Alex "The Nose" Groza, lo Shoeless Joe della NBA


di CHRISTIAN GIORDANO

Alex “the Nose” Groza era il fratello di quel che Lou Groza poi assurto alla notorietà come placekicker nella NFL, la maggiore lega pro di football americano. I due erano cresciuti a Martins Ferry, nell’Ohio, località che qualcosa di particolare dovrà pur averla se è vero che ha dato i natali anche ai fratelli Niekro del baseball e, per tornare al basket, ad un certo John Havlicek. Ma Alex avrebbe potuto sfondare forse più di tutti questi messi assieme. Già, avrebbe.

Possente ala di 1.99, Alex era il lungo dell’indimenticabile Kentucky che, nel 1948, fu ribattezzata “The Fabolous Five”, i fantastici cinque. Quella formazione andò sul 34-2 e vinse il primo campionato nazionale nella storia dell’ateneo. In finale Groza, MVP del torneo, segnò un team-high di 14 punti nella vittoria per 58-42 su Baylor e compagni.

Tutti e cinque i titolari di Kentucky si assicurarono un posto nella squadra olimpica USA che quell’estate vinse a Londra la medaglia d’oro, così nessuno si sorprese granché nel vedere i Wildcats bissare, nel 1949, il titolo di campioni nazionali. In finale batterono Oklahoma A&M per 46 a 36, con Groza autore di 25 punti. In tre partite Groza segnò 82 punti, record del torneo, e fu nuovamente nominato MVP. Come ciliegina sulla torta, fu anche eletto Giocatore di college dell’anno e si meritò gli onori di All-America per il terzo anno consecutivo.

Groza continuò a brillare di luce propria anche negli Indianapolis Olympians della NBA. Alla sua sola quarta partita da professionista, con 41 punti uccise i Knicks davanti a una folla di 18135 persone, la più numerosa mai vista al Madison Square Garden per una gara pro. Alex ebbe di media 23.4 punti a partita in quella stagione, secondo solo a re George Mikan, e fece parte del primo quintetto di All-Star.

Essendo i due migliori lunghi della Lega, ogni volta che si affrontavano, Mikan e Groza davano vita a duelli memorabili. La loro rivalità continuò anche nella seconda stagione di Groza, quando con 21.7 punti di media Alex, di nuovo titolare all’All-Star Game, finì subito dietro il capocannoniere Mikan. Ma il duello si sarebbe chiuso lì perché Groza non avrebbe più giocato un solo minuto in NBA.

Il 22 ottobre 1951, mentre assistevano a un’amichevole di precampionato allo Chicago Stadium, Groza e l’altra stella di Kentucky Ralph Beard furono arrestati e portati a New York per rispondere ad alcune imputazioni. Groza ammise subito che lui ed altri due suoi ex compagni di Kentucky non avevano dato il massimo nella sconfitta contro Loyola al NIT del 1949. Ciascun giocatore aveva ricevuto 500 dollari per quello che in gergo si chiama fixing, cioè il fissare, più che l’esito, lo scarto nel punteggio finale dell’incontro. La partita incriminata era parte di uno scandalo di scommesse clandestine di più vasta portata che scosse dalle fondamenta l’intero mondo del basket.

Groza si dichiarò subito colpevole e in cambio della collaborazione prestata nelle indagini, ricevette una sentenza di sospensione dall’attività agonistica. Ma a radiarlo fu la NBA stessa. Quando, per essere riabilitato, si rivolse ai proprietari delle franchigie NBA, la sua richiesta fu respinta all’unanimità, anche Indiana infatti aveva votato contro. Quella che sembrava una sicura carriera da Hall-of-Famer era andata a monte e Groza dovette reinventarsi una vita.

Alex trovò un impiego alla General Electric, fece il commentatore sportivo e intanto dava anche una mano nella taverna della madre. Nel 1959 trovò finalmente un incarico come allenatore, al piccolo Bellarmine College di Louisville, nel Kentucky. Groza fu in assoluto la prima persona implicata nello scandalo delle scommesse a rientrare nel college basketball. Un ritorno che poteva nascondere ovvie difficoltà, anche se forse, come spiegò lui stesso, era davvero ora di chiudere i conti col passato: “Alla fine ho deciso che non potevo più nascondermi. Ho già scontato dieci anni di pena, la gente sarà clemente”.

Groza allenò Bellarmine per sette anni prima di essere assunto come scout dai Kentucky Colonels della ABA. Nel 1970 ne divenne il business manager e quando i San Diego Conquistadors entrarono nella NBA, nel 1972, lo nominarono general manager. La squadra alla fine fallì e la carriera di Groza nel basket raggiunse il suo amaro capolinea. Ma Alex non si perse d’animo e restò in California per ricoprire l’incarico direttore commerciale regionale per la Reynolds Metals di San Diego.

In definitiva a Groza sarebbe potuta andare peggio: ha avuto una grande carriera al college e successo negli affari. È solo che avrebbe potuto essere uno dei più grandi giocatori NBA di tutti i tempi. Avrebbe.

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