3 cose da sapere su “El Loco Impresentable” Houseman
http://zonacesarini.net/2014/12/16/3-cose-da-sapere-su-el-loco-impresentable-houseman/
“Per me non è esistito mai un giocatore dello stile di Houseman. È l’unico che corre nell’aria, senza toccare il terreno. Riferendosi a Pelè: René è più dotato, più pazzo, più geniale, più inventore con la palla.”
Pensieri e parole di uno dei padri del menottismo nel calcio argentino: Miguel Angel Juàrez. Quel che è certo - oltre all’epica un po’ malinconica di un racconto calcistico tipicamente argentino - è il talento puro in questione. Quello di René Houseman. O meglio: El Loco Impresentable.
Soprannome che sapeva di sentenza per qualcuno destinato a rincorrere il futuro esclusivamente dietro ad un pallone. Un epitaffio prematuro. Ma Houseman non è mai stato certo un personaggio normale. Come in campo, così fuori. Outsider poverissimo, villero sporco e anarchico, ala nevrotica ed esplosiva, uomo dal fisico limitato e giocatore dal calcio immaginifico: destabilizzante, estroso ed adrenalinico. Ecco tre cose da sapere assolutamente su El Loco Impresentable.
Umiliò l’Italia di Valcareggi a Germania ’74
Cosa succede quando un’ala di 1,66 per 63 kili incrocia un moloch statuario come Giacinto Facchetti? La risposta sta tutta nella partita di René Houseman contro l’Italia a Monaco di Baviera. Un incubo per gli azzurri, direttamente dal profondo della fascia sinistra.
Con quell’abilità rara di giocare indifferentemente di destro e sinistro, El Loco mise in imbarazzo un’Italia monocorde e mediocre; prese botte e tackle degni del judo per quel modo di dribblare scivolando via come una vespa e riuscì a segnare un gran gol sgusciando alle spalle di Facchetti, infilando un pallonetto mancino morbido e velonoso al tempo stesso.
Condanna a morte per l’Italia di Valcareggi, ascensore per le fasi finali per un’Argentina ancora in evoluzione. Che soltanto quattro anni dopo - nei Mondiali della Vergogna - avrebbe raccolto i frutti di una generazione d’oro. Houseman (part-time) compreso.
Scomparve nei barrios e finì a vivere sotto un ponte
Houseman, al contrario del cognome che si portava dietro, è stato un homeless per un lungo periodo della vita. Un genio schizoide su quella stretta porzione di campo che è la fascia ed un uomo senza limiti e confini morali al di qua della linea bianca: Houseman è finito male a causa dell’alcol. O forse si è arreso all’alcol perché era finito male. Proprio come Garrincha.
O almeno, questo è ciò che dirà un giorno durante un’intervista a seguito del suo “ritrovamento” nei pressi di un ponte vicino al Parque Patricios, epicentro cittadino del clùb della sua vita: l’Huracàn. Recuperato nei primi anni zero dal vagabondaggio nei barrios e inglobato con un ruolo tecnico in società - dopo anni di buio abbandono e alcolismo nomade - con espressione provata e viso solcato dalle rughe, dichiarerà soltanto: “Se spreco anche questa chance, sono proprio un coglione”.
Giocò Huracan - River Plate da sbronzo (segnando)
Qui la storia racconta di un personaggio folle e geniale. Ingestibile e generoso. Un passionale che non cambierà mai, perchè nemmeno ci proverà. È il 1973 e Menotti sa bene che la sua occasione di trionfare contro il River Plate passa quasi esclusivamente dai piedi sublimi e incontrollabili del Loco. Quello che ancora non sa è che Houseman si presenterà a quella sfida di cartello direttamente da una notte insonne, passata a girovagare per le feste e i club di Buenos Aires attaccato al fondo di molte cervezas e chissà quanti rum.
Non sopportava i ritiri, el Loco. Nella sua concezione ludica e naif del gioco del pallone non riusciva proprio a concepirli: artefatti, reazionari, noiosissimi. Insomma, anche l’Argentina aveva il suo George Best.
Così, quel pomeriggio del 1973, Houseman sbucò al campo dopo oltre 10 ore di assenza a seguito della sua fuga fuori orario. Senza nemmeno il tempo per dormire né per rimettersi dalle conseguenze della sarabanda alcolica notturna, Houseman saltò in campo. E più che giocare quello che fece fu aggirarsi per il prato.
Fu così fino a che - a 15 minuti dal termine - ricevette il pallone, si liberò con un dribbling secco dei due centrali - Perfumo e Ártico - e infine superò il Pato Fillol nell’uno contro uno. Gol. 1-0 Huracan. Prodezza del Loco. Il River però ebbe ancora il tempo per pareggiare: 1-1. Tutto inutile.
Perché quell’incontro sarà per sempre ricordato per il golazo di Houseman, piombato da un’imprecisata festa di compleanno persa nel cuore della notte argentina. Inolvidable Loco.
