VERNON MAXWELL - The Real Mad Max


di DANIELE VECCHI
Old Timers -  Quando la NBA era lʼAmerica
https://www.libreriadellosport.it/libri/old_timers_-_quando_la_nba_era_il_basket.php

Quanto volte abbiamo sentito dire di personaggi pubblici, di campioni caduti in disgrazia, con problemi insormontabili e una vita costellata di dolore, ricevuto e dispensato, a sconosciuti o a persone care. Mad Max. Questo tipo di personaggi sembrano fatti con lo stampo, talmente ricchi e di talento da fare dimenticare che sì, anche loro sono esseri umani. Deboli, fragili, vulnerabili, in alcuni casi ignoranti e ottusi, in altri semplicemente poveri di mente e di spirito, nella stragrande maggioranza accecati dal potere, dai soldi facili, dalla bella vita. Mad Max. 

Nel basket professionistico i nomi sono decine, più o meno famosi, senza contare quelli che si sono persi nei playground e per le strade ancora prima di arrivare alla grande ribalta della NBA. Alcuni si sono ripresi e riabilitati come John Lucas o Chris Mullin, altri invece hanno continuato ad avere problemi: Jayson Williams, “Sugar” Ray Richardson, Dennis Rodman (per “The Worm” il discorso sarebbe più lungo e particolareggiato, anche perché grossi episodi di violenza “vera” non lo hanno mai realmente coinvolto), Ruben Patterson e tanti altri. Mad Max. Vernon Maxwell è uno di questi, uno smisurato talento offensivo e una testa difficilmente accostabile a concetti quali “disciplina”, “autocontrollo”, “senso di responsabilità”. 

Chi scrive ama visceralmente questo tipo di giocatori, li ritiene i più esaltanti e “veri”, sempre un poʼ fuori controllo e degli schemi e con quel pizzico di sana anarchia che rende il gioco anche un divertimento imprevedibile. Allo stesso tempo però è difficile scindere le gesta del giocatore da quelle della persona fuori del campo, soprattutto quando in dieci anni viene arrestata otto volte. 

Vernon “Mad Max” Maxwell è nato il 12 settembre 1965 a Gainesville, nel nord della Florida, e fin dalla high school dimostra straordinarie doti fisiche e un immenso talento per il basket e per il football. “Mr. Basketball” della Florida alla high school, massima onorificenza statale per un giocatore liceale, viene nominato All-State per il football nel ruolo di defensive back. 

Tra le decine di offerte per una borsa di studio per il basket, Vernon per rimanere a Gainesville sceglie la University of Florida, dove Mad Max farà notizia, nel bene e nel male. Ancora oggi Maxwell detiene 15 record dei Gators, oltre a essere il secondo marcatore di sempre (dietro Pete Maravich) della SouthEastern Conference, anche se i punti da lui realizzati da junior e da senior sono stati cancellati dagli annali dei Gators dopo che Maxwell ha ammesso di avere, in quegli anni, accettato soldi per giocare e per aver fatto uso di cocaina prima di almeno una gara di quelle due stagioni. 

Insomma la carriera di Mad Max non incomincia all’insegna della serenità e della disciplina, ma nonostante tutto, il debordante talento, il micidiale tiro in sospensione e la propensione al contatto (da giocatore di football) anche in post basso, fanno sì che il suo nome al Draft NBA del 1988 circoli lo stesso, anche se verrà ignorato fino alla 47ª chiamata, con la quale, al secondo giro, i Denver Nuggets lo scelgono per poi girarlo ai San Antonio Spurs, una squadra allo sbando e senza punti di riferimento su cui costruire. 

Larry Brown non è certo un coach tenero e permissivo, soprattutto con personaggi perennemente fuori delle righe e per di più giovani e spavaldi come Mad Max. Il risultato di questo connubio texano nella stagione 1988-89, giocata ruotando nel roster ben 22 giocatori, è che gli Spurs vincono solo 21 partite su 82, con Maxwell che mostra sprazzi del suo grande talento, la capacità di prendersi delle responsabilità al tiro sotto pressione e una media di 11.7 punti in 26.1 minuti di utilizzo. Discreto bottino per un rookie in una squadra ultra-perdente. 

Dopo 49 partite della stagione 1989-90 Maxwell viene ceduto dagli Spurs (trasformati in squadra vincente dall’arrivo di David Robinson, prima scelta al Draft NBA 1987, ma a San Antonio solo dopo i due anni in Marina) agli Houston Rockets, buona squadra sempre al limite dei playoff, dove trova più spazio in campo e maggiore libertà in attacco. 

