DENNIS RODMAN - The Worm


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica

L’autorevole Slam Magazine, a giugno 2003, ha dedicato un intero numero speciale ai 75 migliori giocatori della storia NBA. Al primo posto c’è, ovviamente, Michael Jordan, e i più forti ci sono quasi tutti, ma non mancano palesi “provocazioni”, qualche giocatore particolare, magari non un grande realizzatore o un leader, ma che comunque, nella storia NBA, qualcosa ha significato. 

La provocazione principe, Dennis Rodman, è al 69º posto. Il testo recita che anche al 1.115 Broadway-8th Floor, la redazione del magazine, si è discusso se includere o no Rodman, ma che alla fine, giustamente, si è guardato a ciò che Dennis ha fatto nella lega. 

Su American Superbasket, correva l’anno 1996, in un bellissimo articolo Dan Peterson affermò che Rodman fu il vero MVP della Finale NBA di quell’anno, argomentando meravigliosamente la sua tesi con questa frase: «Jordan tira e sbaglia, Rodman prende il rimbalzo e la dà a Pippen, che tira e sbaglia, Rodman prende il rimbalzo e la dà a Jordan, che segna», chiarissimo monito di quanto fosse fondamentale Rodman nei meccanismi dei Chicago Bulls di coach Phil Jackson versione 1995-96, una delle squadre più forti di sempre. 

Duro, intimidatore, uomo-squadra, sempre pronto ad apprendere e a cercare di migliorarsi, ma soprattutto una grande etica lavorativa che gli ha permesso di sviluppare un talento difensivo fuori della norma. Dimenticatevi il wrestling, i vestiti da donna, le devastazioni di alberghi a Las Vegas e in giro per il mondo, i lustrini, Madonna, Carmen Electra, i Pearl Jam e tutte le scempiaggini che MAI hanno riguardato la parte più importante di Rodman, quella che scendeva in campo. 

Rodman ha dominato i tabelloni della NBA per oltre un decennio, il suo impatto fisico-difensivo sui migliori giocatori avversari, spesso (quasi sempre, soprattutto nella seconda parte della sua carriera) più alti e più pesanti di lui, sono stati fondamentali per le sue squadre. Un giocatore problematico, come è SEMPRE stato considerato Rodman, non vince “per caso” cinque anelli NBA, e da protagonista al fianco di grandi superstar, avendo lʼintelligenza di capire quali fossero il proprio posto e il proprio ruolo. 

Soprattutto nelle sue ultime due stagioni ai Bulls (1996-97 e 1997-98), Dennis ha ceduto alla sua perniciosa attrazione verso la continua attenzione dei media, interessati sempre più alle sue performance fuori del campo. Sarà stato l’avvicinarsi della fine della carriera, sarà stata la voglia di essere sempre al centro dell’attenzione, fatto sta che il nome di Dennis Rodman si è diffuso anche tra i non-conoscitori del basket, e molto spesso questo è sinonimo di gossip o di problemi con la giustizia, o di entrambi. 

“The Worm” (il Verme, per come “strisciava” per prendere posizione a rimbalzo) negli ultimi anni della sua carriera ha dato più spazio ai propri istinti extra-cestistici, mantenendo però invariata la propria intensità sul parquet (il suo settimo sigillo consecutivo di miglior rimbalzista NBA, con 15 rimbalzi a partita, è arrivato nel 1997-98, la sua ultima stagione “completa”), ed essendo un tassello fondamentale della seconda dinastia-Bulls. 

Nato a Trenton, New Jersey, e trasferitosi a tre anni con la madre e le due sorelle a Dallas, nel ghetto di Oak Cliff, l’adolescente Dennis è il classico “cazzone” di quartiere, non un violento che fa della prevaricazione e del crimine la sua vita, non un sottomesso frustrato vittima dei soprusi degli altri, non un bravo ragazzo che studia e che si tiene fuori dai guai, Rodman è un ragazzo di quartiere con poca voglia di studiare e di lavorare, e che sta aspettando che gli succeda qualcosa di buono per trovare la propria strada nella vita. 

Troppo basso e poco propenso al basket, Dennis al liceo (al contrario delle due sorelle, stelle alla South Oak Cliff High School) non gioca, ma poi, a 19 anni, in pochi mesi cresce fino ad arrivare alla statura di 1 metro e 96 centimetri. 

Giocando nei playground e nei tornei notturni di Oak Cliff, venne contattato dal Cooke County Junior College di Gainesville, Texas. Borsa di studio e via verso Gainesville. Rodman ci rimase solo un semestre e se ne tornò a Oak Cliff, il basket organizzato non gli piaceva e non faceva per lui. Contattato da Southeastern Oklahoma State, college di Divison I della NAIA, e non sentendosi mai rispondere al telefono, i reclutatori decisero di presentarsi a casa sua quando sapevano di trovarcelo. Dennis accettò, e nei tre anni a Southeastern fu un All-American della NAIA. 

Nominato MVP del prestigioso Portsmouth Invitational Tournament, Rodman nel giugno 1986 venne invitato dai Pistons al loro workout e lì, per attitudine difensiva e intensità, lasciò il segno. Detroit lo scelse al secondo giro di quel Draft, alla 27ª chiamata assoluta. 

