Tre tenori a Sanremo, il più bravo di tutti è ancora van der Poel


L’arrivo della Milano-Sanremo: Mathieu van der Poel, 30 anni, batte Ganna e Pogacar. 
È il secondo successo in via Roma per l’olandese dopo quello del 2023

La Repubblica - Domenica 23 marzo 2025
Pagina 32
MAURIZIO CROSETTI

SANREMO - Così si corre solo in paradiso. Questo è il sogno dell’innamorato della bici che la sera si corica immaginando salite, discese, pedivelle e ginestre, poi si accorge che è tutto vero. E chi se la ricordava, una Sanremo così? I tre più forti tutti insieme quando la strada s’impenna a Cipressa, la collina col nome dell’albero femmina, e due sono gli ultimi campioni del mondo, cioè Pogacar e van der Poel, Taddeo e Matteo, mentre il terzo è Ganna, l’uomo che voleva essere un aviogetto e alla fine, dopo lungo studio e lavoro, c’è riuscito. Non a vincere qui, purtroppo, nel festival di Sanremo della bellezza che quasi sempre diventa il festival dei saremo : saremo primi un’altra volta, saremo vincitori in qualche strano tipo di futuro.

Il primo italiano a portarsi a casa la gara matta si chiamava pure lui Ganna, però Luigi, ed era il 1909.

Nessuna parentela, se non quell’essere fratelli di sangue e fatica che accomuna tutti i corridori di ogni tempo. Filippo, non Luigi, resiste sulla Cipressa, resiste sul Poggio, si stacca, si tuffa a tomba aperta verso il mare, recupera, riaggancia le due divinità ai settecento metri e poi conosce l’ineluttabile: che è un istante d’attesa di troppo, prima dello scatto dell’olandese che fa poltiglia delle speranze altrui come due anni fa, oltre che degli atomi di energia residua. «Sì, forse ho aspettato troppo, ma davvero non potevo fare di più, di questo sono certissimo. Avevo davanti il campione del mondo e uno che ha vinto più classiche delle dita di una mano. Mi sa che finché c’è Mathieu, qui si arriva secondi». Come lui nel 2023, sempre dietro al ragazzone, il nipote di nonno Popou Poulidor, colui che qui sbagliò strada negli ultimi metri eppure vinse lo stesso. «Sono troppo felice, in salita non mi staccavo mai e alla fine li ho anticipati, forse li ho sorpresi» racconta Mathieu, fresco come una rosa di serra.

Il paradiso comincia all’inferno nella pioggia del mattino, con la strada che puzza di bagnato per cento chilometri. Tanto vento, e ciclisti come cani fradici. In otto in fuga, succede sempre, poi un occhio di sole scalda le anime dei fachiri. Il gruppo corre con il mare accanto, il “mare fuori” e loro in prigione. Spade di luce color perla sulle onde increspate. La corsa li assale, finché sulla Cipressa non comincia a scattare Tadej Pogacar e sono tante piccole disperazioni messe in fila, strappi di denti e gambe. Il resto del gruppo si spacca, non van der Poel, non Ganna. E qui comincia il più bello dei sogni, con i tre tenori di Sanremo che non azzardano neppure un gesto che non sia indimenticabile. È un cruciverba a schema fisso: l’iridato scatta, spacca e attacca, l’olandese muore sul manubrio per non mollare, l’italiano crepa di fatica cento volte per non pentirsene mille. Cede solo un poco, poi recupera. La fine non è nota, non ancora.

Chilometri di pianura sfiorando un mare in disuso, con le finestre delle case di vacanza ancora sbarrate e le cabine smontate, accatastate sulla sabbia, in attesa. Quel tempo verrà. I tre giganti non hanno occhi per l’azzurro del cielo e dell’acqua, è già ora di svoltare a destra verso il Poggio. «Magari la salita fosse stata più lunga di dieci chilometri, e più dura…» dirà Pogacar al traguardo, con il ghigno di uno sconfitto che sorride, terzo come l’anno scorso.

«La Roubaix? Non ho deciso».

Ma quel Poggio lo voleva divorare. Scatta una, due, tre, quattro volte, Ganna si sfilaccia, van der Poel non cede e anzi rilancia dopo il quarto battito del nemico. Una danza pazzesca, infine il tuffo verso la riva desiderata. E Ganna, sempre lì a incarnare la fiducia: affronta i pericoli della discesa con l’esattezza della posizione in sella, il sublime corpo unico dell’inseguitore. Lo stilista più potente del creato. L’aviogetto.

Filippo difatti atterra proprio sul pianeta dei due alieni a un sospiro dal traguardo, la linea bianca che gli addetti avevano inchiodato sull’asfalto verso mezzogiorno, a martellate.

La gente osserva, un papà ciclista ha caricato due bambini piccoli sulla sua stessa bici per condurli lì, nella chiesa sotto il cielo, perché un giorno ricorderanno.

Gli ultimi metri sono già scritti.

Imbattibile Mathieu, insondabile Tadej, indomabile Filippo. Sulla siepe s’infiamma una mimosa e questo fiore è per Gianni Mura, cinque anni dopo. “Le jardin reste ouvert pour ceux qui l’ont aimé” (“Il giardino resta aperto per chi l'ha amato”). Nei nostri cuori è sempre primavera.


La gara femminile - Vince Wiebes

La Sanremo femminile tornava dopo 20 anni: successo allo sprint per l’olandese Lorena Wiebes (foto) sulla connazionale Marianne Vos. Elisa Longo Borghini ripresa a 150 metri dall’arrivo.

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