Salvoldi: «A Minsk faremo bene, ma per Tokyo serve Montichiari»


Malpensa, 19 giugno 2018

di CHRISTIAN GIORDANO

- Dino Salvoldi, Ct donne, cominciamo dalla parte più difficile: il forfait di Mata Bastianelli per una tendinite al ginocchio destro.

«È notizia di ieri mattina (martedì 18 agosto,nda), ha provato fino all’ultimo a recuperare la condizione, a risolvere il problema per cercare di partire ma purtroppo non è stato possibile. Già questo evento ha un regolamento molto restrittivo, perché con nove atlete devo far tutto: strada e pista; e quindi sostituirla con una diversa da quelle che avevo già iscritto, era impossibile. Di conseguenza correrà Martina Alzini. Avrebbe corso solo la pista e invece la sposto anche nella gara su strada». 

- Che cosa cambia per voi con l’assenza del capitano?

«È come se togli Cristiano Ronaldo alla Juventus…». [ride, nda]

- Cambia anche il piano-gara, quindi?

«Con Marta Bastianelli eravamo anche predisposti a una gara selettiva, non controllata. Adesso probabilmente dovremo optare più per una gara di attesa, correndo “addosso” alle olandesi. Perché se prima poteva essere lei, Bastianelli, a far paura, anche a loro, adesso gli equilibri cambiano, anche se siamo comunque un’ottima squadra». 

- Hai parlato di “gara selettiva”, ma il percorso non lo è moltissimo. Confermi?

«Sì, dalle indiscrezioni. Perché nessuno l’ha visionato direttamente, poiché c’è anche questa curiosità: a Minsk è proibito andare in bicicletta, in città. Per legge. [ride, nda] C’è solo una strada dove è concesso andare in bicicletta. Io ho parlato con i bielorussi, e questo circuito assomiglia un po’ a quello di Glasgow, quello degli Europei dell’anno scorso: e cioè curve e controcurve, ci sono due strappi di 300 metri – uno dei quali al 13% in pavé – e non è un profilo altimetrico difficile, però non è neanche il classico circuito pianeggiante».

- Quello di Glasgow alla fine si è rivelato più duro del previsto, giusto?

«Esatto. Esatto!».

- Come mai nessuno in Federazione è andato a visionare il percorso? Ci sono state delle difficoltà politico-burocratiche?

«No. È che se tu guardi l’altimetria e la planimetria, non risulta niente di significativo che meritasse un controllo preventivo. Anche perché sono 8 giri di gara [per un totale di 120 km, nda], gli uomini ne fanno 12 [per un totale di 180 km, nda], quindi la tipologia di corridore era abbastanza chiara».

- I tuoi criteri per le convocazioni e che cosa ti aspetti da ciascuna atleta.

«All’inizio il vincolo è stato il regolamento di gara, prima di tutto. Dovendo fare strada e pista, e avendo tutte le specialità… Poi, molto probabilmente, la squadra sarebbe stata la stessa, per il tipo di percorso, non è che ci sarebbero stati [grossi] cambiamenti… Io ho contattato anche Longo Borghini e Cecchini per sondare la loro disponibilità, ma una volta che Marta [Bastianelli] mi aveva dato l’okay, ero abbastanza tranquillo con il resto della squadra».

- A parte la caduta di Cecchini [frattura del polso destro nella terza tappa della OVO Energy Women’s Tour, la corsa a tappe britannica, il 12 giugno nda], che avrebbe cambiato le cose, sia Longo Borghini sia la stessa Cecchini ti avevano poi dato la loro disponibilità o no?

«Elena [Cecchini] sì, Elisa [Longo Borghini] mi aveva detto: “Guarda, Dino, se hai bisogno, vengo; se non è indispensabile, preferisco prepararmi per il Giro” [in programma dal 5 al 14 luglio, nda]. E quindi le ho detto che andava bene così».

- Cecchini quindi aveva detto sì, poi com’è andata? Perché non l’hai chiamata?

«Dovevo stare nelle nove e quindi ho optato per il quartetto della pista: le quattro che avrebbero corso assieme a Marta [Bastianelli]. Quelle stesse atlete che avrei dovuto impegnare anche su pista».

- I loro compiti in gara, perlomeno sulla carta. Una per una: Martina Alzini.

