SEVENTIES - Gli anni del Boam

Stuey Boam is after you»
- coro dei tifosi del Middlesbrough

di Christian Giordano  © - Indiscreto.it
Rainbow Sports Books  ©

Centre-half inglese vecchio stampo nel senso più tradizionale, Stuart Boam è il classico figlio del cuore minerario del Nottinghamshire. 

«Six foot two, eyes of blue, Stuey Boam is after you» l’ancor più classico coro molto Seventies che i tifosi del Middlesbrough gl'intonavano dalla Holgate End dell’Ayresome Park: più o meno alla lettera, “Un metro e 87, occhi blu, Stuey Boam non ti molla più”. Per il centavanti avversario, più che un minaccia un caloroso monito: gira alla larga (dall'area), è meglio per te.

Nato il 28 gennaio 1948 a Kirkby-in-Ashfield, nel Nottinghamshire, primi calci al Kirkby Colliery, da pro' debutta all’ultima giornata 1966-67 nel locale Mansfield Town (sconfitta per 4-2 a Londra il 12 maggio contro il Leyton Orient). 

Poi, salterà due gare in tre stagioni (nessuna nelle ultime due), chiuse con a dir poco sofferte retrocessioni. E la memorabile notte del quinto turno FA Cup 1968-69 in cui il suo Mansfield, che al terzo round aveva eliminato lo Sheffield United, seppellisce 3-0 il West Ham United. 

Sulla ribalta nazionale Boam i riflettori se li guadagna annullando Geoff Hurst, stella della nazionale e all’epoca (anche senza) forse il miglior attaccante del calcio inglese.

Il centralone si ripete nel combattutissimo quarto di finale, perso 1-0 contro il Leicester City dell’astro nascente Allan Clarke.

Nel 1970-71 deve rinunciare per infortunio al doppio confronto col Liverpool, bloccato sullo 0-0 al Field Mill ma poi vittorioso 3-2 ai supplementari all’Anfield. Con Boam in campo forse sarebbe andata diversamente.

A giugno, dopo 170 presenze negli Stags, per 50 mila sterline arriva al Middlesbrough.

Capitano (dal 1973 al 1979) in uno dei decenni più luminosi nella storia del club, prima sotto Stan Anderson, poi alle dipendenze di Jack Charlton e infine di John Neal, davanti al portiere Jim Platt è lui l’altra metà del cielo difensivo composto col più celebrato Willie Maddren, centrale ancora oggi venerato nel Tyneside.

«Quei due mi hanno reso facile la vita – ricorderà poi Stu –. Platty lo chiamavano "Dracula" perché sui cross non usciva mai. Ma lo sapevi, quindi ti regolavi di conseguenza. Per il resto, era un gran portiere». 

Con la fascia al braccio, ereditata da Nobby Stiles, Boam guida il Boro alla conquista della Second Division 1973-74 e della Anglo-Scottish Cup 1975-76. Nel massimo campionato però, nonostante la gran difesa, la squadra raggiunge "solo" dignitose salvezze. 


Bob Lord, compianto grande presidente del Burnley, consegna la Anglo-Scottish Cup 1975 a Stuart Boam, capitano del Middlesbrough che nella finale di ritorno batté 1-0 il Fulham (0-0 all'andata).

Andato via Charlton, Boam – grande e grosso come il suo cuore, implacabile nel tackle, ma mai noto per velocità e cambio di passo – ha problemi con il nuovo manager, John Neal, che gli toglie i gradi salvo restituirglieli subito dopo essersi reso conto di quanta e quale leadership Stuart esercitasse in spogliatoio.

Alla vigilia della stagione 1979-80, dopo otto anni e 393 partite fra campionato e coppa, Boam lascia "Ayresome Park" ma non il nord-est.

Storico il trasferimento-choc che lo porta, per 100 mila sterline, al Newcastle United, per di più rivale in Second Division. In due stagioni al "St James’ Park", aggiunge esperienza e stabilità ai traballanti quattro dietro, ma i Magpies non vanno mai oltre metà-classifica (nono e undicesimo posto).

Nel luglio 1981, Boam torna al "Field Mill" per due non esaltanti stagioni come player-manager del Mansfield Town, prima degli ultimi colpi di coda da giocatore con Hartlepool United (una presenza) e, in non-league, Guisborough Town.

Chiusa la carriera in un calcio che non consentiva certo grandi guadagni, nel 1983 torna nella sua Kirkby-in-Ashfield - dove in un anno si costruisce casa - come manager, con scrivania ma senza panchina, della Kodak Photographic Company. Poi, lavora a lungo in una rivendita di giornali. 

Una volta in pensione ha più tempo per la moglie Janice. E per andare non più al vecchio Ayresome Park ma al nuovo Riverside Stadium a guardarsi un Boro lontano parente del suo. 

«Se non prendi gol, non perdi», la filosofia imperante negli anni del Boam, non fa per questi tempi. Troppo moderni, veloci e televisti anche solo per immaginare un nuovo «SIX foot two, eyes of blue, Stuey Boam is after you».
Christian Giordano,
Indiscreto.it

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