“Per me non è esistito mai un giocatore dello stile di Houseman. È l’unico che corre nell’aria, senza toccare il terreno. Riferendosi a Pelè: René è più dotato, più pazzo, più geniale, più inventore con la palla.”
Pensieri e parole di uno dei padri del menottismo nel calcio argentino: Miguel Angel Juàrez. Quel che è certo - oltre all’epica un po’ malinconica di un racconto calcistico tipicamente argentino - è il talento puro in questione. Quello di René Houseman. O meglio: El Loco Impresentable.
Soprannome che sapeva di sentenza per qualcuno destinato a rincorrere il futuro esclusivamente dietro ad un pallone. Un epitaffio prematuro. Ma Houseman non è mai stato certo un personaggio normale. Come in campo, così fuori. Outsider poverissimo, villero sporco e anarchico, ala nevrotica ed esplosiva, uomo dal fisico limitato e giocatore dal calcio immaginifico: destabilizzante, estroso ed adrenalinico. Ecco tre cose da sapere assolutamente su El Loco Impresentable.
Umiliò l’Italia di Valcareggi a Germania ’74
Cosa succede quando un’ala di 1,66 per 63 kili incrocia un moloch statuario come Giacinto Facchetti? La risposta sta tutta nella partita di René Houseman contro l’Italia a Monaco di Baviera. Un incubo per gli azzurri, direttamente dal profondo della fascia sinistra.
Con quell’abilità rara di giocare indifferentemente di destro e sinistro, El Loco mise in imbarazzo un’Italia monocorde e mediocre; prese botte e tackle degni del judo per quel modo di dribblare scivolando via come una vespa e riuscì a segnare un gran gol sgusciando alle spalle di Facchetti, infilando un pallonetto mancino morbido e velonoso al tempo stesso.
Condanna a morte per l’Italia di Valcareggi, ascensore per le fasi finali per un’Argentina ancora in evoluzione. Che soltanto quattro anni dopo - nei Mondiali della Vergogna - avrebbe raccolto i frutti di una generazione d’oro. Houseman (part-time) compreso.
Scomparve nei barrios e finì a vivere sotto un ponte
Houseman, al contrario del cognome che si portava dietro, è stato un homeless per un lungo periodo della vita. Un genio schizoide su quella stretta porzione di campo che è la fascia ed un uomo senza limiti e confini morali al di qua della linea bianca: Houseman è finito male a causa dell’alcol. O forse si è arreso all’alcol perché era finito male. Proprio come Garrincha.
O almeno, questo è ciò che dirà un giorno durante un’intervista a seguito del suo “ritrovamento” nei pressi di un ponte vicino al Parque Patricios, epicentro cittadino del clùb della sua vita: l’Huracàn. Recuperato nei primi anni zero dal vagabondaggio nei barrios e inglobato con un ruolo tecnico in società - dopo anni di buio abbandono e alcolismo nomade - con espressione provata e viso solcato dalle rughe, dichiarerà soltanto: “Se spreco anche questa chance, sono proprio un coglione”.
Giocò Huracan - River Plate da sbronzo (segnando)
Qui la storia racconta di un personaggio folle e geniale. Ingestibile e generoso. Un passionale che non cambierà mai, perchè nemmeno ci proverà. È il 1973 e Menotti sa bene che la sua occasione di trionfare contro il River Plate passa quasi esclusivamente dai piedi sublimi e incontrollabili del Loco. Quello che ancora non sa è che Houseman si presenterà a quella sfida di cartello direttamente da una notte insonne, passata a girovagare per le feste e i club di Buenos Aires attaccato al fondo di molte cervezas e chissà quanti rum.
Non sopportava i ritiri, el Loco. Nella sua concezione ludica e naif del gioco del pallone non riusciva proprio a concepirli: artefatti, reazionari, noiosissimi. Insomma, anche l’Argentina aveva il suo George Best.
Così, quel pomeriggio del 1973, Houseman sbucò al campo dopo oltre 10 ore di assenza a seguito della sua fuga fuori orario. Senza nemmeno il tempo per dormire né per rimettersi dalle conseguenze della sarabanda alcolica notturna, Houseman saltò in campo. E più che giocare quello che fece fu aggirarsi per il prato.
Fu così fino a che - a 15 minuti dal termine - ricevette il pallone, si liberò con un dribbling secco dei due centrali - Perfumo e Ártico - e infine superò il Pato Fillol nell’uno contro uno. Gol. 1-0 Huracan. Prodezza del Loco. Il River però ebbe ancora il tempo per pareggiare: 1-1. Tutto inutile.
Perché quell’incontro sarà per sempre ricordato per il golazo di Houseman, piombato da un’imprecisata festa di compleanno persa nel cuore della notte argentina. Inolvidable Loco.
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