BOB LANIER - Duro e puro


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica
https://www.libreriadellosport.it/libri/old_timers_-_quando_la_nba_era_il_basket.php

Lʼaereo più pazzo del mondo, film caposcuola dellʼondata di cinema demenziale degli anni Ottanta. Il secondo pilota di quellʼaereo, che durante il film passerà attraverso mille vicissitudini per poi ovviamente atterrare rocambolescamente senza fare vittime, era un certo Roger Murdock, riconosciuto da un pestifero bambino, in visita alla cabina di pilotaggio, come Kareem Abdul-Jabbar, centro dei Los Angeles Lakers dal 1975 al 1989. 

Lʼimpertinente ragazzino stuzzica continuamente Kareem (che nega la propria identità), dicendogli che nonostante lui in regular season non desse mai il massimo, era il suo giocatore preferito, al contrario di suo padre, che non lo rispettava perché diceva che in difesa non valeva niente e che si impegnava solo nei playoff. A quel punto Kareem esplode, prende per il bavero il ragazzino e gli sussurra «Col cavolo che non mi impegno! Senti, ragazzino, mi ripetono queste st#*°#*te da quando ero allʼuniversità, ogni sera mi fracassano le palle, e non è divertente, sai? Diʼ a papà che ci provi lui a marcare cristoni grandi e grossi per 48 minuti!». E qui salta fuori la magagna, ovvero la solita cronica carenza di incisività e di esattezza nelle traduzioni dallʼinglese allʼitaliano, peraltro già espressa qualche battuta prima definendo i playoff «partite di eliminazione» e «università» quando Kareem dice «UCLA». E anziché dire lʼequivalente inglese di «cristoni grandi e grossi», in realtà Jabbar cita due suoi acerrimi avversari di quel tempo, ovvero «ci provi lui a marcare Walton e Lanier su e giù per il campo per 48 minuti». 

Bob Lanier, uno dei giocatori più duri visti nella NBA degli anni Settanta e Ottanta. Una delle prime scene “crude” viste in televisione in Italia riguardo lʼasprezza dei contatti NBA fu quella di Bill Laimbeer a terra, mani in faccia, disteso su un fianco, sotto il proprio canestro. Lʼinquadratura cambia, e verso la metà campo un corpaccione in maglia Milwaukee Bucks numero 16 si allontana dal luogo del misfatto snocciolando improperi in direzione del sanguinante e dolorante numero 40 in maglia Pistons. Il corpaccione numero 16 in maglia Bucks è quello di Bob Lanier, giocatore tosto e tignoso, ma fondamentalmente corretto, che aveva appena reagito allʼennesimo colpo sporco e maligno dellʼuomo da Notre Dame. 

Nato il 10 settembre 1948 a Buffalo, nello Stato di New York, Lanier è considerato uno dei più grandi centri nella storia della NBA, un atleta dallʼetica lavorativa impeccabile che pur dovendo convivere con gravi infortuni ha sempre avuto la forza fisica e mentale di dare il massimo, e anche di più, ogni volta che scendeva in campo. 

Alto due metri già a sedici anni, Bob divenne presto la punta di diamante della Bennett High School di Buffalo e nellʼanno da senior portò la squadra al titolo cittadino. I bassi voti al liceo però incisero non poco nella scelta della università. I maggiori college nazionali lo snobbarono e così si accasò al St. Bonaventure, che, a ragione, credette in lui. 

Trovando quella fiducia che pochi altri gli avevano concesso, da sophomore Lanier portò i Bonnies a un record di 22-0 in regular season e al numero 3 del ranking nazionale. Lasciò St. Bonaventure con una meritata laurea in business administration, e con svariati record di ateneo tra cui quelli per punti (2.067) e rimbalzi (1.180). 

NellʼEast Regional del 1970 contro Villanova, Lanier andò incontro al primo dei grandi infortuni della carriera, la rottura dei legamenti di un ginocchio. I Bonnies vinsero 97-74 ma persero Bob, operato, per il resto della stagione. E alle Final Four, senza il suo leader, “Bona” fu sconfitta 91-83 da Jacksonville in semifinale e 73-79 da New Mexico State nella finale per il terzo posto. 

Nonostante le precarie condizioni fisiche e le incognite sul decorso postoperatorio di Lanier, i Detroit Pistons non ebbero dubbi e spesero per lui la prima scelta assoluta al Draft NBA del 1970. Dopo essersi trasferiti a Detroit da Fort Wayne, in 13 stagioni i Pistons non avevano mai avuto una stagione con un record vincente, e lʼoccasione per assicurarsi un big man (208 centimetri per 113 chili) di quelle potenzialità non andava sprecata, anche se durante il Draft lʼex Buffalo era ancora ricoverato in ospedale per lʼoperazione al ginocchio. 

