KEVIN JOHNSON - The Mayor
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
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Quando si parla di Anthony “Spud” Webb (1,68), di Tyrone “Muggsy” Bogues (1,58) o di Earl Boykins (1,63), ci si meraviglia di quanto abbiano fatto nella NBA pur avendo un potenziale fisico ridotto e una statura, per il basket, ridicola. Forse un gradino sopra questi giocatori cʼè, nel basket del terzo millennio, Nate Robinson, un altro piccoletto (1,73) ma con una marcia in più, a livello fisico e di comprensione del gioco.
Uno appena più alto di Webb, Bogues, Boykins e Robinson, ma anche lui di una tipologia fisica apparentemente destinata a soccombere in una lega sempre più votata allʼesasperazione delle prestazioni fisiche, è riuscito, per un periodo relativamente breve ma di grande effetto, a dominare nella NBA. Questʼuomo è Kevin Johnson, tornato alla ribalta per essere diventato sindaco di Sacramento, sua città natale, nonché primo sindaco afro-americano della capitale californiana.
Nato il 4 marzo 1966, Johnson è stato uno degli artefici dellʼepoca dʼoro dei Phoenix Suns di inizio anni Novanta. Quelli che da Philadelphia fecero arrivare Charles Barkley nella speranza di trovare un leader che li portasse a superare i Chicago Bulls di sua maestà Michael Jordan, cosa però, purtroppo per la franchigia dellʼArizona, mai avvenuta.
Come Jason Kidd, altro grandissimo playmaker del nord della California, anche KJ si mette in luce nella University of California, dove la sua grandissima velocità e le sue qualità di passatore ne fanno un interessante prospetto da Draft NBA. Pur essendo anche un grande giocatore di baseball (disputò scampoli di stagione nelle Minor Leagues, nellʼorganizzazione degli Oakland Athletics), con le sue prestazioni in canotta Golden Bears appare subito chiaro che il suo futuro di Johnson era nello sport con il pallone, non con la pallina.
Kevin è il primo giocatore nella storia della Pac-10 a realizzare una tripla-doppia, viene nominato nel First Team di conference nelle sue ultime due stagioni e chiuse quella da senior a 17.2 punti e 5 assist di media, dimostrandosi pronto per il grande salto. Al Draft NBA del 1987 – quello di David Robinson, Scottie Pippen, Mark Jackson, Reggie Miller e alcuni dei primi giocatori “internazionali” come il portoricano José Ortiz, Theofanis Christodoulou (il Charles Barkley greco) e soprattutto il lituano Sarunas Marciulonis – Johnson è la settima chiamata. Lo scelgono i Cleveland Cavaliers, che cercavano un piccolo da affiancare, o da sostituire venendo dalla panchina, lʼastro nascente Mark Price.
Lʼesponenziale crescita di rendimento di Price, playmaker al secondo anno nella lega, nella stagione 1987-88 porta il front office (come spesso è capitato nella storia dei Cavs) a una scelta che si rivelerà sbagliata. Il 28 febbraio 1988 la franchigia dellʼOhio cede ai Phoenix Suns il rookie Johnson, Tyron Corbin e Mark West in cambio di Larry Nance e Mike Sanders.
Nello scambio i Suns ricevono anche la prima scelta dei Cavs al successivo Draft NBA, che nellʼestate 1988 si materializza, con la 14ª pick, nel tiratore Dan Majerle. E così mentre i Suns pongono le basi per un roster di altissimo livello, i Cavaliers ancora una volta restano con un pugno di mosche. Johnson infatti si trova subito in mano la regia della squadra, e migliora sensibilmente le proprie cifre: dai 7.3 punti di media da rookie a Cleveland ai 12.6 punti conditi da 8.7 assist per gara da sophomore a Phoenix.
Nella stagione successiva la sua crescita è mastodontica, e Kevin si conferma come uomo squadra dei nuovi Suns. Con il suo gioco in velocità coach Cotton Fitzsimmons trasforma Phoenix in una squadra vincente, capace di fare anche dei grandi playoff e di arrivare fino alla Western Conference Finals, persa contro i lanciatissimi Lakers dello Showtime. In squadra con Tom Chambers, Eddie Johnson, Armen Gilliam e Jeff Hornacek, KJ gioca una delle sue annate più memorabili a livello di cifre, chiusa come uno dei tre giocatori nella storia NBA a finire la stagione a oltre 20 punti (20.4) e 12 assist (12.2) di media. Gli altri due? Isaiah Thomas e Magic Johnson.
