DAN ROUNDFIELD - Weʼll Miss You, "Doctor Rounds"
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
La maglia di quegli Atlanta Hawks, quelli di Dan Roundfield all’apice della sua carriera, era spettacolare. Chissà perché il ricordo di chi scrive va a quella canotta, da trasferta, rosso acceso con il numero giallo e la scritta «Hawks» rossa, il nome della squadra davanti e quello sulla schiena obliquo, chissà perché quel ricordo si materializza proprio con i capelli che cominciavano a tendere al bianco di una intensa, verticalista e talentuosa power forward di nome Danny Thomas Roundfield.
Nato nel 1953 a Detroit, Michigan, 2.03 di esplosività, Roundfield era un lottatore d’area, grande saltatore, poteva difendere con efficacia su qualsiasi giocatore delle front court avversarie, ed era capace di dare un solido contributo anche in attacco. La nomea di realizzatore Roundfield non ce l’ha mai avuta, anche se è la sua prolificità offensiva ha spesso aiutato le sue squadre a sbrogliare matasse stagionali piene di problemi realizzativi.
Roundfield si può definire un “detroitiano di ferro”, perché per un afro-americano crescere a Detroit negli anni Sessanta, nonostante il grande sviluppo industriale, non è certo facile.
Star alla Chadsey High, dove si contraddistingue subito per devastanti schiacciate (e viene soprannominato “Doctor Rounds”, perché le movenze e le mani gigantesche – già da adolescente – ricordano quelle di Julius “Doctor J” Erving), Danny Thomas accetta la borsa di studio della vicina Central Michigan University, situata a Mount Pleasant, 250 chilometri a nord di Detroit, rimanendo così nello stato del Michigan.
Con i Chippawas, Dan ottiene ottimi risultati individuali, due volte All-American e una volta Player of the Year della Mid American Conference, guadagnandosi così, dopo i suoi quattro anni universitari, unʼottima fama tra gli scout NBA e ABA.
Nel 1975 quindi Roundfield è disponibile ad essere scelto dalle due leghe professionistiche, di cui una, la ABA, si appresta a vivere la sua ultima stagione. Al Draft NBA, Dan viene chiamato al secondo giro, con la 28ª pick assoluta, dai Cleveland Cavaliers, mentre al Draft ABA gli Indiana Pacers ne fanno la prima scelta assoluta.
Nota a margine, in quel Draft ABA – oltre ai giocatori importanti anche per la NBA come David Thompson (prima chiamata assoluta della NBA), Gus Williams (7), Lonnie Shelton (3), John Lucas (4) e Mark Olberding (5) e nientemeno che Robert Parish (46!) – si notano nomi di culto del campionato italiano: al secondo giro Charles Jordan (12), ex Fortitudo Bologna e Ferrara, nonché futuro compagno di squadra di Roundfield ai Pacers; George Bucci (15), ex Siena e Fortitudo; al terzo giro Leon Douglas (27), altro ex Fortitudo; Rudy Hackett (30), papà dellʼazzurro Daniel ed ex Reggio Emilia e Pesaro; e addirittura al quinto giro CJ Kupec (49), ex Milano, Cantù, Bergamo, Reggio Calabria, Siena e Cremona.
Insomma quel Draft ABA, l’ultimo della storia, oltre ad aver consegnato alla leggenda Dan Roundfield alla chiamata numero uno, ha consegnato anche parecchi pezzi di storia del nostro basket.
Nonostante sia palese a tutti che la ABA ha perso la partita contro la NBA, più famosa, seguita e appetibile per pubblico e giocatori, Roundfield sceglie di giocare la sua prima stagione professionistica, 1975-76, nella ABA con gli Indiana Pacers, squadra che si dimostra comunque solida e ben gestita e che, lʼanno dopo, verrà assorbita dalla NBA.
La prima stagione di “Doctor Rounds” alla corte dei Pacers e di coach Bobby “Slick” Leonard non è entusiasmante: 11.4 minuti di impiego e 5.1 punti di media a partita, cifre minori addirittura del Charles Jordan di emiliana memoria, nella mesta stagione conclusasi per Indiana con una regular season da 39 vinte e 45 perse e l’eliminazione al primo turno di playoff contro i Kentucky Colonels di Artis Gilmore, Mo Lucas e Jan Van Breda Kolff, guidati dal 42enne coach Hubie Brown.
In una recente intervista Roundfield, ricordando i tempi della ABA, ha detto una cosa simpatica: «Dicevano tutti che nella ABA non si difendeva. Non era del tutto vero, eravamo abituati a difendere forte per 10-12 secondi al massimo, perché quelli erano i ritmi di quelle partite, nessuno giocava mai a metà campo o teneva la palla fino allo scadere dei 24 secondi, quindi il nostro standard era: difendi forte per qualche secondo, anche perché poi gli altri tirano subito!».
Archiviata la ABA, i Pacers vennero ammessi alla NBA insieme con Denver Nuggets, New York Nets e San Antonio Spurs, e come per magia, i numeri di Roundfield, al suo primo anno di National Basketball Association, si impennarono: 13.9 punti, 8.5 rimbalzi, 2.1 stoppate in 27ʼ di media a partita, unʼautentica breakout season per Dan, nonostante la stagione ancora perdente per i Pacers (36 vinte e 46 perse).
La stagione successiva, 1977-78, fu moderatamente positiva per Roundfield, che ancora in maglia Pacers vide attestarsi le sue cifre più o meno su quelle dellʼannata precedente, 13.4 punti, 10.2 rimbalzi e 1.9 stoppate a partita, in una stagione ancora deficitaria per i Pacers, nonostante l’arrivo a Indianapolis delle giovani e future star Adrian Dantley e James Edwards.
