Terry Dischinger, piuttosto l’ingegnere

di CHRISTIAN GIORDANO

Bravo studente di ingegneria chimica che frequentava Purdue grazie ad una borsa di studio accademica, in campo Terry Dischinger si rivelò una gradita quanto insperata sorpresa anche per i Boilermakers. Nonostante la fitta agenda di impegni che gli concedeva meno di quattro ore di sonno per notte, Dischinger, esile ala di 1.97 per 85 kg, da sophomore fu capocannoniere della Big Ten, stabilendo anche, in virtù di un tiro da fuori preciso e di una certa propensione a colpire bene i tabelloni, sette record realizzativi dell’ateneo.

Dopo quella stagione il diciannovenne Dischinger fece parte della selezione americana che vinse l’oro alle Olimpiadi di Roma 1960. Terry, il più giovane cestista USA in una competizione olimpica, fu il miglior marcatore fra le ali della squadra e secondo solo ai leggendari Oscar Robertson e Jerry West nella graduatoria assoluta.

Avendo già provato quello che secondo molti era l’emozione di tutta una vita, Terry ritornò a Purdue per altre due straordinarie stagioni, concluse con i record di Big Ten per punti in una stagione e per punti in carriera. Dischinger deteneva anche il primato di conference per punti in una partita (52) ed era presente in tutte le selezioni di All-America. Con la chiamata della NBA ormai imminente, Dischinger, temendo di dimenticare tutto ciò che aveva imparato al college, decise incredibilmente di rinunciare a passare professionista, per cercare di fare carriera come ingegnere. 

Al primo giro del Draft NBA del 1962 Dischinger fu saltato, ma i Chicago Zephyrs ne fecero la prima scelta del secondo giro. Terry nel frattempo aveva già trovato lavoro alla Phillips Petroleum Company, ma gli Zephyrs gli fecero un’offerta particolarmente originale che non poteva lasciarlo indifferente. Per convincerlo a lasciare il lavoro, gli Zephyrs gli trovarono a Chicago un posto da ingegnere, un’attività che avrebbe potuto svolgere nei mesi estivi, a stagione agonistica conclusa. Ma una volta superato quello che sembrava l’ostacolo più grosso, i dirigenti avrebbero avuto a che fare con il suo desiderio di terminare gli studi. A Terry mancavano pochi esami per laurearsi a Purdue, e così, in quello che deve essere stato il più insolito contratto da rookie di sempre, gli Zephyrs sottoscrissero la clausola secondo cui Dischinger poteva saltare le trasferte qualora queste avessero interferito con i suoi studi.

L’insolita concessione, oltre ad aver suscitato l’ilarità degli altri proprietari delle franchigie NBA, non si rivelò un grande affare per Chicago: quell’anno, infatti, Dischinger giocò solo 57 gare. Per metà campionato, comunque, non avrebbe riso nessuno, anzi, visto che Dischinger fu l’unica matricola ad essere convocata per l’All-Star Game. E quando la stagione terminò, Dischinger aveva in tasca 25.5 punti di media, il record NBA fra le ali di miglior percentuale dal campo (51.7%) e il premio di Rookie of the Year.

Per un rookie, fu una delle migliori stagioni nella storia della NBA, e anche la migliore in carriera per Dischinger, che la stagione successiva segnò 20 punti a partita per poi essere ceduto alla derelitta Detroit. L’anno seguente Terry entrò nell’esercito e quando due stagioni dopo fece ritorno ai Pistons, aveva perso il suo magico tocco al tiro. Dischinger giocò altri sei anni nella NBA, ma ormai racimolava a malapena 10 punti a gara. Il suo tempo era finito.

Terry Dischinger decise così di dedicarsi alla sua futura carriera di ingegnere. In quella cestistica, invece, con una medaglia d’oro olimpica e un trofeo di Matricola dell’anno, il meglio era già passato.

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