Visentini e Roche mano nella mano
Era questo il sogno di Boifava per l’arrivo di Pila. Così Roche si sarebbe “scusato” pubblicamente per l’azione di Sappada e Visentini avrebbe goduto di un parziale risarcimento. Ma la caduta di Roberto ha impedito la realizzazione del piano ed attenuato la sua rabbia
Bicisport - Speciale “Il Giallo del Giro '87"
Con il braccio appeso al collo, Roberto ci accoglie in camera. Ha gli occhi spenti, rassegnati. Lui, che reagisce sempre in maniera aggressiva, questa volta ha pianto. Come un bambino impotente. Il dolore era fortissimo. Lo sconforto tanto. A Sappada aveva visto sfumare la maglia rosa, a Pila ha visto svanire anche la speranza di un piazzamento finale nelle prime tre posizioni.
Chi si aspettava dichiarazioni clamorose da parte sua alla fine del Giro, rimane deluso. Ancora una volta si dimostra ragazzo mite, buono, pronto a dimenticare e ricominciare. A dispetto di certi atteggiamenti guasconi, che pure ama. «Smettere? Con questo braccio ingessato, per forza!». Si sente sconfitto, innanzi tutto dalla malasorte. E per un attimo si mostra anche più morbido nei confronti dell’amico-rivale. «Forse, è un bene che sia andato tutto così. Pensa se oggi fossi caduto con la maglia rosa e avessi finito il Giro così…».
Si guarda il braccio. Gli fa male. Pulsa. Grazzi provvede e a stringere il laccio affinché il polso rimanga ancora più alto. Ha fatto subito le lastre, ma nessuno è stato in grado di fare la diagnosi. La “ferita” c’è ma non si sa distinguere se è la traccia della precedente frattura o invece la conferma della ri-frattura. Bisognerà lasciare il compito della diagnosi definitiva al medico che già lo scorso anno ha curato la frattura dello scafoide di Roberto.
«Eh sì, lo scorso anno ho cominciato con la mano ingessata, quest’anno finisco!”».
I suoi compagni si succedono nella camera. Gli esprimono il proprio incoraggiamento. Cadere a cinque chilometri dall’ultimo traguardo, sembra a tutti una beffa micidiale.
E di Roche? Non parla volentieri. Preferisce che sia la società a decidere. Lui vuole rimanere fuori. Ha detto quanto sentiva di dover dire e ora è pronto ad accettare qualsiasi decisione. Anche che l’irlandese rimanga. Anche se quest’ipotesi non sembra essere quella da lui preferita.
Aveva accarezzato l'idea del bis. E più volte ripete che se Roche non avesse compiuto quell’azione garibaldina, ora la maglia rosa sarebbe sua. Senza ombra di dubbio. Poi si guarda il braccio appeso al collo e non sa più cosa avrebbe voluto augurarsi.
«Sarei potuto risalire di qualche posizione ancora. Credo che con una buona cronometro avrei concluso nei primi tre, è già un bel risultato. No?».
Poi parla della corsa, delle novità che ha espresso. «Dicevano di quel Bernard… è un bel corridore, ma attenzione, non è neanche l’anticamera di Hinault. Altra classe, altro spessore. Breukink? Un giovane interessante, ma forse ancora troppo acerbo per una grande corsa a tappe. Forse, se avesse trovato uno dei vecchi Giri di Torriani, avrebbe avuto più possibilità. Sono andati bene anche i nostri Giupponi e Giovannetti, è sbagliato dire che gli italiani sono andati male. Gli italiani non sono abituati a corse così dure, ma non sono inferiori agli stranieri.
- Ed il percorso?
- Presto detto: il Giro d’Italia che ha vinto Moser lo abbiamo corso tutto con il 21, quest’anno abbiamo usato il 23 per tutta l’ultima settimana. Non c’è confronto tra questo e gli altri. Ma credo sia giusto così, bisogna insistere. Perché, ripeto, i corridori italiani non sono inferiori agli stranieri. Solo abituati a corse diverse.
Glissa sui suoi rapporti con Roche. Ha mantenuto la correttezza formale nei confronti dell’irlandese ma nulla di più. Eppure, Boifava aveva ottenuto dai due la promessa che avrebbero cercato di concludere da soli la tappa a Pila e Roche avrebbe lasciato la vittoria a Visentini, a parziale risarcimento e per sancire una riappacificazione almeno apparente. La caduta ha impedito l’ultima recita.
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