Durante la off-season Roundfield viene ceduto agli Atlanta Hawks di Hubie Brown, che trova subito come motivare e far rendere al massimo Roundfield, che si è rivelato, nelle tre precedenti stagioni nellʼIndiana, un giocatore di grande attitudine difensiva, fisicità e voglia di far bene e di migliorare.
Nella stagione 1978-79 Roundfield, assieme al giovane centro stoppatore Tree Rollins da Clemson, formano una front line di primo piano nella NBA. Insieme, in quella stagione, combinano per 5.3 stoppate a partita, con Doctor Rounds che aggiunge alla causa Hawks una media di 15.3 punti e 10.8 rimbalzi a partita. Atlanta chiude con 46 vinte e 36 perse, si qualifica per i playoff, dove elimina al primo turno gli Houston Rockets di Moses Malone e Rick Barry e vende cara la pelle contro i Washington Bullets di coach Dick Motta, soccombendo solo dopo sette combattutissime partite.
Le tre stagioni successive sono l’apice della carriera NBA di Dan, che viene selezionato per tre All-Star Game (1981, 1982 e 1983) e diviene una delle colonne degli Hawks.
Durante l’All-Star Game del 1980 al Capital Centre di Washington, Roundfield, con 18 punti e 13 rimbalzi in 27ʼ di impiego uscendo dalla panchina, impressionò tutti trascinando l’East alla vittoria per 144-136 all’overtime. Una prestazione non coronata dal premio di MVP solo per via della mostruosa performance di George “Iceman” Gervin, che realizzò 34 punti. Dopo quella gara Moses Malone dichiarò che Dan Roundfield sarebbe stato il suo compagno di squadra ideale, per attitudine, intensità, voglia di sacrificio e talento.
Gli Hawks in quella stagione 1979-80 totalizzarono 50 vittorie, ma vennero eliminati al primo turno dagli esplosivi Philadelphia 76ers, che poi persero contro i Los Angeles Lakers la finale della storica impresa di Magic Johnson, che giocò Gara6 da centro al posto di Kareem Abdul-Jabbar, infortunato.
Nel 1981 gli Hawks ebbero una stagione perdente (31 vinte e 51 perse) e ci fu l’addio di coach Hubie Brown. Nel 1982, sotto Kevin Loughery, ritrovarono la verve, arrivando ancora ai playoff (42-40 il record in regular season) ma venendo di nuovo sconfitti dai Sixers al primo turno.
In quelle tre stagioni da All-Star, Roundfield viaggiò a una media di oltre 18 punti e 10 rimbalzi a partita, confermandosi uno dei giocatori più fisici e più intensi dell’intera NBA.
Anche dopo l’arrivo di Dominique Wilkins agli Hawks, nell’estate del 1982, Roundfield ebbe due buone stagioni, rimanendo sui 19 punti e 10 rimbalzi di media a partita, ma nell’estate del 1984 venne ceduto ai Detroit Pistons, la squadra della sua città. Ormai 31enne, Roundfield vide diminuire il suo minutaggio e le sue cifre, pur rimanendo però un ottimo giocatore, in grado di dare minuti di qualità e intensità.
Nella stagione successiva Roundfield venne ceduto ai Washington Bullets, dove giocò altre due stagioni prima di svernare nel 1987-88 a Torino e ritirarsi, a 33 anni, in una forse troppo veloce parabola discendente. Fisicamente alla frutta (i tifosi della Auxilium lo chiamavamo “la mummia" perché teneva insieme le articolazioni con unʼimpressionante quantità di bendaggi”), era pur sempre un grande giocatore, dallʼintelligenza cestistica superiore.
In una recente intervista, Dan aveva dichiarato che il giocatore in cui più rivedeva se stesso, tra quelli di nuova generazione, era Amar’e Stoudemire, anche se Amar’e, parole sue, è molto più forte. Il rammarico per Roundfield poteva essere quello di non avere mai giocato in una vera contender per il titolo. Le sue erano sempre state buone squadre, anche da playoff, ma mai con serie velleità di successo. Una power forward così dedita e atletica difensivamente, capace di essere protagonista pure in attacco, avrebbe potuto essere una spalla ideale per una vera superstar, anche in tempi recenti.
Poi, il 7 agosto 2012, la tragedia. Dan, nel tentativo (peraltro riuscito) di salvare la moglie Bernie dalle impervie acque di Baby Beach ad Aruba, muore annegato, lasciando un enorme vuoto nei cuori dei tifosi di basket di tutto il mondo.
Danny (Dan) Thomas Roundfield
Ruolo: ala forte
Nato: 26 maggio 1953, Detroit, Michigan (USA); deceduto: 6 agosto 2012, Aruba (Antille olandesi)
High school: Chadsey (Detroit, Michigan)
Statura e peso: 2,02 m x 92 kg
College: Central Michigan (1971-1975)
Draft NBA: 2º giro, 28ª scelta assoluta 1975 (Cleveland Cavaliers)
Pro: 1975-1988
Carriera: Indiana Pacers (ABA 1975-76, NBA 1976-1978), Atlanta Hawks (1978-1984), Detroit Pistons (1984–1985), Washington Bullets (1985-1987), Auxilium Torino (Italia, 1987-88)
Riconoscimenti: 3 NBA All-Star (1980, 1981, 1982), All-NBA Second Team (1980), 3 NBA All-Defensive First Team (1980, 1982–1983), 2 NBA All-Defensive Second Team (1981, 1984), MAC Player of the Year (1975)
Cifre nella ABA/NBA:
punti: 11.657 (14.3 PPG)
rimbalzi: 7.502 (6.1 RPG)
stoppate: 1.160 (1,4 BPG)
Numeri: 32, 5
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