«Alzini è l’ultima entrata, quindi non ha aspettative personali o un grande palmarès su strada, però ha una buona condizione. E quindi sono sereno di quello che potrà dare a supporto della squadra. Però ognuna dovrà anche controllare individualmente una delle olandesi. Questa sarà un po’ la trama della gara».

- Marcatura “a donna”, se mi consenti l’espressione magari poco felice ma rende l’idea.

«Eh sì. Anche se di lei [Alzini] non ho… Sarà completamente a supporto della squadra».

- Maila Andreotti.

«Corre solo su pista: il keirin. E basta».

- Ambizioni?

«Non ce ne sono».

- Elisa Balsamo.

«È quella più in condizione. E con Bastianelli sarebbe stata l’altra punta. E quindi è quella che cercheremo di preservare per un eventuale sprint, anche se non è una che soffre tanto i dislivelli. E quindi potenzialmente potrebbe essere la nostra punta nella gara su strada».

- Prevedi quindi un finale non foltissimo, uno sprint per poche?

«Vista la entry list, ci saranno neanche 60 partenti, non di più [in realtà al via saranno 78, nda]. E quindi la gara sarà condizionata da Italia e Olanda, perché nelle altre nazionali ci sono delle buone individualità ma, a meno di soprese delle locali, bielorusse e russe, ché non si sa mai, se la corsa si spacca, e davanti ci siamo noi e le olandesi, non credo si arrivi tutte insieme».

- I nomi da tener d’occhio, non solo delle olandesi ma in generale?

«Le olandesi, in pratica tutte: Marianne Vos, Anna van der Breggen[campionessa del mondo, nda], Amy PIETERS [una sprinter, nda] sono quelle più forti [più l'ex iridata Chantal Blaak, nda]. Poi loro hanno anche questa giovane velocista Lorena WIEBES [17-3-99, della Parkotel Valkenburg, nda], che terranno per un eventuale sprint finale. E poi, al di fuori di queste, c’è Alice BARNES della Gran Bretagna; e Lotta Lepìstö della Finlandia [28-6-89, compagna di Longo Borghini e Paternoster nella Trek Segafredo, nda]. E ha una discreta squadra la Germania anche se non ha Lisa Brennauer e le migliori».

- Questo per la strada. Per la pista che avversarie ti aspetti?

«Balsamo correrà il quartetto, l’omnium e la madison. Su pista il discorso è questo: è una gara un po’ fuori stagione, su pista, però con il problema [della chiusura del velodromo] di Montichiari, per noi ogni gara è diventata un’occasione per raggruppare le ragazze e lavorare un po’ in modo specifico. Perché abbiamo perso la continuità del lavoro che avevamo con [il velodromo di] Montichiari. E quindi quest’occasione era ideale per fare un po’ di pista. E associandola ai campionati europei che ci saranno dieci-quindici giorni dopo la fine dei Giochi continentali, ho potuto [fargli] fare un blocco di lavoro su pista. Certo, faremo bene. Perché la qualità del nostro gruppo è buona. E quindi credo che di risultati, in pista, ne faremo. Siamo tra le migliori. Se non succede niente di strano, anche se [l’impegno] non l’abbiamo preparato in modo mirato, siamo comunque competitivi».

- Per voi questi European Games valgono anche come check-up generale, oltre che tappa di avvicinamento, in vista di Tokyo 2020?

«Esatto, bravo. Esatto».

- Marta Cavalli.

«È la nostra atleta più di resistenza, quindi si dovrà occupare – su strada – più delle azioni, o promuoverle lei stessa, da metà gara in poi, e preoccuparsi anche di stare su quelle olandesi, o quella olandese, con le sue stesse caratteristiche».

- Maria Giulia Confalonieri.

«Purtroppo c’è un problemino di salute anche per lei. Ha un problema a una gamba e ha recuperato per correre su strada ma non farà la pista. Ha fatto un buon Tour of Britain la scorsa settimana e quindi è un po’ migliorata nella condizione. È un’atleta che in una fuga mi lascia abbastanza tranquillo perché è anche molto veloce, quindi l’ideale per lei sarebbe trovare questa situazione: una fuga a cinque-sei corridori, con dentro lei; e mi andrebbe bene. Altrimenti, nel finale, sarà a disposizione di Balsamo».