Mad Max concluderà la stagione ai Rockets con 12.5 punti a partita. Nelle due stagioni successive il fatturato offensivo e la fiducia nei propri mezzi di Maxwell crescono, i punti si assestano attorno ai 17 per gara (il 26 gennaio 1991 ne segna 51 ai Cavaliers), e le partite decise allʼultimo secondo da un suo clutch shot non si contano più. Oltre a essere un tenace difensore, capace di tenere sempre sotto l’abituale media realizzativa persino lʼinarrestabile Michael Jordan, Vernon è diventato lʼalter ego offensivo di Hakeem Olajuwon. 

Da metà stagione 1991-92 Rudy Tomjanovich prende il posto di coach Don Chaney, e i Rockets, da buona squadra che però si scioglieva come neve al sole al primo turno di playoff, sembravano avviarsi verso sempre più alti traguardi. 

Dopo la buona stagione 1992-93, nella quale Houston viene eliminata nella semifinale della Western Conference dai Seattle SuperSonics, nel 1994 arriva in Texas il primo titolo NBA, con i giovani Sam Cassell e Robert Horry e allʼoutsider Mario Elie che si vanno ad aggiungere alle colonne portanti della squadra: Hakeem Olajuwon, Otis Thorpe, Kenny Smith e ovviamente Mad Max Maxwell, mattatore della serie finale, vinta a Gara7 sui New York Knicks (rimangono nella storia le immagini della sua corsa a centrocampo dopo aver segnato la tripla decisiva, festeggiata saltando con il pugno alzato prima di cadere a terra abbracciato dai compagni), che già immaginavano di bissare il titolo NHL vinto pochi giorni prima dai New York Rangers nella Stanley Cup di hockey. 

La banda di coach Pat Riley infatti non aveva fatto i conti con la scarsa vena di John Starks, con lo strapotere in area di Hakeem Olajuwon su Patrick Ewing e soprattutto con l’incapacità dei suoi di fermare Mad Max, dolorosa spina nel fianco dei newyorkesi. 

Nonostante le grandi performance in campo, Maxwell però è sempre più una scheggia impazzita. Nella stagione successiva i Rockets rivincono il titolo NBA, stavolta da sfavoriti, nella famosa serie finale vinta 4-0 sugli Orlando Magic, dopo aver eliminato i favoritissimi San Antonio Spurs nelle Western Conference Finals. Mad Max aveva giocato una buona stagione regolare da 13.6 punti di media, ma aveva saltato i playoff per un dubbio infortunio, quando ormai era chiaro che nella stagione successiva se ne sarebbe andato. Il suo addio lo aveva scritto a Portland il 6 febbraio 1995, quando dal campo era salito in tribuna ad aggredire un tifoso reo di avergli offeso la moglie, che aveva subito un aborto spontaneo (poi smentito). La NBA lo aveva sospeso per 10 partite e multato di 20.000 dollari, e la squalifica aveva poi accelerato l’arrivo a Houston, proprio dai Trail Blazers, di Clyde Drexler, determinante per la conquista del titolo. 

Lì era iniziato il tracollo del Maxwell giocatore, insieme a quello del Maxwell uomo. Dalla stagione 1995-96 alla stagione 2000-01 passa ai Philadelphia 76ers, ai San Antonio Spurs, agli Orlando Magic, ai Charlotte Hornets, ai Sacramento Kings (con i quali disputa dei grandi playoff nel 1999), ai Seattle SuperSonics, ancora ai Philadelphia 76ers fino a chiudere la carriera ai Dallas Mavericks. Nel mentre varie denunce per violenza, droga, bancarotta, fino all’arresto, in Florida nell’aprile 2009, per non aver pagato gli arretrati degli alimenti ai figli avuti con la prima moglie. Mad Max. 


Vernon Maxwell 

Ruolo: guardia tiratrice 
Nato: 12 settembre 1965, Gainesville, Florida (USA) 
High school: Buchholz (Gainesville, Florida) 
Statura e peso: 1,92 m x 80 kg 
College: Florida (1984-1988) 
Draft NBA: 2º giro, 47ª scelta assoluta 1988 (Denver Nuggets) 
Pro: 1988-2001 
NBA: San Antonio Spurs (1988-1990), Houston Rockets (1990-1995), Philadelphia 76ers (1995-96), San Antonio Spurs (1996-97), Orlando Magic (1998), Charlotte Hornets (1998), Sacramento Kings (1999), Seattle SuperSonics (1999-2000), Philadelphia 76ers (2000), Dallas Mavericks (2001) 
Palmarès: 2 titoli NBA (1994, 1995) 
Cifre NBA: 
punti: 10.912 (12,8 PPG) 
rimbalzi: 2.200 (2,6 RPG) 
assist: 2.912 (3,4 APG) 
Numeri: 11, 2, 3 

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