Jazz e romanticismo: «La La Land» e il ritorno del musical
5 Sep 2025 - Corriere della Sera
Di Maurizio Porro
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Il musical, uno dei generi di cinema che hanno fatto grande Hollywood, hanno reso leggendari artisti come Ginger Rogers, Fred Astaire, Gene Kelly, Busby Berkeley e che hanno sollevato lo spirito di milioni di spettatori, era praticamente sparito quando nel 2016 è arrivato La La Land e ha sbancato.
Era dagli anni ‘70, da Cabaret e Rocky Horror Picture Show, che non c’era un musical in locandina: il pubblico italiano, pur essendo lo stesso del melodramma, non ama mescolare parole e musica e ha rifiutato il secondo Joker: Folie à Deux (che invece è un’operazione a perfetto incastro), ma accettò col cuore La La Land, sulle onde di una storia d’amore baciata dalla malinconia.
All’attivo due attori cui voler bene e le coreografie di Mandy Moore che davvero legano insieme le note della vita (magnifica la scena nel traffico d’auto) al tempo che passa. Mia, una Emma Stone dalle mille sfumature, vuole fare l’attrice ma per ora lavora alla caffetteria della Warner, di fronte alla finestra dove Humphrey Bogart salutò Ingrid Bergman in Casablanca. Mentre Sebastian, un Ryan Gosling romantico ma non troppo, vuole aprire un locale jazz. Inizia, lungo cinque stagioni di alcuni anni (da prendere, volendo, come stagioni della vita), il gioco dell’amore e del caso, ciascuno inseguendo i propri sogni.
Il regista Damien Chazelle ha potuto realizzare il suo progetto solo dopo il successo di Whiplash e prima del flop di Babylon, conquistando tutti con scene come il duetto al chiaro di luna, il ballo romantico, la visione di Gioventù bruciata, l’ultimo incontro e l’ultimo sguardo. Ricorda Splendore nell’erba di (Elia) Kazan, le citazioni sono ottime e abbondanti. Ricevette 14 candidature agli Oscar del 2017 (un record, come Eva contro Eva e Titanic), ne vinse sei, compresi regista e attrice, ma Mrs. Stone già era ripartita da Venezia con una meritatissima Coppa Volpi.
La La Land, di Damien Chazelle, USA, 2016

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