CEDRIC MAXWELL - Cornbread
di DANIELE VECCHI
Old Timers - Quando la NBA era lʼAmerica
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Ancora prima delle gesta e delle imprese, cestistiche e no, di Vernon Maxwell, ancora prima del tanto genio e della tantissima sregolatezza dellʼex giocatore degli Houston Rockets (e di altre otto squadre), nella NBA esisteva un altro “Mad Max”, per fortuna sua (e della squadra in cui giocava) considerato mad, matto, non per le sue pazzie fuori del campo, ma per lʼintensità, la durezza, la goliardia e la talvolta incontrollata intelligenza che Cedric Maxwell metteva sui parquet NBA.
Una carriera, la sua, spesa quasi esclusivamente con la canotta biancoverde dei Boston Celtics, con i quali ha conseguito le sue vittorie più importanti, e chiusa con due stagioni ai Los Angeles Clippers e una agli Houston Rockets.
Nato il 21 novembre 1955 a Kinston, North Carolina, Cedric fin dalla high school si scopre un intenso giocatore di basket, duro, veloce e determinato. Doti che, nonostante gli ancora ruvidi fondamentali e la sua strana dinamica di tiro, gli valgono una borsa di studio alla University of North Carolina at Charlotte, college non blasonato quanto Duke o North Carolina, ma pur sempre di Division I e con un solido programma cestistico.
Fu in maglia verde 49ers che Cedric, 203 centimetri e una devastante abilità nel gioco dʼarea, si dimostrò papabile anche per la NBA, mettendo al servizio di coach Lee Rose tutta la propria intensità. E fu così che Maxwell cominciò a dare i primi segnali del Mad Max che sarebbe stato in maglia Celtics. A dire il vero quel soprannome per lui si usò soltanto durante le Finali NBA del 1981, che Maxwell vinse da MVP con i Celtics campioni per 4-3 nella serie contro gli Houston Rockets.
In realtà Cedric era più conosciuto come “Cornbread” (soffice e dolce focaccia al granturco molto diffusa negli Stati Uniti), soprannome nato, come spesso accade, per futili motivi, e che poi ci si porta dietro per una vita. Ai tempi del college di UNC at Charlotte, una sera, Cedric e il suo compagno di squadra Melvin Watkins andarono al cinema a vedere Cornbread, Earl and Me, la storia di un ragazzo traumatizzato dalla scomparsa del proprio migliore amico, astro nascente del basket. Watkins sosteneva che Maxwell somigliasse al protagonista, e da allora cominciò a chiamarlo Cornbread, anche se a Cedric proprio non piaceva. Infatti praticamente nessuno ne era a conoscenza, solo dopo la notorietà conseguita da Maxwell nei playoff NBA Watkins (futuro allenatore dei 49ers di UNC at Charlotte) rese pubblico il buffo nickname.
Per i tifosi dei Celtics, però, in virtù di quelle storiche Finali NBA del 1981, Maxwell rimarrà per sempre «Mad Max», come recitava lo stendardo per anni presente sulla prima balcony del leggendario Boston Garden, purtroppo demolito, nel 1997, e sostituito dallʼattuale TD Garden, che ha la firma di Red Auerbach sullo stesso parquet incrociato, ma non la magia e il fascino della vecchia arena.
Indossando la canotta verde di UNC at Charlotte, Maxwell portò i 49ers alle Final Four NCAA nel 1977 al termine di unʼesaltante cavalcata contro Central Michigan, Syracuse e Michigan, ma allʼOmni Coliseum di Atlanta, Georgia, persero sia la semifinale contro la Marquette di coach Al McGuire (poi vincitrice in finale sulla North Carolina di coach Dean Smith) sia la finale per il terzo posto contro la University of Nevada at Las Vegas.
Dopo le esaltanti stagioni con gli Charlotte 49ers, coronate dal titolo di miglior marcatore dell'ateneo nel Torneo NCAA, Maxwell è pronto per la NBA. E infatti al Draft del 1977, lo chiamano, con il numero 12, i Boston Celtics. Vinto il titolo NBA nel 1976 ed eliminati nella semifinale della Eastern Conference dai Philadelphia 76ers nel 1977, I biancoverdi del Massachusetts sono una squadra prossima alla ricostruzione, con veterani come Dave Bing, John Havlicek, Don Chaney e Jo Jo White e in attesa di nuova linfa che riporti la franchigia ai fasti passati ma nemmeno troppo lontani.
Il primo passo per tornare sul tetto della NBA è appunto la scelta di Maxwell, che dopo lʼonesta annata da rookie (7.3 punti e 5.3 rimbalzi di media in 16.8 minuti di utilizzo a partita) esplode nella stagione successiva, la famigerata e al contempo fortunata campagna 1978-79 che si rivelerà una svolta epocale per i Celtics.
