Valerio Lualdi: «Ero un bel tuttofare...»


Tuttobici Numero 8 - Anno 2008

di Gino Sala

"Ero un tuttofare con qualche giornata di libertà". Così si definisce Valerio Lualdi, nato a Busto Arsizio il 31 agosto del 1951, professionista dal 1973 al 1984, 67 chilogrammi di peso, 1,70 di altezza, 4 vittorie riportate nel Giro di Romagna, nel Giro del Veneto, nella Coppa Ber­nocchi e nella Cuneo-Limonetto, secondo alle spalle di Francesco Moser in un campionato italiano, quinto nella stessa gara quando, trovandosi solo al comando in prossimità del traguardo pensava di avere la vittoria in tasca. Tre volte in maglia azzurra e una carriera dignitosa.

«Anche se il mio impegno a cavallo della bici non era totale. Soggetto a pause e tentennamenti - precisa Valerio che ha ricavato buoni guadagni dall'attività agonistica -. Mi sono fatto una casa e acquistato un paio di negozi, perciò non posso lamentarmi...".

Tempi lontani, compagni di squadra che si chiamavano Gimondi, De Vlaeminck, Saronni, Baronchelli, Battaglin, Bontempi, Visentini, De Muynck, il già citato Moser, un ciclismo che il vecchio cronista ha vissuto a tu per tu coi protagonisti ricavando giornate piene di soddisfazioni. Eh sì: la musica è cambiata in peggio e non mi stancherò mai di dirlo, di in­dossare i panni del passatista. Un lettore mi ha scritto di con­dividere la mia opinione e di sperare in cambiamenti da tanti invocati, ma vedo nero pensando al campionato italiano cui ho assistito, ai 109 ritirati su 165 partenti.

Lualdi precisa che il suo era un ciclismo di fatica, di agonismo da marzo a ottobre, dove il rendimento dei campioni, dei luogotenenti e dei gregari dava sostanza alle corse per l'intero arco della stagione. Dimenticata la buona fatica, siamo alle prese con lo stress di un calendario pazzesco, aggiunge Valerio, e possiamo continuare con la precarietà derivante da una situazione del genere? No e poi no.

Se andiamo indietro nei tempi scopriremo che i pedalatori come Lualdi, pedalatori preziosi per le loro qualità, erano tanti e che oggi sono pochi pur essendo notevolmente aumentato il numero dei tesserati. E qui casca l'asino, pardon, qui si riscontra una quantità a discapito della qualità, troppi ragazzi che entrano nel gruppo dei marpioni senza i mezzi necessari per ben figurare, pochi i dirigenti coscienziosi, pochi i tecnici di valore. 

Chi ha la bontà di leggere le mie critiche e i miei suggerimenti dirà che continuo nei richiami che tendono a portare ordine nel disordine. E se mi ripeto è perché desidero fortemente un cambiamento di rotta. Così non si può continuare.

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