- Martina Fidanza.

«Correrà solo su pista, probabilmente lo scratch. E poi, per lo stesso discorso che ti ho fatto dei numeri, la impiegherò per prendere qualche punticino di ranking pista pure nelle specialità veloci. Anche se non sono le sue specialità, la faccio partecipare ugualmente. Per aiutare Vece, praticamente».

- Già che l’hai appena citata: Miriam Vece.

«Si sta allenando nel centro Ucidi Aigle. L’abbiamo mandata là, sempre per il problema [del velodromo] di Montichiari. Per lei era una necessità indispensabile. E l’obiettivo è di fare punti Uciper migliorare il suo ranking per partecipare alle Coppe del mondo e di conseguenza continuare a cullare il sogno di qualificazione olimpica, anche se è molto remoto, molto difficile».

- Letizia Paternoster.

«Sta ogni giorno meglio. È stata male a maggio, è stata ricoverata per dei calcoli e ha perso in pratica tutto il mese. E quindi è in ripresa. Lei è talmente talentuosa che ci mette poco a trovare una condizione accettabile. Non è al massimo, però ogni giorno sta meglio. Dovrà occuparsi di Vos, se ci sarà, perché siamo in dubbio che ci sia perché è caduta al Tour of Britain, s’è fatta male alla faccia e non ho informazioni se si stata sostituita oppure no [punti di sutura su naso, labbro e all’altezza della mascella ma ci sarà, notizia del 19 giugno, nda] Farà la cronometro, perché abbiamo deciso – senza aspettative di risultato – che sia un tipo di esercizio che deve iniziare a conoscere e a fare. E poi su pista correrà il quartetto, la corsa a punti e la madison con Balsamo. Tra le corse dalle quali mi aspetto non un risultato, ma dei progressi, c’è proprio la madison, perché è una specialità olimpica e perché la nostra è una coppia importante ma che fino ad ora abbiamo avuto pochissime occasioni di provare».

- Cercate quindi anche po’ di affiatamento, no?

«Esatto».

- Paternoster ha perso peso per via dei calcoli? Al di là della condizione, il suo fisico ne ha risentito?

«Un pochino sì, ma adesso sta bene».

- Nell’avvicinamento quindi non tutto è andato benissimo, ci sono state delle difficoltà. Possiamo dire così?

«Sì. Tieni conto che, tra l’altro, i nominativi definitivi andavano dati quaranta giorni prima. E quindi [nel frattempo] le cose cambiano. E nell’imprevisto, ti dovevi un po’ arrangiare».

- Ci sono aspetti, o retroscena, che i media non sanno e che invece ci tieni a far sapere e che magari potrebbero incidere su come verranno valutati sia le prestazioni sia i risultati? C’è qualcosa che vuoi comunicare all’esterno, oltre a quel che ci siamo detti?

«No. Credo che il discorso del regolamento particolare e dei “numeri” [i punti, nda] di questa gara sia già abbastanza esemplificativo del perché sono state fatte anche certe scelte. Le quali, te lo ripeto, non sarebbero state molto diverse, per quello che riguarda la strada. E su pista, finché non vedo riaperto Montichiari, voglio essere ottimista ma anche realista. Avevamo un livello di vertice. Stiamo cercando, con grande difficoltà, di mantenerlo, però abbiamo bisogno di… È come se la nazionale di calcio dovesse andare ad allenarsi sulla terra battuta e poi va a giocare sul sintetico…».

- Sono andato a vedere il velodromo e il centro tecnico federale UK, a Manchester, è a due passi dall’Etihad Stadium del Manchester City. E credo che una struttura così potremmo permettercela anche noi… 

«Noi adesso stiamo andando a Grenchen a fare allenamento, e quella è una struttura che sarebbe il sogno di ogni allenatore. Però andrebbe bene anche Montichiari com’era, perché noi comunque abbiamo una struttura sportiva, a livello ciclistico, che passa attraverso le società. E quindi un modello inglese – dove le squadre non “esistono” e la nazionale è centrale su tutto il movimento – da noi…».

- …non è riproducibile. Certo.