Confermando la sua esponenziale crescita nel deserto dell’Arizona, KJ sembra quindi sulla strada giusta per diventare un ottimo giocatore e una colonna portante dei Suns che stavano per costruirsi, con l’ambizione di lottare per il titolo NBA. Dopo aver raggiunto le Western Finals l’anno prima (sconfitti 4-0 dai Lakers, asfaltati poi in finale dai Pistons), nella stagione 1989-90 i Suns arrivano ancora a un passo dalla Finale NBA, ma stavolta vengono battuti 4-2 dai Portland Trail Blazers. Con quella sconfitta appare chiaro che con lo stile di gioco di coach Lowell “Cotton” Fitzsimmons (114.9 punti segnati e ben 107.8 subiti a partita), soprattutto ai playoff, oltre un certo punto non si può andare.
KJ intanto è sempre più sensazionale: 22.5 punti e 11.4 assist di media in stagione per quello che resta uno dei punti fermi della squadra, alla quale però manca la stella capace di risolvere le partite nei momenti-clutch della gara. Dopo altre due ottime stagioni, chiuse però con inopinate eliminazioni ai playoff, nel 1992 finalmente a Phoenix arriva, da Philadelphia, la tanto sospirata superstar, Charles Barkley, che da anni si lamentava dello scarso spessore dei Sixers e della sua impossibilità di lottare per l’anello di campione NBA. Sir Charles era certo che, se da qualche altra parte gliene fosse stata data l’occasione, lui non avrebbe mancato di trascinare la squadra al titolo.
L’occasione gliela concedono i Suns più forti di sempre, ma nonostante le premesse, la superstar che parla trascina Phoenix in finale nel 1993, ma i Suns la perdono 4-2 contro i Chicago Bulls del primo Three-peat. Quella è una stagione “maledetta” per Johnson, che in preseason a ottobre cercò di sollevare l’obesissimo compagno di squadra Oliver Miller, uno scherzo che gli costa i gravi problemi di ernia che lo tormenteranno per il resto della carriera e gli faranno saltare decine di partite fino al 1998.
Nei primi anni novanta però KJ era stato fenomenale. La sua velocità, unita alle doti di passatore e alla sua durezza mentale erano un marchio di fabbrica di quei Suns, un simbolo anche più delle giocate di Charles Barkley. Memorabile la sua schiacciata nel traffico in faccia a Hakeem Olajuwon degli Houston Rockets nelle Western Semifinals: a due minuti dalla fine, KJ si prende la linea di fondo e posterizza “The Dream”, prova di forza e di carattere di uno dei più grandi e sottovalutati playmaker del decennio.
Uno dei tre giocatori nella storia NBA (assieme a Isaiah Thomas e Magic Johnson) con almeno 20 punti e 10 assist di media per tre stagioni consecutive. E l'unico con Magic Johnson capace di andare oltre i 20 punti e 10 assist a partita tirando con oltre il 50% su azione. Cifre astronomiche per un giocatore spesso sottovalutato dai media e dal rendimento troppo condizionato dagli infortuni.
Eletto sindaco di Sacramento nel 2008, e rieletto nel 2012, Kevin Johnson è un primo cittadino che ha particolarmente a cuore le minoranze e i problemi dei bassifondi e cerca di essere il sindaco di tutti, non solo delle lobbies che fanno circolare i soldi in città. KJ, un grande giocatore e un grande uomo.
Kevin Maurice Johnson
Ruolo: point guard
Nato: 4 marzo 1966, Sacramento, California (USA)
High school: Sacramento
Statura e peso: 1,84 m x 80 kg
College: California (1983-1987)
Draft NBA: 1º giro, 7ª scelta assoluta (Cleveland Cavaliers, 1987)
Pro: 1987-2000
NBA: Cleveland Cavaliers (1987-88), Phoenix Suns (1988-2000)
Palmarès in nazionale USA: oro Mondiali Canada 1994
Riconoscimenti: 3 NBA All-Star (1990, 1991, 1994), NBA Most Improved Player (1989), 4 All-NBA Second Team (1989, 1990, 1991, 1994), All-NBA Third Team (1992), J. Walter Kennedy Citizenship Award (1991), numero 7 ritirato dai Phoenix Suns
Cifre NBA:
punti: 13.127 (17,9 PPG)
assist: 6.711 (9,1 APG)
recuperi: 1.082 (1,5 SPG)
Numeri: 11, 7
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