CINEMA - I passaggi fuori stagione dei sentimenti


Una storia finita anni prima, un incontro casuale, le parole e i gesti per inventare una narrazione di sé stessi

Il Manifesto
Sabato 28 Dicembre 2024
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CRISTINA PICCINO - Hors-Saison, nella versione italiana Le occasioni dell'amore, è uno di quei film preziosi che sorprendono lo sguardo all'improvviso, e lo fanno con delicatezza, senza promesse, quasi come un sussurro - lo stesso che portò nel finale della Mostra del cinema lo scorso anno, spargendo un soffio di aria leggero dopo molto fracasso big budget. Ma cosa ci racconta Stephan Brizé, regista francese che conosciamo soprattutto per la trilogia sul lavoro di cui è protagonista Vincent Lindon – La legge del mercato (2015); In guerra (2018); Un altro mondo (2021)? Una storia d'amore, già finita, e nella sua frattura il movimento delle esistenze che da lì si sono perdute. Può essere tutto o niente nella scommessa dell'immaginario che Brizé assume, e forse l'allenamento dello stato precario che è il lavoro oggi, qualcosa che entra in teste e cuori e relazioni, è stato importante a modulare il rischiosissimo equilibrio necessario, che nei suoi film è sentimento e fisicità dei corpi.

Le occasioni dell'amore comincia come una variazione su un maschio cinquantenne in crisi, un attore di successo che arriva in un hotel di lusso specializzato in «remise en forme».

L’imperativo è «rilassarsi» ma niente sembra più lontano per chi come lui è depresso e teso, in perenne attesa di una telefonata che poi scopriamo essere della sua «chérie», la moglie, pure lei una star ma del tg serale. Le loro facce sorridono sulle pagine di una rivista che gli capita in mano mentre tra la piscina, il lettino prima del massaggio, la passeggiata, il ristorante è richiestissimo per un selfie dai pochi clienti e dal personale dell'albergo. Nella piccola cittadina francese sull’oceano immersa nell’inverno una figura come la sua non passa inosservata. Dietro l’immagine pubblica però Mathieu è in un momento strano, i copioni gli sembrano noiosi, proprio come i suoi film, e ha appena tradito la fiducia del regista a teatro dileguandosi per paura.

FRA QUESTI tormenti arriva Alice. I due hanno avuto una storia quindici anni prima, un tè, il racconto appena a disagio delle vite reciproche, lei che vive lì, marito, figlia, e ha messo da parte le ambizioni da pianista, lui che invece è tutto meraviglioso. E il film intanto prende un’altra direzione, quel «fuori stagione» del titolo invece che alludere alla vacanza si fa quello dei sentimenti, delle scelte, dei rimpianti e delle esistenze andate in una direzione invece che in un’altra, perché lo si è deciso o perché così doveva essere, per egoismo o perché come dirà a un certo punto Alice «la vita è dura». Questo duetto impalpabile di emozioni Brizé lo affida alle sue immagini, al loro ritmo, a una regia fatta di dettagli, ellissi, sospensioni, allez-retour sul bordo di una parola che cerca di trovare un nuovo senso fra i due. E soprattutto alla meravigliosa presenza dei suoi interpreti, Guillaume Canet e Alba Rohrwacher, qui illuminata da una grazia speciale. È nei loro gesti, nel modo di occupare quello spazio «ritrovato» come in una danza che può fare anche molto male, che cerca il suo racconto.

Una storia d’amore dunque, che potrebbe essere persino banale: lui sparito, lei sotterrata in provincia, il presente messo all’improvviso in subbuglio. E se invece valesse il contrario, se questo movimento in cui lei appare turbata e lui agente di questo turbamento fosse qualcos’altro? Campo e fuoricampo, il primo la vita di lei al presente perché laddove le cose accadono, il secondo quella di lui. Ma la regia «tradisce» continuamente le sue possibilità, imbocca altre traiettorie seguendo i passi sulla spiaggia grigia dei due e i loro incontri lungo il margine fragile dei loro stati d’animo. Cosa cercano insieme e cosa ciascuno per sé? Un riscatto a ciò che hanno lasciato alle spalle, alla malinconia del presente, alle loro scelte? Ma si può tornare indietro o invece quella vita che si è accumulata fa sì che non sia possibile? Lei finalmente può trovare una parola – e una risposta – al ghosting di lui anni prima, lui impara a scusarsi.

APPARIRE, scomparire. Brizé li accompagna in questa mutuale sospensione dalla propria realtà nel rifugio di un qualcosa che è impossibile e seducente insieme perché segreto e parallelo alla dimensione del quotidiano. Un luogo intimo, in cui provare a superare cesure accantonate forse troppo rapidamente, a confrontarsi con ciò che si sente perduto, a sentire di nuovo un gusto delle cose dimenticato, il calore, l’allegria, la spensieratezza di un incontro che sembra nuovo. Non ci sono rese dei conti né violenze, rabbia e dolore e dolcezza fluiscono con discrezione. La regia lavora sui frammenti – un po’ come nel precedente Une vie – anche se la dimensione letteraria di quel film fluisce qui nelle scoperte «fuori stagione» dei protagonisti: una epifania del vivere.

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