KURT RAMBIS - La rivincita del nerd
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
Kyriakos Rambidis era la giovane e vigorosa ala forte americana (anche se con cittadinanza greca) dell’AEK Atene in quella memorabile stagione 1980-81, quando i gialloneri vinsero la loro prima Coppa di Grecia, battendo 84-78 l’Iraklis Salonicco alla vecchia e storica Glyfada Indoor di Atene.
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
Kyriakos Rambidis era la giovane e vigorosa ala forte americana (anche se con cittadinanza greca) dell’AEK Atene in quella memorabile stagione 1980-81, quando i gialloneri vinsero la loro prima Coppa di Grecia, battendo 84-78 l’Iraklis Salonicco alla vecchia e storica Glyfada Indoor di Atene.
Nato nel 1958 a Terre Haute, Indiana, la storia del giovane Kyriakos e della sua famiglia è comune a quella di migliaia di famiglie di migranti europei del XX secolo: arrivo negli Stati Uniti un paio di generazioni prima, alla ricerca di fortuna, e paziente e meticolosa costruzione di qualcosa di buono nella vita, attività commerciale, famiglia e un minimo di sicurezza per il futuro.
Trasferitosi a Cupertino, California, ancor prima di cominciare a frequentare la scuola, e sviluppando notevoli doti fisiche tali da scegliere la pallacanestro, Kurt Rambis (questo il suo vero nome, che lo ha accompagnato per tutta la carriera, a parte la parentesi ellenica del 1981 vissuta con lo pseudonimo di cui sopra) si fece notare alla Cupertino High per la intensità e la dedizione, guadagnandosi una borsa di studio per il basket alla vicina Santa Clara University, anno domini 1976.
Per Rambis a Santa Clara furono quattro anni di college ricchi di soddisfazioni individuali, Freshman of the Year, Player of the Year della West Coast Conference nellʼanno da senior, e parecchi occhi di scout NBA puntati su di lui e sulla sua naturale tendenza a farsi carico del lavoro sporco della squadra, pur essendo anche un grande realizzatore, con 1.736 punti segnati nei suoi quattro anni di permanenza.
Nonostante le rosee premesse, venne snobbato al Draft NBA 1980, con le squadre che arrivarono al terzo giro di chiamate prima di nominarlo. Prima di lui, ovviamente, gente che poi ha fatto la storia della NBA come Kevin McHale (al numero 3), Andrew Toney (8) o Kiki Vandeweghe (11), ma anche giocatori che mai vi hanno messo piede come David Lawrence (32), il “nostro” Roosevelt Bouie (34) e Monti Davis (21), scelto al primo giro dai Sixers e in campo solo in due partite per un totale di dieci minuti e tre punti. O come l’ormai famoso “Big Mistake”, James Ray, scelto con la chiamata numero 5 dai Denver Nuggets e protagonista di una non proprio sfavillante carriera NBA.
Furono i Knicks a scegliere Rambis, con la pick 58, per poi tagliarlo prima della stagione 1980-81, costringendolo così a portare oltreoceano la sua intensità, con la casacca, appunto, dell’AEK.
Nell’estate successiva Rambis tornò ai Knicks, e ancora una volta venne tagliato, prima di trovare un posto nel roster dei Los Angeles Lakers. Dopo 11 partite nella stagione 1981-82 il coach Paul Westhead lasciò l’incarico al giovane assistente Pat Riley, che, dopo un periodo relativamente corto di assestamento, nonostante la totale inesperienza alla guida di una delle più importanti squadre della lega, portò i Lakers alla vittoria del titolo NBA battendo 4-2 in finale i Philadelphia 76ers.
In squadra cʼerano Kareem Abdul-Jabbar, Magic Johnson, Jamaal Wilkes, Bob McAdoo, Norm Nixon e Michael Cooper, grandissimi campioni, ancora una volta vincenti. E qual è il ruolo di Rambis in quel contesto? Il guardiano, un intenso, duro e granitico poliziotto che scorta i grandi campioni sul parquet, veglia su di loro e se qualcuno si dimostra troppo duro nei loro confronti, lui subentra e risolve le questioni.
Ben presto a Los Angeles scatta la Rambis-mania, il contrasto tra il fisico (rigorosamente senza tatuaggi) possente e poderoso e quegli occhialini da nerd era la prima cosa che saltava agli occhi guardando la caucasica power forward dei Lakers, quelli dello Showtime, ormai abusata espressione a cui tutti sono abituati quando si parla dei gialloviola degli anni Ottanta.
In effetti se c’era un giocatore che apparentemente stonava in quella perfetta macchina da pallacanestro era proprio il numero 31, un giocatore di poco talento e tanto cuore, uno di quelli di cui, magari controvoglia, hai bisogno per vincere le partite, per dimostrare che sì, anche in mezzo a grandi e talentuosi campioni ci può e ci deve stare uno che fa il lavoro sporco.
Tutto questo, e molto, molto di più, era diventato in pochi mesi Rambis per i Los Angeles Lakers, tutto grazie al suo sapersi adattare al ruolo, al suo spirito di dedizione e alla voglia di “osare” di coach Riley, alla ricerca di qualcuno di estremamente duro e fisico per proteggere l’area gialloviola.