Il Verme aveva già 25 anni e non era certo un giocatore compiuto o dai grandi fondamentali, ma le sue doti di energia e durezza erano merce rara, persino per quella NBA. Alla fine del suo anno da rookie, dopo che i Pistons erano stati battuti nella Finale della Eastern Conference dai Boston Celtics, Rodman fa scoppiare la prima delle innumerevoli bombe che ha gettato sui campi NBA. «Larry Bird è sopravvalutato, perché è bianco» disse, e Isaiah Thomas, forse per frustrazione dopo la sconfitta, gli diede ragione. Scandalo, ritrattazione, spiegazione, conferenza stampa di scuse da parte di Thomas (in presenza di un corrucciato Bird), tutto per quanto detto da Rodman. 

Così cominciò l’epopea di scontri fra Dennis Rodman e l’intera NBA. Con lui in maglia Bad Boys Pistons, i suoi “nemici” principali sono stati Bird, Clyde Drexler, Michael Jordan e soprattutto Scottie Pippen (che in una sfida-playoff contro Detroit, dopo essere stato colpito da Rodman, si autoescluse per una «forte emicrania», dando adito così alla leggenda che Pippen avesse talmente paura di Rodman da non presentarsi alla gara successiva). 

In maglia bianco-nero-argento San Antonio Spurs, con i quali ha giocato dal 1993 al 1995, i suoi veri nemici erano il front-office, i compagni – come David Robinson («il più grande perdente senza p#*#e con il quale ho giocato») e Avery Johnson – e gli allenatori, da Bob Hill (da Rodman soprannominato “Mistake”) a Gregg Popovich. 

Ceduto ai Bulls in cambio di Will Perdue (a San Antonio avevano voglia o no, di liberarsi di Rodman?!), in rossonero i suoi nemici principali furono John Stockton («mister simulatore sempre con i gomiti alti», colorita espressione di Dennis sul play da Gonzaga), Karl Malone, Allen Iverson, Frank Brickowski (suo zimbello nelle Finali NBA 1996 contro Seattle), Derrick Coleman, Rod Thorn (allora il dispensatore di multe e squalifiche della NBA), un cameraman di bordo campo (scalciato da Rodman dopo esserci finito addosso durante un’azione), e soprattutto, the chairman of the boards, sua altezza David Stern, da sempre nemico di Rodman, dei capelli colorati, dei tatuaggi e di qualsiasi trasgressione. 

Il contraltare di tutto ciò sono sette titoli consecutivi di miglior rimbalzista NBA (nelle stagioni 1991-92 e 1992-93 con medie di 18.7 e 18.3 a partita, le più alte negli ultimi trent’anni), due titoli di Miglior Difensore NBA, sette selezioni per l’All-Defensive First Team, un primo posto nella migliore percentuale realizzativa (nel 1989, 59.5%), una miriade di record individuali in materia di rimbalzi, e non ultimi cinque anelli di campione NBA, con o contro Michael Jordan, il che dice molto di più di mille statistiche e riconoscimenti. 

Rodman è stato ammesso alla Hall of Fame, e sarebbe stato uno scandalo non farlo con un giocatore che per sette anni consecutivi ha guidato la classifica dei rimbalzisti in un’epoca nella quale le percentuali al tiro erano di gran lunga più alte. Un atto di discriminazione nei confronti di un personaggio scomodo, che comunque è stato per anni un esempio di rispetto per il gioco, di dedizione e di spirito competitivo. 


Dennis Keith Rodman 

Ruolo: ala forte 
Nato: 13 maggio 1961, Trenton, New Jersey (USA) 
High school: South Oak Cliff 
Statura e peso: 1,97 m x 100 kg 
College: Cooke County (1983), Southeastern Oklahoma State (1983-1986) 
Draft NBA: 2º giro, 27ª scelta assoluta 1986 (Detroit Pistons) 
Pro: 1986-2006 
Carriera: Detroit Pistons (1986-1993), San Antonio Spurs (1993-1995), Chicago Bulls (1995-1998), Los Angeles Lakers (1999), Dallas Mavericks (2000), Long Beach Jam (ABA, 2003-04), Orange County Crush (ABA, 2004-05), Tijuana Dragons (ABA, 2005, 2005-06), Torpan Pojat (Finlandia, 2005), Brighton Bears (Gran Bretagna, 2006) 
Palmarès: 5 titoli NBA (1989, 1990, 1996, 1997, 1998) 
Riconoscimenti: 2 NBA Defensive Player of the Year (1990, 1991), 2 NBA All-Star (1990, 1992), 2 All-NBA Third Team (1992, 1995), 7 All-Defensive First Team (1989-1993, 1995-1996), All-Defensive Second Team (1994), 7 miglior rimbalzista NBA (1992-1998), numero 10 ritirato dai Detroit Pistons 
Cifre NBA: 
punti: 6.683 (7,3 PPG) 
rimbalzi: 11.954 (13,1 RPG) 
assist: 1.600 (1,8 APG) 
Numeri: 10, 91, 73, 70 

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