercando il miglior modo di ritirarsi o non uscire troppo bastonati. Come compagno andava bene, invece, in Nazionale, perché prima del mondiale, il suo sindacalismo estremistico, avrebbe strappato entità di premi impensabili, mentre dopo l'eventuale positiva conclusione della corsa, pur di far percepire quelle entità a tutti, avrebbe morso anche i calzetti dell'usciere della Federazione. In corsa, quando si diede ad un compagno come se fosse se stesso, nel Giro '94 a favore di Berzin nella più che discutibile e discussa Gewiss, lo fece in un modo tale, da spingere a non far inserire nell'albo d'oro il russo, bensì il suo nome. Un "cagnaccio" anche lì. Quindi un grande corridore, ma per la terza volta dico: un cagnaccio. Moreno Argentin è stato professionista dall'ottobre del 1980 al 1994 con 84 vittorie. La particolarità tecnica che l'ha fatto animale da classiche, s'è legata siamese al suo scatto bruciante, che diveniva letale negli arrivi o nelle parti crogiolo della corsa che presentavano pendenze. Ai mondiali è sempre stato o quasi protagonista, a volte anche in negativo come nel 1983 e nel 1984. Nel 1985, al Montello, invece, per un eccesso di presuntuosità, si fece beffare dal vecchissimo Zoetemelk, trascinando nella sconfitta anche quel Greg Lemond che, a parte il mondiale, le corse di un giorno non le vinceva nemmeno se lo mettevi nella canna di un fucile. Il veneto di San Donà di Piave finì terzo. L'anno successivo, a Colorado Springs, Moreno completò la sua crescita, vincendo da grandissimo campione la maglia iridata, ai danni del peso piuma francese Mottet. Anche nel 1987, a Villach, pur essendo l'unico azzurro nel gruppetto di testa, diede la sensazione di poter vincere, ma ancora un errore di presunzione, favorì l'acuto di Roche e per Argentin si completò il personale podio iridato con la conquista dell'argento. Ma la vera grandiosità di Moreno, la si vide nelle classiche e dire che nei primi anni di professionismo, l'osservatorio italiano, imbambolato "dal e nel" dualismo Moser-Saronni (una tragedia per la crescita del movimento!), arrivò all'impresa di giudicarlo fragile e discontinuo. Un errore che anche un raffreddato con 40 di febbre non avrebbe commesso visto il già evidente coltello che il giovane veneto teneva fra i denti! Ed infatti, Moreno a nemmeno ventun anni, colse il 2° posto nel Giro di Lombardia '81, e pochi mesi più tardi finì 3° nella Milano-Sanremo. Con la maturazione e la minor asfissia onnipresente ed a 360° del "mosersaronnismo", Argentin, si portò a casa un curriculum che, limitatamente alle classiche monumento, non è da considerarsi inferiore a quello del duo. Nel suo palmares infatti, ci sono 4 Liegi-Bastogne-Liegi ('85, '86, '87 e '91), 3 Freccia Vallone ('90, '91 e '94), il Giro delle Fiandre ('90), il Giro di Lombardia ('87). Gli manca la Sanremo, dove fu 2° nel '92, mentre per la Roubaix non era tagliato. Fu poi due volte campione d'Italia ('83 e '89). Non è stato un evidente delle grandi corse a tappe (soffriva le salite vere e lunghe), nelle quali ha comunque colto un 3° posto al Giro del 1984 (il più facile della storia), ed ha saputo vincere tredici tappe, nonché indossare dodici volte la maglia rosa. Al Tour ha vinto tre tappe. In carriera è stato undici volte azzurro.

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