JACK SIKMA - Centro di gravità... permanente


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica
https://www.libreriadellosport.it/libri/old_timers_-_quando_la_nba_era_il_basket.php

In ogni settore, in qualsiasi campo della vita, cʼè sempre qualcuno che viene considerato avanti ai tempi, che in un determinato momento storico fa e crea cose che ai più appaiono strane o di difficile comprensione e che, in un futuro più o meno prossimo, si rivelano poi essere la strada giusta. Quindi, come Galileo Galilei ha sensazionalmente scoperto che era la Terra a muoversi attorno al sole e come i Clash hanno inventato il crossover e il meticciato apparentemente impossibile tra punk e reggae, Jack Wayne Sikma è stato il primo centro NBA corpulento e rimbalzista a essere un buonissimo tiratore da fuori e ad avere spaventose percentuali ai tiri liberi. 

Nato il 14 novembre 1955 a Kankankee, Illinois, ridente cittadina a sud di Chicago sulla Interstate 57 che scende fino a Memphis, Jack Sikma è il classico ragazzone bianco, timido e poco disinvolto, che alla high school (la Saint Anne HS) viene “messo” a giocare a basket solamente perché molto alto. 

Invece Sikma è un ragazzo ricettivo, sembra – a detta di chi ne fu testimone – un giovane vichingo in missione su un campo di basket. Lotta, segna, prende rimbalzi, diventa uno dei migliori giocatori dello stato dellʼIllinois, e comincia ad attirare su di sé le attenzioni dei reclutatori di piccoli e grandi college. Pare estremamente avviata la trattativa con University of Illinois, ma invece, a sorpresa, Sikma sceglie Illinois Wesleyan, piccolo college di Division III a Bloomington, 150 chilometri a sud-ovest della sua Kankankee, e praticamente senza alcun giocatore di rilievo mai uscito da quellʼateneo. 

Lʼallora coach dei Titans, Dennie Bridges, è il vero artefice del reclutamento di Sikma, strappato ai gloriosi Fighting Illini della University of Illinois, che ha sede a Urbana-Champaign. Parlandogli francamente, senza false promesse, coach Bridges dice al giovane vichingo che ne avrebbe fatto, fin dal suo anno da freshman, il leader della squadra, e che nonostante lo status di Division III i Titans avrebbero comunque disputato un buon numero di partite contro squadre di Division I, e alla fine lo convince. 

Come moltissimi coach di college americani delle divisioni minori (un autentico sottobosco di saggezza e conoscenza del gioco), Bridges al basket ha dedicato la vita. Dopo ben 36 anni sulla panchina di Illinois Wesleyan, si è ritirato nel 2001. Insomma un guru del gioco al quale ancora oggi Sikma è grato per, parole sue, avergli «insegnato cosa significa stare su un campo di basket». 

Sikma è un grandissimo prospetto, ma certo non un giocatore che potesse subito dominare ad alto livello universitario. Era, come amano dire gli americani, un late bloomer, un “fiore che sboccia tardi”. Un giocatore, cioè, che deve ancora trovare con i propri tempi la giusta dimensione e maturità. E coach Bridges si rivela la persona più indicata per svilupparne le potenzialità. 

Fin dal suo anno da freshman Jack diventa la bandiera e il giocatore-simbolo dei Titans. Sotto la sapiente guida del coach, migliora sotto lʼaspetto tecnico sotto canestro, e guadagnandone lui come giocatore, ci guadagna la squadra, che uno così forte a livello di Division III non lʼaveva mai visto, figuriamoci avuto. Anche lʼesposizione mediatica ad alto livello è buona per Sikma, che per tutto il suo anno da senior, nonostante lo status di giocatore di unʼuniversità minore, rivaleggia con gli altri grandi centri papabili per il Draft NBA del 1977: Wayne “Tree” Rollins, James Edwards, Tom LaGarde, Ben Poquette e Kent Benson. 

Sarà poi questʼultimo, uscito dalla Indiana University di coach Bobby Knight, la prima scelta al Draft, mentre dopo altri grandi giocatori come Otis Birdsong (pick numero 2), Marques Johnson (3) e Bernard King (7), alla chiamata numero 8 i Seattle SuperSonics scelgono Jack Sikma. A detta di molti addetti ai lavori del tempo, una scelta comunque azzardata. 