«No, no. Però avere una struttura “chiavi in mano”, che quando i corridori ci sono, un giorno la settimana, tu li fai girare, e quando capita si trovano insieme o, mal che vada, individualmente, questo dà continuità. E va a pareggiare le differenze che esistono tra loro e noi, che abbiamo questo tipo di struttura e di storia di ciclismo diversa dalla loro…».

- Montichiari andava bene anche dal punto di vista logistico?

«Sì, perché Montichiari nella geografia del ciclismo è centrale. È a due ore di strada da tutti. E gestisci molto bene l’allenamento anche in giornata». 

- Certo: così raccogli [gli atleti di] Lombardia, Trentino e Veneto…

«Sì, ed Emilia. Cioè: la giornata di allenamento la gestisci bene. E le atlete tornano a casa loro, la sera. Questo per dare continuità. Poi, in certi periodi, è chiaro che fai raduni prolungati, ma era importante. Adesso si dice in modo convinto che fine settembre/inizio ottobre sarà riaperto esclusivamente per i nostri allenamenti. Ecco, se sarà così, e senza ulteriori ritardi, quello è ancora un tempo utile ma limite per poter pensare poi di costruire qualcosa di importante, delle aspettative, anche per Tokyo [2020], altrimenti sarebbe molto, molto difficile».

- Hai detto “sono ottimista ma anche realista”. Ma qual è il vero problema di Montichiari? Politico, economico, burocratico?

«No, no: per quello che ne so io, è politico e burocratico. Perché il Coni, probabilmente consapevole delle possibilità che potremmo avere a Tokyo, sia nel maschile sia nel femminile, ha contribuito immediatamente, da un punto di vista economico; solo che il velodromo è di proprietà del Comune di Montichiari. C’erano le elezioni. E chi doveva o avrebbe dovuto andare dal Prefetto a chiedere il dissequestro per l’inizio dei lavori è solo il proprietario, cioè non poteva farlo la Federazione al posto del…».

- E non ci son andati?

«E non ci sono andati. Adesso è cambiata la Giunta, sembra si sia sbloccato tutto e che… Adesso, io dirti se oggi stanno lavorando, non lo so. Credo di sì. Cioè che sia stato dato l’okay, per accedere ai lavori, alle due ditte appaltatrici…».

- Anche perché non manca poi molto da qui a fine settembre-inizio ottobre, tenendo conto dei tempi dei lavori…

«No, certo. [Il presidente federale Renato] Di Rocco lo vedo convinto per fine settembre/inizio ottobre, e lui dice: sto largo io… Perché le ditte appaltatrici, dai documenti che ho letto, indicano anche prima come termine dei lavori. E quindi aspettiamo».

- Qual è la reale importanza, per te e per voi, di questi Giochi? Penso per esempio rispetto all’Europeo di un anno fa, vinto da Marta Bastianelli. Siamo solo alla seconda edizione di questi Giochi e ti chiedo: possono diventare davvero importanti e non solo come test di avvicinamento all’olimpiade? O per ora sono percepiti come una competizione non “minore” ma comunque nuova e quindi vista e valutata ancora con un po’ di scetticismo?

«Al momento è così. Certo, se si guardano i corrispettivi degli altri continenti, e quello è l’obiettivo, allora ben venga. È chiaro che se vorranno ambire a diventare come sono i Giochi Panamericani o i Giochi Asiatici, per intenderci, bisognerà dargli una valenza di qualificazione olimpica. E multisport. Il ciclismo, a differenza di tutti gli altri sport, ha eventi che si ripetono con cadenza annuale. Secondo me anche troppi, sinceramente. Per dirti, non so quanto sia “utile” avere i campionati del mondo su pista ogni anno, o i campionati europei ogni anno. Sono un impegno che non ti dà il tempo, magari, neanche di fare investimenti a medio-lungo termine. Perché ogni anno hai competizioni dove comunque l’Italia va per fare risultato». 

- E quindi in questo senso si spiega l’iniziale riluttanza, per esempio, di Elisa Longo Borghini, che ti dice: “Guarda, vengo ma solo se hai bisogno”? Altro aspetto: il passaggio al professionismo di atlete come Paternoster, ora in una grande squadra come la Trek-Segafredo, per te, nel tuo lavoro, oltre che vantaggi ha portato qualche problema o difficoltà di gestione? Perché i loro impegni son tanti…

«Per il momento, sinceramente, ti dico di no».

