«That's Two For McAdoo!»


di CHRISTIAN GIORDANO ©

Uno dei soli otto giocatori NBA capaci di vincere la classifica marcatori almeno tre volte, Bob McAdoo ha contribuito a cambiare il ruolo del big man nel basket pro'. È stato uno dei primi centri rapidi, poco fisici, fin dai primi anni ’70. Incubo dei difensori di qualunque taglia, con il suo range quasi illimitato puniva il centro avversario attirandolo lontano dal canestro e se invece gli appiccicavano un piccoletto , dall'alto del suo 2,04 gli tirava in testa a visuale libera. Insomma, una sentenza.

Quando, nel 1972, arrivò a Buffalo dalla University of North Carolina, si adattò controvoglia a giocare ala perché i Braves lo ritenevano troppo leggero per giocare pivot nella NBA. Ma pur giocando fuori posizione, fu Rookie of the Year a 18 punti a partita.

L’anno seguente, i Braves cedettero il centro Elmore Smith e spostarono McAdoo nel mezzo. Bob rispose col titolo di capocannoniere a 30.6 di media e, pur tirando quasi la metà delle volte dalla distanza, la miglior percentuale su azione dell'intera lega. Quell’anno Kareem Abdul-Jabbar gli soffiò di un pelo l’MVP, e Bob se la legò al dito. La stagione dopo, però, fu un plebiscito: McAdoo, top scorer a 34.5 punti per gara, alzò il trofeo di miglior giocatore.

Per essere un lungo, McAdoo era rapidissimo nel puntare a canestro e aveva grande accelerazione. Spesso criticato per la pessima difesa, era per tempismo un ottimo stoppatore. Era però anche, se non soprattutto, un eccelso tiratore. Mettendola da ogni dove, aveva stravolto i canoni di cosa dovesse intendersi per «brutto» tiro, o anche solo mal selezionato. John Havlicek, l'immortale "maratoneta" dei Celtics, lo definì «il tiratore più puro che si sia mai visto». E Billy Cunningham, iconico Kangaroo dei Sixers, gli andava a ruota: «Dopo Wilt, il più grande realizzatore in circolazione».

In apparenza freddo, sempre con quell’espressione austera, McAdoo era un centro con il range di una guardia. Un Patrick Ewing avanti lettera, senza però quelle spalle da Muraglia cinese. A chi ne contestava l'applicazione difensiva, Bob replicava: “Nessuno può segnarmi contro più di quanto possa segnargli contro io. Né [Dave] Cowens, né Jabbar, né nessun altro”. Amen.

Nato il 25 settembre 1951 a Greensboro, nel North Carolina, Robert (Bob) Allen McAdoo jr. prima di UNC aveva condotto il Vincennes JC of Indiana al campionato nazionale per junior college. Dopo aver trascinato i Tar Heels alle Final Four del 1972 (UNC fu eliminata da UCLA) e con ancora un anno di eleggibilità, chiedendo alla NBA lo status di indigenza aveva scatenato un polverone, nel North Carolina e nella lega.

Quando, alla fine del suo anno da sophomore decise di passare professionista, i "tifosi" (ehm) dei Tar Heels gliela giurarono. Nel frattempo il Commissioner della NBA, Walter Kennedy, venne informato dai Virginia Squires della ABA che McAdoo aveva già firmato con loro. Kennedy allora “consigliò” alle squadre NBA di non sceglierlo al Draft. Suggerimento raccolto per esempio dai Trailblazers, che bypassarono sia lui sia Julius Erving e dirottarono la prima scelta assoluta su LaRue Martin di Loyola University.

L'apripista di una leggendaria flop 6 di Portland nella lottery, in ordine cronologico: Barry Parkhill nel '73, Wally Walker su Robert Parish nel '76, Sam Bowie su Michael Jordan, Charles Barkley e John Stockton nel 1984, Tyrus Thomas 2006 (anche se poi dallo scambio con l'ala Viktor Khryapa arrivò LaMarcus Aldridge), Greg Oden su Kevin Durant nel 2007.

Nel '72 Buffalo sceglieva subito dopo Portland e, incurante delle “raccomandazioni”, rischiò tutto su McAdoo. Il contratto con Virginia fu giudicato non valido perché firmato da McAdoo ancora minorenne. Braves e Squires risolsero consensualmente, e vissero quasi tutti felici e contenti: Buffalo ebbe la sua nuova star e Bob di che sfamarsi, per sé e per le proprie, future generazioni.

McAdoo giocò quindici stagioni NBA - spesso con la sindrome del sottovalutato - fra Braves, Knicks, Celtics, Pistons, Nets, e negli anni ’80 (ai Lakers, partendo dalla panchina) vinse due titoli. Tre ne ha vinti invece da assistente allenatore ai Miami Heat. Da giocatore chiuse alla media di 22.1 punti a partita, ma negli otto anni da titolare aveva sempre scollinato quota 26.

Lasciati i Sixers e la NBA, a 35 anni nel 1986, furoreggiò anche nel Bel Paese (26.6 di media in sette stagioni fra Milano, Forlì, Fabriano). Lì conobbe la futura moglie Patrizia e fece stropicciare gli occhi nel vederlo tuffarsi, faccia sul parquet, anche per la più insignificante delle palle vaganti. Ma soprattutto continuò a bruciare retìne. E a quel che se la vedessero oltreoceano per tradurre l'ormai familiarissimo «That’s two for McAdoo!». Altri due per McAdoo, solo che di là fa rima.


Bob McAdoo
Nato: 25 settembre 1951, Greensboro (North Carolina)
Statura e peso: 2.04 per 100 kg
Ruolo: centro/ala
High School: Ben Smith (Greensboro, North Carolina)
College: junior college: Vincennes (Indiana), 1969-71; University of North Carolina, 1971-72); All-American (1973)
Carriera NBA: 1972-86
Squadre principali: ABL: Pittsburgh Rens (1961-63), ABA: Pittsburgh-Minnesota Pipers (1967-69); NBA: Phoenix Suns (1969-73), Los Angeles Lakers (1973-75), Atlanta Hawks (1975-76)
Medie NBA in carriera: 16.5 PPG, 4.1 APG, 8 RPG (regular season); 19.3 PPG, 4.8 APG, 11.4 RPG (playoff)
Riconoscimenti: 2 titoli NBA (1982, 1985); NBA MVP (1975); NBA Rookie of the Year (1973); 5 volte Al-Star

(*) Richiedendo lo status di indigenza si poteva ottenere con un anno di anticipo l’eleggibilità per il draft NBA.

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