DA MADRID - Rispondere con fermezza

Il premier Mariano rajoy deve mettere da parte le esitazioni e ristabilire l’ordine, scrive il quotidiano conservatore

El Mundo, Spagna

Il sistema di decentramento basato sulla costituzionale del 1978; cessioni di competenze in settori cruciali come l’istruzione; la politica di pacificazione portata avanti da diversi governi di fronte a un nazionalismo insaziabile: niente di tutto questo è bastato a mettere un limite alla slealtà dell’indipendentismo catalano, diventata ormai una sfida che mette a rischio la convivenza. Davanti a questa sida non hanno più ragione d’esistere atteggiamenti come quello di Pedro Sánchez, segretario del Partito socialista spagnolo: Sánchez ha invitato a dialogare con dirigenti che con il loro comportamento ingiustificabile hanno calpestato l’ordine legittimo. Rompere l’unità del blocco costituzionalista è un errore gravissimo. Ma la responsabilità del comando ricade sul premier. Nessuno capisce cosa stia aspettando il capo del governo spagnolo Mariano Rajoy ad applicare i provvedimenti necessari (come l’articolo 155 della costituzione, che prevede la possibilità di sospendere l’autonomia regionale) a ripristinare l’ordine in Catalogna, in modo da difendere i diritti e le libertà di tutti gli spagnoli. Più Rajoy tarderà e più il governo catalano andrà avanti con la separazione.

La minaccia del presidente catalano Carles Puigdemont di presentare la dichiarazione d’indipendenza al parlamento basta da sola a giustificare una risposta immediata da parte dello stato. Non siamo più davanti a un progetto politico, ma a un ricatto inaccettabile. Il primo ottobre abbiamo constatato che la maggior parte degli strumenti del governo catalano, compresa la polizia, si sono messi al servizio di questo crimine. Madrid ha ricevuto l’appoggio della Francia, della Germania, dell’Italia e dei Paesi Bassi. Eppure, Puigdemont sostiene che il referendum è vincolante e chiede la mediazione dell’Unione Europea. Secondo lui gli indipendentisti non hanno fatto niente per aumentare la tensione. È un affronto intollerabile, perché sono stati gli indipendentisti a proclamare lo sciopero generale del 3 ottobre, l’ennesima prevaricazione. Il governo catalano vuole alimentare la rivolta. Per questo Puigdemont ha chiesto che siano ritirate dalla Catalogna le forze di sicurezza spagnole, ottenendo l’espulsione di cinquecento agenti dagli alberghi di Barcellona attraverso le pressioni del comune. Sono le conseguenze dell’apartheid secessionista.

Mancanza di leadership 
Gli indipendentisti approfitteranno della maggioranza al parlamento regionale per applicare la legge di transizione, approvata poco prima del referendum. Questa norma aberrante implicherebbe l’occupazione degli edifici dello stato e la deposizione dei giudici. Davanti a un simile insulto, il governo ha il dovere di agire in modo proporzionato e misurato, ma con fermezza assoluta. Scartata per il momento la dichiarazione dello stato d’emergenza – che richiede l’appoggio del parlamento – l’esecutivo non può perdere altro tempo. L’applicazione dell’articolo 155 della costituzione permetterebbe a Madrid di recuperare le competenze fondamentali e difendere l’interesse generale davanti alla disobbedienza delle autorità catalane. 

Trascorso un certo periodo sarà necessario svolgere nuove elezioni regionali. Allo stesso tempo la corte costituzionale deve valutare l’interdizione di Puigdemont e delle altre cariche coinvolte nell’insurrezione. Rajoy non può aspettare di diluire le responsabilità con un consenso trasversale prima di prendere provvedimenti. È compito del premier afrontare la sida più difficile che sia mai toccata alla democrazia spagnola. Da Rajoy non ci si aspetta solo che applichi la legge, ma che dimostri finalmente una leadership politica finora incomprensibilmente mancata. La nazione lo chiede e lo aspetta.

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