RALPH SAMPSON - Il più grande potenziale di sempre


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica
https://www.libreriadellosport.it/libri/old_timers_-_quando_la_nba_era_il_basket.php

L’icona del giocatore dalle immense potenzialità su quale gli addetti ai lavori ripongono grandissime aspettative, ma che per motivi fisici e psicologici non è riuscito a fare breccia nella storia “importante” della NBA. Una power forward di 225 centimetri, ecco cosʼera Ralph Sampson nei suoi anni dʼoro a Houston in maglia Rockets. Lui e il nigeriano Akeem Olajuwon erano le Twin Towers, e dominavano. Si nutrivano lʼuno della classe e della potenza dellʼaltro, e per la franchigia biancorossa del Texas si prospettavano grandi soddisfazioni, e anelli NBA, da fare invidia agli eterni rivali Los Angeles Lakers. E invece i Rockets – che pure ci erano andati vicino a cavallo degli anni Settanta-Ottanta con in mezzo allʼarea Moses Malone – per vincerli, quei titoli, hanno dovuto aspettare la metà degli anni Novanta, sempre con Hakeem Olajuwon (che nel frattempo si era aggiunto una “h” davanti al nome), ma senza più Ralph Lee Sampson. 

Nato a Harrisonburg, Virginia, il 7 luglio 1960, già a 17 anni Ralph è alto 2.20 e viene reclutato per essere la punta di diamante della Harrisonburg High School. Accolto con discreto scetticismo, visto che uno spilungone così filiforme poteva benissimo venire spazzato via da giocatori più solidi e più coordinati di lui, Sampson invece mostra subito durezza, coordinazione e soprattutto tecnica sopraffina e gran voglia di imparare. 

Al liceo, nel suo anno da senior Sampson viaggia alla media di 30 punti, 19 rimbalzi e 7 stoppate, nella più classica metafora del gigante tra i bambini. Il giovane Ralph fa parlare di sé in tutto lo stato della Virginia, e le università fanno la fila per assicurargli una confortevole borsa di studio. La spunta la University of Virginia, dove Sampson comincia la sua gloriosa cavalcata verso la NBA. Nessuno poteva fermarlo. 

Non si era mai visto un giocatore così alto, coordinato e tecnico, impossibile da contenere in post basso e più in generale in area, anche se già allora non mancavano detrattori e critiche (con il senno del poi, anche azzeccate). A Sampson non veniva perdonato il fatto di essere un dominatore senza però riuscire a trascinare i Cavaliers a una vittoria importante, a qualcosa di più clutch & crunch. Insomma gli contestavano il fatto di non essere abbastanza leader e di non prendersi troppe responsabilità, presunte mancanze che lo avrebbero accompagnato per tutta la sua carriera. 

Nel suo anno da sophomore i Cavaliers infatti arrivarono sì alle Final Four NCAA del 1981, in programma allo Spectrum di Philadelphia, ma vennero eliminati in semifinale da North Carolina. Considerate le potenzialità della squadra con il più interessante prospetto NBA del decennio, un mezzo fallimento, che non poteva non ricadere sulle larghe spalle di Sampson. 

Nonostante le critiche Ralph nei suoi quattro anni a Virginia fece man bassa di riconoscimenti e trofei individuali. Tre volte College Player of the Year, due volte vincitore del Wooden Award e del Naismith Award, Sampson si apprestava a al grande salto nella NBA con l’ulteriore responsabilità di essere il più importante prospetto della sua generazione. Chiare le parole di Red Auerbach nei suoi confronti: «Ralph Sampson ha la velocità, la scaltrezza e la tecnica per essere il nuovo Bill Russell». 

La stagione da senior di Ralph a Virginia si concluse con 19.1 punti e 11.7 rimbalzi a partita, e come ampiamente pronosticato dagli addetti ai lavori la prima scelta assoluta al Draft NBA del 1983 da parte degli Houston Rockets. I biancorossi del Texas, orfani in mezzo allʼarea di Moses Malone, passato la stagione precedente ai Philadelphia 76ers (con i quali aveva vinto da MVP delle Finali lʼanello NBA), avevano bisogno di un centro e non potevano che puntare su Sampson. 

Nel suo anno da rookie, lʼex Cavalier non delude le aspettative, dimostrando di poter essere un fattore fondamentale anche in una squadra NBA: 21 punti, 11.1 rimbalzi e 2.4 stoppate di media nella sua prima stagione ai Rockets, chiusa con il riconoscimento di Rookie of the Year e un futuro ultra-roseo da dominatore della lega. Quello che Houston chiedeva a Sampson era però anche una decisa leadership della franchigia, di cui sarebbe dovuto di essere lʼuomo-immagine in campo e fuori. Ben presto, però, pur restando il miglior giocatore di Houston, Sampson dimostra una certa fragilità emotiva. 