- Vale anche per Elena Pirrone, per tutte?

«Per il momento ti direi proprio di no. Soprattutto per le atlete polivalenti. Su strada il problema è relativo, quasi inesistente. Per quelle che fanno anche pista, problemi ce ne potrebbero essere, e anche tanti. Ma al momento, sia da Trek sia da Valcar, ho avuto completo appoggio. E quindi, bene. Bene».

- E le atlete passate pro’ le hai trovate migliorate? Cioè il professionismo ha fatto fare loro un ulteriore salto di qualità, da tutti i punti di vista? O sono ancora troppo giovani per poter fare analisi di questo tipo?

«Le mie giovani sono focalizzate su Tokyo. E Tokyo per loro significa pista. Il corridore italiano considera la strada come base o come fondamento della sua attività. Ed io sto cercando di fargli capire, ma trovo anche appoggio da parte loro, perché comunque hanno iniziato il percorso con la nazionale che erano ancora molto giovani, che se sono arrivate a essere appetibili per le squadre importanti, è per i risultati che hanno fatto con la nazionale. E quindi un certo senso di riconoscenza, e di obiettivi definiti per Tokyo, li abbiamo chiari tutti. Loro per prime. L’altro problema sai qual è? È che tutte queste ragazze fanno parte di corpi militari. E già dall’anno prossimo, e sicuramente dal 2021, dovranno decidere che cosa fare, cioè se lasciare il corpo militare o fare un passo indietro su strada e correre per squadre… Ti uso il parallelo Professional invece che World Tour, che nel femminile non comporta una grande differenza; perché il calendario non ha grandi sovrapposizioni. Ha un Giro delle Fiandre, van bene le 8 squadre del World Tour del primo anno ma 6x8 fa 48, è impossibile che partano in… Gli altri cento corridori dove vanno a prenderli? Li prenderano dalle [squadre] Professional più di spicco… Però, ecco: sì, questa è una scelta che a livello contrattuale – e fiscale – dovranno fare».

- Oggi non partite tutti. Maila Andreotti arriverà a Minsk il 27?

«Oggi parto con il gruppo che fa solo strada. Quelle che fanno pista arriveranno il 24. Alzini l’ho anticipata a domani per il discorso Bastianelli. Le altre il 24».

- Alzini quindi parte con gli uomini? 

«Parte con gli uomini, esatto. Le altre il 24».

- Ti aspetti una gara diversa uomini/donne o il canovaccio tattico sarà lo stesso?

«Ho visto un po’ le entry list degli uomini e obiettivamente la qualità della gara femminile mi sembra superiore, quindi più indirizzata verso i nomi importanti. Nei maschi mi sembra più un tutti contro tutti, e potrebbe anche essere. A parte l’Italia, che mi sembra la squadra migliore».

- Non voglio farti entrare nelle scelte di Davide Cassani, ma ti chiedo: ci sono analogia fra le convocazioni per la prova in linea su strada degli Élite maschile e femminile? Non abbiamo un capitano unico, avremo più una distribuzione di compiti e di responsabilità. Anche nella nazionale maschile non c’è una vera punta, un po’ come per voi senza Marta Bastianelli. O no?

«Credo di sì. Però son tutti corridori che, presi individualmente, sono forse superiori agli altri. Cioè nei maschi una “Olanda” non c’è…».
CHRISTIAN GIORDANO

LE OTTO AZZURRE A MINSK 2019:

Martina Alzini  - Bigla Team - pista e strada/linea
Elisa Balsamo - Fiamme Oro/Valcar Cylance - pista/scratch e strada/linea
Marta Cavalli - Fiamme Oro/Valcar Cylance - pista e strada/linea
Maria Giulia Confalonieri - Fiamme Oro/Valcar Cylance - strada linea
Letizia Paternoster - Fiamme Azzurre/Trek Segafredo - pista/quartetto-punti-madison e strada/linea-crono

Maila Andreotti - A.S.D. Piceno Cycling Team - pista/keirin
Martina Fidanza - Eurotarget-Bianchi-Vittoria - pista/scratch e veloci
Miriam Vece - Valcar Cylance Cycling - pista

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