Storia di Gianbattista Baronchelli


A esser stati tifosi di Giovan Battista Baronchelli, si è rischiato ulcera e mal di pancia. "Tista" è stato il classico campione incompiuto, fenomeno evanescente, promessa non mantenuta. Vuoi per il suo carattere, i forti avversari e la sfortuna non è riuscito a diventare ciò a cui era predestinato.

All'esordio tra i professionisti, quasi vince il Giro d'Italia davanti al grandissimo Eddy Merckx. Ci arriva vicino, molto vicino. Clamoroso che un esordiente vinca il Giro, ancora più clamoroso sarebbe stato battere il Cannibale.

La sconfitta, nel computo finale, è per un'inezia; dodici secondi, da non sapere se essere contenti per il secondo posto o sentirsi profondamente delusi per la vittoria mancata. Gibì, 21enne, attaccò in salita alle Tre Cime di Lavaredo e Merckx fu sul punto di arrendersi. Si salvò solo grazie a una sparata nell'ultimo chilometro che gli permise di salvare la classifica

Il fanciullo, lombardo di Ceresara in provincia di Mantova, che aveva fatto scintille tra i dilettanti vincendo Giro dei cadetti e Avenir, venne annunciato tra gli inevitabili squilli di tromba. Aveva l'ingrato compito di fare da cerniera a una generazione che stava applaudendo le ultime corse di Gimondi, sul finir della carriera, e ancora stentava a riconoscere il carisma di Moser, che, in ogni caso, non era tagliato per i grandi giri.

Poi c'era quel diavolo di Merckx che sembrava imbattibile su ogni fronte. Gibì doveva essere l'italiano per le grandi corse a tappe. Al primo anno andò così, secondo per un'inezia. L'anno successivo Torriani gli costruì praticamente un Giro su misura con arrivo in vetta allo Stelvio, la cima cara a Coppi. Il Giro '75 lo vinse invece Fausto Bertoglio, un carneade, praticamente una bella e simpatica meteora del ciclismo nazionale. Moser rimase a casa per protesta, troppe le salite. Merckx non si presentò al via per guai fisici. Per Gibì fu la seconda grande occasione mancata.

Ebbe alcune stagioni brillanti, come il 1980, dove si impose in parecchie classiche del calendario italiano e fu secondo ai Mondiali di Sallanches, unico a resistere caparbiamente alla classe e alla forza di Hinault. Il lombardo detiene anche un piccolo record: vinse ben sei edizioni consecutive del Giro dell'Appennino, dal '77 al 1982. Da segnalare tra le sue novanta vittorie anche due affermazioni al Giro di Lombardia nel 1977 e 1986.

Ma di Gibì rimane impressa nella mente dei tifosi, quest'immagine melanconica di campione incompiuto. Anche quando scattava, la sua smorfia era più dolorosa di quella dei suoi avversari. Per i francesi, spesso ha sbagliato per mancanza di ispirazione. Eppure aveva un grande talento ma si ritrovava come quel pittore che quando aveva i pennelli gli mancavano i colori e viceversa.

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