Qualche quarto periodo da giocatore “invisibile”, qualche errore di troppo nei momenti cruciali, qualche mugugno di troppo dei tifosi al Summit, e la psiche di Ralph che pareva non focalizzata al cento per cento sulla vittoria. I Rockets però anche lʼanno successivo detenevano la prima scelta al Draft, e alla fine della stagione 1983-84 (chiusa con una regular season da 29 vittorie e 53 sconfitte) la utilizzarono, a sorpresa, per un altro dominante giocatore dʼarea, Akeem “The Dream” Olajuwon, centro nigeriano della University of Houston. Scelta che ai più sembrava scellerata, ma che invece, vista con gli occhi di oggi, era ventʼanni avanti ai tempi: i Rockets lasciarono nel ruolo di centro Olajuwon e fecero di Ralph Sampson un’ala forte, ruolo più adatto alle caratteristiche tecniche e fisiche dell’ex Virginia. 

La mossa che appariva scellerata si rivelò quindi, perlomeno allʼinizio, vincente. Al secondo anno ai Rockets, Sampson fu meraviglioso. Giocate estasianti, una padronanza tecnica e fisica mai vista prima in un corpo così difficile da controllare e statistiche persino migliori di quelle da matricola: 22.1 punti, 10.4 rimbalzi, 2.7 assist e 2 stoppate per gara. E indimenticabili highlights fissati nella memoria dei suoi fans, come un coast-to-coast in palleggio con giochino dietro la schiena e schiacciata finale. 

La consacrazione della stella Sampson arrivò allʼAll-Star Game, che Ralph dominò da MVP con 24 punti e 10 rimbalzi. Grazie alle “Twin Towers”, e con un record di 48 vinte e 34 perse, i Rockets tornarono ai playoff. Lʼanno successivo, stagione 1985-86, vinsero la Midwest Division, proponendosi nella Western Conference come la più quotata avversaria ai Los Angeles Lakers, campioni NBA lʼanno precedente. Eliminato 3-0 i Sacramento Kings e 4-2 i Denver Nuggets, i Rockets raggiunsero le Western Conference Finals contro i Lakers, e li annichilirono. 

In Gara5, il 21 maggio al Forum di Inglewood, con i Rockets avanti 3-1 nella serie, a un secondo dalla fine, le squadre erano sul 112-pari. Rimessa da centrocampo per Houston, la palla arrivò al gomito sinistro a Sampson, che con un movimento da alzatore di pallavolo lanciò la palla verso il canestro. Un paio di rimbalzi sul ferro e la palla si insaccò. Forum ammutolito, i Rockets vinsero la serie 4-1 e poi persero 4-2 la Finale contro i Celtics. 

Lʼapice della carriera di Ralph Sampson fu quello. Sembrava lʼinizio di una scintillante carriera delle Twin Towers ai Rockets, ma solo una delle due, Akeem Olajuwon, fu un fattore nel futuro dei Rockets, che The Dream trascinò al titolo NBA nel 1994 e nel 1995, quando Sampson si era già ritirato da tempo. 

Ralph giocò unʼaltra buona stagione a Houston (1986-87), ma gravi problemi alle ginocchia gli fecero perdere decine di partite e la fiducia in se stesso. Ceduto ai Golden State Warriors nel 1988, ai Sacramento Kings nel 1989 e ai Washington Bullets nel 1991, giocò appena 170 partite in cinque stagioni, risultando sempre lʼombra di quello che era stato all’inizio della sua permanenza ai Rockets, prima di ritirarsi, nel 1992. Peccato, le sue immagini di quegli anni ancora oggi sono impressionanti. 


Ralph Lee Sampson, Jr. 

Ruolo: centro/ala forte 
Nato:7 luglio 1960, Harrisonburg, Virginia (USA) 
High school: Harrisonburg 
Statura e peso: 2,22 m x 103 kg 
College: Virginia (1979-1983) 
Draft NBA: 1º giro, 1ª scelta assoluta 1983 (Houston Rockets) 
Pro: 1983-1995 
Carriera: Houston Rockets (1983-1987), Golden State Warriors (1987-1989), Sacramento Kings (1989-1990), Washington Bullets (1991), Unicaja Ronda (Spagna, 1992), Rockford Lightning (CBA, 1994-95) 
Palmarès: oro Giochi Panamericani San Juan 1979 (USA) 
Riconoscimenti: 4 NBA All-Star (1984-1987), NBA All-Star Game MVP (1985), NBA Rookie of the Year (1984), All-NBA Second Team (1985), NBA All-Rookie First Team (1984), 3 Naismith College Player of the Year (1981, 1982, 1983), 2 John R. Wooden Award (1982, 1983), 3 USBWA Player of the Year (1981, 1982, 1983), 3 Adolph Rupp Trophy (1981, 1982, 1983), 2 NABC Player of the Year (1982, 1983), 3 AP Player of the Year (1981, 1982, 1983), 3 UPI Player of the Year (1981, 1982, 1983), Sporting News Player of the Year (1983), 3 ACC Player of the Year (1981, 1982, 1983), 3 Consensus NCAA All-American First Team (1981, 1982, 1983), Naismith Memorial Basketball Hall of Fame (dal 2012) 
Cifre NBA: 
punti: 7.039 (15,4 PPG) 
rimbalzi: 4.011 (8,8 RPG) 
assist: 1.038 (2,3 APG) 
Numero: 50 
Da coach: Richmond Rhythm (IBL, 1999-2000) 

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