La sua stagione da rookie fu estremamente positiva, giocò tutte le 82 partite e alla media di 15.6 punti e 8.1 rimbalzi per gara, trascinando i Pistons alla loro prima stagione vincente (45-37) grazie soprattutto a un impatto devastante nel gioco dʼarea. Già nella sua seconda stagione (1971-72) Bob diventò il dominatore che fu negli anni successivi, 25.7 punti e 14.2 rimbalzi a partita e la sua prima convocazione per lʼAll-Star Game, di cui vinse il premio di MVP. 

Lanier divenne un punto fermo di Detroit, che raggiungeva con continuità i playoff ma restava unʼeterna incompiuta, sistematicamente eliminata al primo turno. Dal 1974 al 1978 Bob, con almeno 20 punti e 10 rimbalzi di media a stagione, si confermò uno dei centri più dominanti nella lega, sia offensivamente sia difensivamente, sempre in campo allʼAll-Star Game, un modello di applicazione, durezza fisica e mentale e professionalità. 

Lanier infatti era un duro sotto tutti i punti di vista, in campo, in allenamento e nello spogliatoio. Giocava anche infortunato, stringendo i denti e resistendo al dolore, un esempio anche per i compagni di squadra. Leader incontrastato dei Pistons, la sua durezza e decisione non bastavano però a supplire alla carenza di talento di una squadra ruvida e tignosa, ma senza il livello di classe necessario per ambire al titolo NBA. 

Durante la disastrosa stagione 1979-80, con Dick Vitale head coach (e un record finale di 16-66), Lanier si rese conto che nella Motown le speranze di vincere qualcosa erano ridotte al lumicino e chiese di essere ceduto. Si interessarono a lui i Milwaukee Bucks, allora squadra di vertice con Marques Johnson, Sidney Moncrief e Junior Bridgeman a condurre le danze offensive e realizzative, ma bisognosa di un duro e sporco lavoratore dʼarea. Lʼaffare andò in porto, Bob Lanier a Milwaukee in cambio di Kent Benson e una futura prima scelta al Draft. 

Gli infortuni (oltre lʼormai cronico mal di schiena, una frattura alla mano destra, una alla mano sinistra e i reiterati problemi alle ginocchia), il tempo che passava (ai Bucks arrivò già 31enne) e il nuovo ruolo di lavoratore sporco ne diminuirono sensibilmente lʼimpiego e di conseguenza le cifre in punti e rimbalzi, anche se non gli impedirono di diventare rapidamente, anche in Wisconsin, unʼicona del lavoro duro e del giusto atteggiamento mentale. 

Purtroppo per i Bucks, però, in quegli anni lo strapotere dei Boston Celtics e dei Philadelphia 76ers nella Eastern Conference relegavano Milwaukee a comprimaria di lusso nei playoff. I Bucks arrivarono due volte alle Finals della Eastern, ma furono battuti nel 1982-83 dai Sixers e nel 1983-84 dai Celtics. Sconfitta, questʼultima, che incidentalmente pose fine alla carriera di Lanier, che chiuse la sua ultima stagione con medie di tutto rispetto (17.5 punti e 8.2 rimbalzi per gara) per un trentacinquenne ormai prossimo al ritiro. 

Dopo essere stato presidente della Associazione Giocatori e assistant coach di Don Nelson ai Golden State Warriors nel 1995, oggi Bob Lanier, Hall-of-Famer dal 1992, è assistente di David Stern. Ruolo che, per la saggezza e lʼintelligenza di Lanier e la sua esperienza nella lega, risulta di fondamentale importanza per il Commissioner NBA. 


Robert (Bob) Jerry Lanier, Jr. 

Ruolo: centro 
Nato: 10 settembre 1948, Buffalo, New York (USA) 
High school: Bennett (Buffalo, New York) 
Statura e peso: 2,09 m x 115 kg 
College: St. Bonaventure 
Draft NBA: 1ª scelta assoluta 1970 (Detroit Pistons) 
Pro: 1970-1984 
NBA: Detroit Pistons (1970-1980), Milwaukee Bucks (1980-1984) 
Riconoscimenti: 8 NBA All-Star (1972-1975, 1977-1979, 1982), NBA All-Star Game MVP (1974), NBA All-Rookie First Team (1971), J. Walter Kennedy Citizenship Award (1978), Consensus NCAA All-American First Team (1970), Consensus NCAA All-American Second Team (1968), numero 16 ritirato dai Detroit Pistons e dai Milwaukee Bucks 
Cifre NBA: 
punti: 19.248 (20,1 PPG) 
rimbalzi: 9.698 (10,1 RPG) 
stoppate: 1.100 (1,5 BPG) 
Numero: 16 
Da coach: Golden State Warriors (1995) 

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