Jumpin' Joe Fulks, il padre del jump shot


di CHRISTIAN GIORDANO

A parte rarissime eccezioni (vedi Giannis Antetokounmpo) oggi è quasi impossibile per una franchigia NBA scoprire un grande talento ancora sconosciuto o quasi. Ma nei lontani anni Quaranta, quando scouting e reporting scientifici non erano nemmeno concepibili, poteva succedere, e così andò nel caso di Joe Fulks. Il padre del jump shot.

Nato nel 1921 a Kutawa, nel Kentucky, aveva giocato per il locale, minuscolo Murray State Teachers College. Poi, durante la Seconda guerra mondiale, si era arruolato nei Marines per un periodo di ferma di quattro anni.

Durante il servizio militare Joe giocò parecchio a basket e poté misurarsi contro numerosi All-American universitari, esperienza che lo convinse di poter ben figurare anche nei pro'. Dello stesso avviso era Petey Rosenberg, ex cestista professionista che lo aveva visto giocare a Pearl Harbor. Rosenberg lo raccomandò (in senso buono) a Eddie Gottlieb, il suo vecchio boss ai Philadelphia Warriors, che non si lasciò sfuggire l'occasione di firmare "Jumpin' Joe" con un contratto da professionista una volta che questi fosse tornato a casa.

Passato pro' nel 1946, la prima stagione della Basketball Association of America (BAA), lega che sarà poi assorbita dalla National Basketball League (NBL) per formare la National Basketball Association, a venticinque anni Fulks era ben più anziano di gran parte delle altre matricole. Ma anche molto più forte. Segnò 25 punti al debutto nei Warriors, e finì capocannoniere a 23 di media, quasi 7 in più a partita rispetto al secondo classificato, Bob Feerick dei Washington Capitols. Fulks trascinò Philly al titolo, realizzando 34 punti nella decisiva gara5 sui Chicago Stags.

A quei tempi i migliori realizzatori erano quasi esclusivamente big men, Fulks invece era un'aletta di 1,94. Per segnare con tale continuità aveva dovuto inventarsi qualcosa di speciale, e quel qualcosa fu il primo, immarcabile jump shot del basket professionistico. Quel tiro qualcuno cominciò a chiamarlo "ear shot", perché Jumpin' Joe - per inciso, gran saltatore - faceva partire il pallone da dietro le orecchie. Una cosa, sin lì, non solo mai vista ma inaudita. Come inaudite erano le sue esplosioni realizzative, specie una risalente al 1949.

"Big" George Mikan era entrato nella lega l'anno precedente, e al primo tentativo aveva strappato a Fulks il titolo di capocannoniere. Ma il 10 febbraio di quell'anno, in casa contro gli Indianapolis Jets, Joe deliziò i tifosi regalando loro un exploit da 63 punti, arrivati nei modi più disparati: jumper in avvitamento, layup con perfetto ambidestrismo e i classici piazzati. Quel record avrebbe resistito per dieci anni, fino a quando, nel 1959, Elgin Baylor lo superò di un punto. Poi lo stesso Baylor riuscì a migliorarsi, ma quelli di Fulks erano davvero altri tempi e un altro basket.

Joe giocò per otto anni con i Warriors prima di ritirarsi, nel 1954, a trentatré anni. Una carriera più breve di altre anche per via del tardivo ingresso nei pro'. Secondo i suoi detrattori era lento, e tutt'altro che insuperabile in difesa. Ma come primo grandissimo tiratore del basket pro', e autentico pioniere del tiro in sospensione, Jumpin' Joe Fulks è entrato nella storia del gioco. E dalla porta principale.

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio