HOOPS PORTRAITS - Gene Conley, battute di spirito



di CHRISTIAN GIORDANO

Gli ex pitcher Ron Reed e Dave DeBusschere hanno giocato a livello professionistico per qualche anno sia a basket sia a baseball. 

Bo Jackson ha trascorso un paio d’anni giocando nello stesso periodo a baseball e a football. 

Ma dai tempi di Jim Thorpe il solo uomo a sfondare per davvero in due sport professionistici è stato Gene Conley, che in undici anni disputò diciassette stagioni di big league: undici nel baseball e sei nella NBA. E Conley è anche l’unico ad aver vinto il campionato in entrambi gli sport.

Centro di 2.02 i cui punti di forza erano il saper andare a rimbalzo e far partire il contropiede, Conley era il rimpiazzo di Bill Russell nei Boston Celtics tre volte campioni NBA dal 1959 al 1961. Giocando anche come ala di riserva, Conley in quegli anni arrivò a scendere in campo fino a quindici minuti a partita, e poi era un saltatore talmente fenomenale che certe volte andava lui al centro a saltare al posto di Russell. Ma se non fosse stato per un infortunio al braccio Conley non sarebbe mai arrivato a vestirsi di biancoverde.

Allegra matricola da Washington State, Conley arrivò ai Celtics nel 1952 e nel corso della stagione, per nulla spaventato dal nuovo palcoscenico dei pro', continuò a farsi le sue brave risate firmando autografi spacciandosi per la star di quei Celtics, “Easy Ed” Macauley. In campo però era serissimo. Noto per il duro lavoro a rimbalzo e la feroce competitività Conley, ottimo atleta all-around, firmò anche con i Boston Braves che per lui presagivano un grande futuro da pitcher.

Dopo una stagione nella NBA Conley accettò l’offerta dei Braves che, a patto di lasciare il basket, gli avrebbero permesso di cominciare la stagione nelle major leagues. Lì per lì parve una decisione saggia: Boston vinse quattordici partite e Conley finì terzo, davanti a un signor compagno di squadra di nome Hank Aaron, nella votazione per il Rookie-of-the-Year 1954 della National League. L’anno successivo, Gene fu il pitcher decisivo dell’All-Star Game eliminando gli avversari nel dodicesimo inning. Ma in quella stessa annata Conley s’infortunò ad una spalla che avrebbe continuato a dargli fastidio per il resto della carriera.

Nonostante le frequenti infiltrazioni di cortisone Conley fu ancora in grado di dire la sua nel campionato del 1957, quando i Braves vinsero le World Series. Ma nel 1958, con lui sullo 0-6, fu ceduto ai Phillies. Ormai non più certissimo delle proprie doti sul monte di lancio Conley chiamò il coach dei Celtics Red Auerbach, che acconsentì di pagargli un biglietto di sola andata per Boston. Era tutto ciò che Conley voleva sentirsi dire: poteva provare per i Celtics e tornare al suo vecchio lavoro. Pur avendo saltato cinque stagioni NBA Conley riuscì a “fare” la squadra e i Celtics vinsero il titolo. Per non perdere il vizio Conley seguitò comunque a lanciare per i Phillies, ultimi in classifica con appena 12 partite vittorie. La doppia carriera di Conley pareva finita e invece durò altri cinque anni.

Conley però viene spesso ricordato anche per le sue leggendarie scappatelle extra-agonistiche. 

Era famosa la sua capacità di riuscire a giocare pur con i brutti postumi di una sbornia, e spesso direttamente senza essere andato a dormire. Nel 1962 Conley assurse allo status di leggenda vivente quando, una volta smontato dal pullman della squadra dei Red Sox a New York, scomparve per due giorni. Ricomparve finalmente all’aeroporto di New York ad aspettare in coda per comprare un biglietto alla volta di Israele, tentativo fallito perché non aveva il passaporto. Conley venne multato di 1.500 dollari con l’obbligo di stare alla larga dall’alcool. Funzionò e per la squadra la stagione si chiuse con 15 vittorie e un non disdicevole ottavo posto.

In quegli anni Conley saltava sistematicamente gli allenamenti primaverili che davano il via alla stagione agonistica del baseball. Era sua consuetudine infatti passare direttamente dai playoff della NBA a qualche settimana in una farm team dei Braves. E spesso Gene ci scherzava su dicendo di aver bisogno di quelle settimane post-basket per rimettersi sufficientemente fuori forma da poter giocare a baseball.

Ma tutto questo non deve ingannare: la duplice carriera di Gene Conley è stata un successo. Così come lo è stata la sua carriera dirigenziale nella Old-Timers Association della NBA, l’associazione di vecchie glorie al cui impegno si devono gli attuali benefit pensionistici destinati agli ex giocatori che militavano nella Lega quando non esisteva l’attuale piano previdenziale. Scherzando si impara.

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