I Sonics sono in ricostruzione. Hanno appena acquisito il playmaker Gus Williams da Golden State e cercano un nuovo equilibrio, una nuova identità. Nella stagione 1977-78, dopo 17 sconfitte su 22 partite (le uniche da allenatore NBA), coach Bob Hopkins viene rimpiazzato col quarantenne Lenny Wilkens, che con un record di 42 vinte e 18 perse porterà i Sonics alla Finale NBA, persa al cardiopalmo (3-4) contro i Washington Bullets. 

Nella stagione da rookie Sikma si comporta bene (10.7 punti e 8.3 rimbalzi di media), gioca da cambio per Marvin Webster e Mike Green e, grazie ai quattro anni trascorsi sotto coach Bridges, dimostra di avere enormemente affinato la tecnica di tiro. 

Nella stagione successiva Wilkens cede prima Green ai San Antonio Spurs poi Webster ai New York Knicks e posiziona il biondo vichingo al centro della sua front line, chiedendogli di continuare a fare ciò che sapeva fare meglio, e cioè prendere rimbalzi e segnare, ma come opzione offensiva non scontata: da dentro e fuori l’area. 

Ed è così che, al suo secondo anno di NBA, nel 1978-79 arriva la breakout season di Sikma che coincide con l’annata più esaltante nella storia dei Sonics, trascinati al titolo da un grande playmaker come Gus Williams, un grande difensore come Dennis Johnson e un grande giovane centro come Jack Sikma. Per lui 15.6 punti e 12.4 rimbalzi a partita quell’anno e un impatto “rivoluzionario”, scoperto a poco a poco negli anni. 

Oltre a essere un grande uomo dʼarea e un ottimo rimbalzista, Sikma era pericoloso anche con tiri in sospensione dai 4-5 metri, cosa quasi impensabile per i centri di allora. E anche ai liberi, altro classico tallone dʼAchille dei big men: Sikma li ha tirati con l’85 per cento per tutta la carriera. 

Il momento magico dei Sonics però si esaurì in fretta. I problemi contrattuali di Gus Williams e la prematura partenza di Dennis Johnson fecero in modo che quella generazione di gialloverdi raccogliesse molto meno di quanto avrebbe meritato. Negli anni successivi i Sonics furono una buona squadra, raggiunsero più volte i playoff, ma furono sempre ben lontani dalle grandi squadre di allora, i Lakers su tutti ma anche i Trail Blazers, i Phoenix Suns e i San Antonio Spurs. Abbandonato da Gus Williams, suo alter ego nei momenti gloriosi dei primi anni Ottanta, Sikma fu la bandiera di Seattle fino alla stagione 1985-86. 

Anche lui però nella Città della Pioggia aveva ormai fatto il suo tempo, e nell’1986-87 fu ceduto ai Milwaukee Bucks, dove giocò cinque stagioni di eccellente livello offensivo (13.6 punti per gara), radicalizzando ancora di più il proprio gioco al di fuori dellʼarea, a discapito ovviamente delle medie a rimbalzo, che scemarono sensibilmente. In Wisconsin il biondo caschetto di ricci della sua caratteristica permanente, sparito con gli anni d’oro, lasciò il posto a un più classico taglio a spazzola, ma per la sua nuova maglia numero 43 poco era cambiato: Sikma coi Bucks giocò diverse serie di playoff, senza però mai andare oltre le Eastern Conference Semifinals. Sikma si ritirò nella stagione 1990-91, con 17.287 punti e 10.816 rimbalzi in carriera. Dopo essere stato assistant coach negli Houston Rockets, con compiti di tutor, allenatore e preparatore del centro cinese Yao Ming, è ancora nella NBA ma come assistente allenatore ai Minnesota Timberwolves. 


Jack Wayne Sikma 

Ruolo: centro/ala forte 
Nato: 14 novembre 1955, Kankakee, Illinois (USA) 
High school: Saint Anne (Illinois) 
Statura e peso: 2,09 m x 105 kg 
College: Illinois Wesleyan (1973-1977) 
Draft NBA: 1º giro, 8ª scelta assoluta 1977 (Seattle SuperSonics) 
Pro: 1977-1991 
NBA: Seattle SuperSonics (1977-1986), Milwaukee Bucks (1986-1991) 
Palmarès: titolo NBA (1979) 
Riconoscimenti: 7 NBA All-Star (1979-1985), NBA All-Defensive Second Team (1982), NBA All-Rookie First Team (1978), numero 43 ritirato dai Seattle SuperSonics 
Cifre NBA: 
punti: 17.827 (15,6 PPG) 
rimbalzi: 10.816 (9,8 RPG) 
stoppate: 1.048 (0,9 BPG) 
Numero: 43 

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