“Appena” 4.6 punti e 5.4 rimbalzi a partita da rookie, ma l’importanza strategica della sua presenza in campo è subito chiara a tutti, il meccanismo perfetto dello Showtime non può prescindere dal lavoro sporco di Rambis.
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
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Nella stagione 1982-83 i Lakers raggiungono ancora la finale, ma vengono cappottati 4-0 dai Philadelphia 76ers del nuovo arrivato Moses Malone. Rambis incrementa le proprie cifre e totalizza una media di 7.5 punti e 6.8 rimbalzi a partita. Los Angeles arriva ancora una volta in finale, e ancora una volta viene sconfitta, stavolta dai Boston Celtics, nella stagione successiva, che per Rambis è durata soltanto 47 partite di regular season e con un impiego moderato a causa di un infortunio.
Ai playoff invece ci arriva in piena forma, giusto in tempo per essere atterrato in contropiede dal celebre lazo californiano di Kevin McHale, in uno dei più classici episodi caratterizzanti la rivalità tra i Celtics e i Lakers. Come detto furono gli uomini di coach K.C. Jones a prevalere per 4-3 in quel 1984, ma nella stagione successiva la truppa di Pat Riley si prese la rivincita sui biancoverdi, aggiudicandosi le Finals per 4-2.
Ormai il meccanismo dei Lakers era perfetto, e il ruolo di Rambis al suo interno era fondamentale. Nonostante lʼintensità difensiva e a rimbalzo, Kurt riusciva anche a ritagliarsi uno spazio importante in attacco, evidentemente “battezzato” dalle difese avversarie (facile esserlo, in squadra con Magic, Abdul-Jabbar, Bob McAdoo, Jamaal Wilkes e l’astro nascente da North Carolina, James Worthy) e quindi capace di mantenere sempre alta la percentuale dal campo.
Dopo la sconfitta nella Western Conference Finals nel 1985-86 contro gli Houston Rockets (poi sconfitti 4-2 dai Celtics in finale), i Lakers sembravano ormai logori, con Kareem alla soglia dei quarant’anni e un proibitivo chilometraggio ad alto livello per Magic, ma invece, ecco arrivare i due ultimi capolavori di coach Riley, il titolo NBA nel 1986-87 su Boston e nel 1987-88 ai danni dei Detroit Pistons.
Soprattutto il titolo del 1987 è stato vinto grazie al duro lavoro sottocanestro di Rambis. Con Abdul-Jabbar che ormai si concentrava solo sulla fase offensiva, toccava all’uomo da Santa Clara pattugliare l’area, anche in virtù del fatto che James Worthy non amava giocare molto sotto i tabelloni, e che il futuro erede di Rambis in mezzo all’area, l’allora rookie AC Green, aveva ancora con poca esperienza a quel livello.
Nell’estate del 1988 Rambis fu messo a disposizione dell’Expansion Draft per la neonata franchigia degli Charlotte Hornets, e da quel momento la parte finale della sua carriera NBA lo vide transitare a Charlotte, a Phoenix e a Sacramento, prima di tornare ai Lakers, nel 1994 e nel 1995, per le sue ultime due stagioni NBA, una sorta di happening dʼaddio per un giocatore tanto poco appariscente quanto amato dai tifosi dei Lakers.
I numeri della sua carriera sono 4.603 punti e 4.961 rimbalzi, cifre che esprimono forse solo in minima parte il suo impatto sul gioco, soprattutto al massimo livello.
Dopo aver smesso le sneakers, Rambis ha allenato qualche anno nella NBA con alterne fortune, l’ultima (non particolarmente brillante, in totale 32 vinte e 132 perse) ai Minnesota Timberwolves dal 2009 al 2011, successore peraltro del suo storico rivale Kevin McHale. Quello del lazo californiano.
A noi però piace ricordarlo con gli occhialini da nerd e con il numero 31 dei Lakers, che sgomita con McHale e che prende posizione sottocanestro.
Darrell Kurt Rambis
Ruolo: ala
Nato: 25 febbraio 1958, Terre Haute, Indiana (USA)
High school: Cupertino
Statura e peso: 2,02 m x 96 kg
College: Santa Clara (1976-1980)
Draft NBA: 3º giro, 58ª scelta assoluta 1980 (New York Knicks)
Pro: 1980-1995
Carriera: AEK Atene (Grecia, 1980-81), Los Angeles Lakers (1981-1988), Charlotte Hornets (1988-89), Phoenix Suns (1989-1992), Sacramento Kings (1992-93), Los Angeles Lakers (1993-1995)
Palmarès: 4 titoli NBA (1982, 1985, 1987, 1988)
Cifre NBA:
punti: 4.603 (5,2 PPG)
rimbalzi: 4.961 (5,6 RPG)
assist: 931 (1,1 APG)
Numeri: 31, 30, 18
Da coach: Los Angeles Lakers (1999), Minnesota Timberwolves (2009-2011)
Riconoscimenti: WCC Player of the Year (1980)
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