I biancoverdi ebbero infatti una delle loro peggiori annate di sempre, chiusa con 29 vittorie e 53 sconfitte, un terremoto nello spogliatoio (dopo un inizio da 2-12 a coach Tom Sanders subentrò Dave Cowens, ancora integro e centro titolare della squadra) e un gioco da dimenticare, ma con due motivi per cui gioire. Il primo fu appunto lʼesplosione di Maxwell, con 19 punti e quasi 10 rimbalzi di media a partita di gran lunga il migliore dei suoi. Il secondo fu il fatto che lʼanno prima, al Draft NBA del 1978, i Celtics avevano scelto, con la chiamata numero 6, un certo Larry Bird, ala junior da Indiana State University, che decise di restare al college per il suo anno da senior e posticipare così il suo arrivo a Boston alla stagione 1979-80.
Lʼimpatto di Bird sui Celtics e sullʼintera NBA fu devastante. Con Larry e lʼesplosione di Cedric Maxwell in campo e lʼarrivo in panchina di Bill Fitch, i biancoverdi passarono da una stagione perdente a una fenomenale, finendo la regular season 1979-80 con un record di 61-21 e i playoff con la sconfitta nelle finali della Eastern Conference contro i Sixers (poi sconfitti dai Lakers in finale).
Il gioco di Fitch era perfetto per quei Celtics. Bird era unʼincontenibile arma offensiva (21.3 punti di media da rookie), una doppia minaccia sia dal perimetro sia in avvicinamento al canestro, e i Celtics disponevano anche dellʼaltrettanto devastante gioco in post basso di Maxwell, maestro nel prendersi tiri ad alta percentuale (16.9 punti e il 61% di media dal campo) e nel destreggiarsi in area contro avversari molto più grandi e più grossi di lui.
Nellʼ1980-81 la dinastia dei Celtics di Bird arriva alla consacrazione con il titolo NBA, raggiunto battendo in finale gli Houston Rockets di Moses Malone, dopo lʼincredibile rimonta nella Eastern Conference Final sui Sixers, avanti 3-1 nella serie e poi eliminati con un rocambolesco 4-3. LʼMVP della Finale NBA fu proprio Maxwell, lʼoutsider che, con la sua energia e la sua chirurgica tendenza allʼinfallibilità nei momenti chiave, in finale fu persino più decisivo del futuro dominatore della lega, Larry Bird.
Per altri quattro anni Maxwell fu lʼanima e il cuore di quei Celtics, che rivinsero con lui protagonista il titolo NBA nel 1983-84 (magistrale la sua gara7 in finale contro i Lakers). In quegli anni di rivalità Boston-Los Angeles, era Cedric a inscenare simpatici siparietti con lʼacerrimo “nemico” Kurt Rambis, prendendolo in giro per i caratteristici occhiali che il numero 31 dei Lakers indossava in campo. Ed era lui a provocare James “Big Game” Worthy, accusato da lui e da un poʼ tutto lʼambiente NBA di “nascondersi” nei momenti decisivi (tanto che molti ancora si chiedono se lʼuomo da North Carolina meritasse davvero di essere incluso nei migliori 50 di tutti i tempi).
Nella stagione 1985-86 fu ceduto ai Los Angeles Clippers in cambio di Bill Walton, e due stagioni più tardi andò agli Houston Rockets, prima di ritirarsi alla fine della stagione 1987-88 con un totale in carriera di 10.465 punti e 5.261 rimbalzi e lo straordinario onore di avere il numero 31 ritirato dai Boston Celtics che ancora oggi fa capolino dal soffitto del TD Garden.
Cedric Bryan Maxwell
Ruolo: ala piccola/ala grande
Nato: 21 novembre 1955, Kinston, North Carolina (USA)
High school: Kinston
Statura e peso: 2,02 m x 93 kg
College: Charlotte (1973-1977)
Draft NBA: 1º giro, 12ª scelta assoluta 1977 (Boston Celtics)
Pro: 1977-1988
NBA: Boston Celtics (1977-1985), Los Angeles Clippers (1985-1987), Houston Rockets (1987-88)
Palmarès: 2 titoli NBA (1981, 1984)
Riconoscimenti: NBA Finals MVP (1981), Sun Belt Conference Player of the Year (1977), numero 31 ritirato dai Boston Celtics
Cifre NBA:
punti: 10.465 (12,5 PPG)
rimbalzi: 5.261 (6,3 RPG)
assist: 1.862 (2,2 APG)
Numeri: 30, 31, 19, 18
Da coach: Long Island Surf (USBL, 1996)
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