Jack Molinas, il fiore del male



di CHRISTIAN GIORDANO

Jack Molinas è stato uno dei più grandi giocatori del college basketball degli anni ’50. Ala di 1.97 della Columbia University, aveva tutto per sfondare. Aveva un ottimo tiro, era rapido, forte e un rimbalzista di grande istinto. Ma la dote che più lo contraddistingueva era l'eccezionale intelligenza (QI: 175). 

A Columbia, riscrisse il record book dell’istituto. Viaggià alla media di 18 punti a partita, e i suoi 31 rimbalzi in una gara, contro Brown, sono ancora un primato dell’ateneo. La notorietà vera però la raggiunse per traguardi extrasportivi, e tutt'altro che edificanti.

Da sophomore fu sospeso per un semestre per aver scagliato dalla finestra uno specchio. Il tempo perduto lo recuperò frequentando le lezioni durante l’estate, e lasciata la Columbia University, nel 1953, fu la prima scelta al Draft NBA dei Fort Wayne Pistons, la terza assoluta dopo le tre territorial picks (Ernie Beck, Walter Dukes e Larry Hennessy) e le stelline del college Ray Felix di Long Island, chiamato dai Baltimore Bullets, e Bob Houbregs di Washington, scelto dai Milwaukee Hawks. E davanti a Richie Regan di Seton Hall (finito ai Rochester Royals) e Frank Ramsey (di Kentucky), futuro Hall-of-Famer e archetipo del grande sesto uomo ai dinastici Boston Celtics.

Nella prima metà stagione da matricola, Molinas fu selezionato per l’All-Star Game del 1954 al Madison Square Garden. Ma dieci giorni prima del grande evento fu bandito non solo dalla Partita delle stelle ma dall'intera NBA.

Un passo indietro. Nel dicembre 1953 l'allora Commissioner della NBA, Maurice Podoloff, era stato informato che su Molinas giravano voci su presunte scommesse in cui pareva che l’ex Columbia fosse stato invischiato. Svolta qualche indagine, Podoloff interrogò Molinas, che ammise di aver piazzato qualche puntata, ma sempre sulla vittoria della propria squadra.

Constatato con mano i danni che lo scandalo del 1951 aveva recato al college basketball, Podoloff radiò Molinas, appellandosi alla clausola secondo la quale i contratti NBA proibivano ogni forma di scommesse riguardanti incontri di campionato. A Molinas non fu rivolto alcun capo d’imputazione, ma dovette dire addio ai 9.600 dollari di stipendio come giocatore NBA.

Jack allora s'iscrisse a legge e diventò un procuratore di fama, ma la sua battaglia legale per ottenere la riabilitazione dalla NBA continuò senza successo. Tornò invece alla ribalta, ma per fatti non agonistici. Il suo ritorno al basket lo vide figura-chiave di una nuova ondata di scandali che travolse il basket universitario nel 1961, dieci anni dopo la prima bufera. Molinas era il principale collegamento fra gli scommettitori e i giocatori in una rete clandestina comprendente quarantasette atleti di vari college, da NYU a Mississippi State.

Molinas era stato coinvolto nel fixing di partite giù ai tempi di Columbia, ma all’epoca era stato bravo a non farsi cogliere sul fatto e non fu neanche indagato. La seconda volta non fu altrettanto bravo né fortunato.

Per il ruolo avuto nello scandalo del 1961, scontò quattro anni in una prigione federale. Quando ne uscì continuò a farsi coinvolgere in avventure più o meno discutibili, tra cui film pornografici, per tirar su soldi alla svelta. All'alba del 3 agosto 1975, nel suo giardino a Los Angeles, la tragica fine per debiti con la mala: giustiziato da un sicario alla maniera dei gangster, con una pallottola in testa.

Louis Jacob Molinas detto Jack aveva quarantatré anni quando morì per la seconda volta. La prima? Dopo appena 29 gare di NBA. 

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