FIFA BLU
di SIMONE BASSO
Sport e cultura - Lunedì 26 dicembre 2022
Khalid Salman, Gianni Infantino, Elon Musk, Jared Kuchner (il genero di un golpista), Nailya Asker-zade (moglie del banchiere di uno Stato di criminali di guerra), Novak Djokovic.
Sembra la riunione dei supercattivi in un film di James Bond, invece è solamente la luxury box dello Lusail Stadium, la domenica della finale Francia-Argentina.
1.
Infantino, che se lo photoshoppate in blu pare Fantomas (i francesi ricorreranno sovente, d’altronde tutto cominciò con Jules Rimet...), è stato il centro di gravità permanente della rassegna.
Lui, non i calciatori.
Le conferenze stampa con dichiarazioni da guru, la retorica populista – antioccidentale (sigh) – che Leila Al Shami definirebbe “antimperialismo degli idioti”, la rivendicazione di un successo personale.
2.
I 220 miliardi di dollari spesi per le infrastrutture, i 6500 morti, sono solo gli effetti collaterali dell’impresa.
Quando Forbes rivela che l’organizzazione, per averlo ambasciatore del Mondiale, ha sborsato 277 milioni per David Beckham, comprendiamo (meglio) il meccanismo dello sportswashing, perché funziona.
L’esposizione continua alla merce – in questo caso il (super) potere degli Al Thani – produce prima assuefazione, poi indifferenza, infine (una malcelata) ammirazione.
Per i metodi sbrigativi, l’esibizione di sfarzo e di forza, che fanno scrivere (e pensare) alcuni (dopo l’apoteosi della finale) “grazie emiro”.
3.
Qatar 2022 benedice lo spostamento del calcio, del suo assetto geopolitico e finanziario, fuori dall’Europa occidentale.
Un football sempre più arabo e asiatico, non potendo più (per immagine e basta, essendo Infantino un ammiratore di Wladimir Putin) contare sui petrorubli russi.
Laddove c’era Gazprom, oggi c’è Wanda.
Poi Qatar Airways e Qatar Energy.
I cinesi, oltre Wanda, schierano Hisense, Vivo e Mengnu Diary.
4.
I 7 miliardi e mezzo di reddito dagli affari commerciali, un miliardo in più rispetto al 2018, confermano la bontà del piano business.
Nel 2026, coinvolti States, Canada e Messico, si prospettano 11 miliardi netti: gli americani, per gli affari, sono una certezza.
La FIFA ingorda di Joseph Blatter, con Infantino si è tramutata in un mostro che dirige, interferendo, il calcio dei club (che contano). L’esempio del Barcellona, drogato nei conti da Qatar Foundation e poi razziato delle sue stelle, il caso più evidente della strategia messa in atto.
5.
Come sottolineato dalla (solita) CNN, la presenza discreta (...) degli sponsor con basi (globali) occidentali fotografa il (graduale) passaggio del testimone.
Infantino punta direttamente al 2031, a una presidenza, a un regno, simil-João Havelange.
Per farlo, cavalca la parte terzomondista, la CONMEBOL e il dragone cinese – che dovrà esserci (per forza) nelle prossime rassegne – sapendo che i vecchi amici (europei) gli sono sempre più ostili.
La storica padrona della FIFA (col Brasile), si scrive Germania e si legge adidas, potrebbe fare altro.
Attenti, su queste frequenze, agli USA, molto interessati a una gestione diretta del giocattolo (vedi NBA...).
6.
La Rewe è un’azienda tedesca della grande distribuzione.
Dopo le inchieste giornalistiche, che documentavano ogni sorta di nefandezza del Qatar, si è ritirata come sponsor della nazionale.
Altri, i brand consolidati (McDonald’s, Budweiser, Coca-Cola eccetera), silenti.
L’etica del consumatore, che con uno smartphone si trasforma in consumattore, si specchia in quella delle multinazionali.
Citando Gottschall, con l’accelerazione brutale del tecno-mondo, l’homo sapiens è un po’ più homo fictus (persona finzionale).
Preferisce la fiction alla realtà, ama essere intrattenuto da storie costruite, finte o verosimili.
La Coppa del Mondo di calcio è diventata una (volontaria e gigantesca) sospensione dell’incredulità di massa.
7.
Infantino e la FIFA si ritrovano – nelle mani – il Super Bowl del ventunesimo secolo: tribale e mondializzato.
Che poi gli ascolti televisivi non si rivelino fruttuosi per le raccolte pubblicitarie dei network, per esempio la RAI che ha strapagato l’evento, sta nell’oroscopo del blockbuster.
I diritti si vendono a peso d’oro, gli spettatori (reali) rimangono gli stessi o calano.
Il calcio si è spalmato ovunque, trasformandosi nell’argomento numero uno di gossip mediatico.
Ma il match in sé è (solo) una piattaforma per generare rumore e hashtag.
In rete, il dì precedente la finale, circolava la simulazione di Francia-Argentina: con la prospettiva larga, cinematografica, era indistinguibile dalla realtà. Finiva 4 a 3.
8.
La fiction non prevede deviazioni alla sceneggiatura, dunque a Doha è sparito il covid.
Potenza della FIFA, dove ogni dramma è un falso.
Nel Brasile, squadra e staff, si sono covidati in tanti: silenzio stampa.
La stessa dinamica, classica (da eoni), per il doping.
Che non esiste per definizione al Mondiale, non esistendo l’antidoping.
I calciatori sono pregati di ammalarsi (e morire) tra qualche anno e non disturbare il manovratore.
9.
Che aveva un programma e l’ha fatto rispettare, nelle liturgie del passato (degli Stanley Rous), nelle innovazioni dell’altroieri (Sepp Blatter).
Sorteggio (incroci), calendario, metro arbitrale, stanza del VAR: una bella regia, l’epilogo col botto.
I cinque rigori dell’Argentina, un primato assoluto.
Le designazioni dei quarti sono state da manuale: FIFA blu, se fossero uscite entrambe le sudamericane con i (due) gioielli degli Al Thani.
10.
Kylian Mbappé è il più forte calciatore al mondo.
Una specie di Pelé, che vede la porta come i due Ronaldo e, il giusto, gioco e compagni (i margini di miglioramento sono evidenti).
Non avrà mai il QI di Edson Arantes do Nascimento, né la sua tecnica, perché – in questo calcio sempre più veloce e istintivo (stupido) – non occorre.
Il foot del ventunesimo secolo è atletica leggera, di altissimo lignaggio, applicata con e senza un pallone.
Al pari del Pelé degli esordi, il francese è un atleta superiore, un Renaldo Nehemiah che, sul breve e soprattutto sul medio (in corsa), non può essere fermato dai difensori robottini di oggi.
Senza gravi infortuni, Mbappé batterà molti record dell’èra moderna.
Basta osservarlo al PSG, come squarcia (strappa) le partite, mentre Neymar e Leo Messi le costeggiano, accendendosi a intermittenza, a ritmi differenti (l’argentino da fermo, talvolta da spettatore pagato).
Non abbiamo bisogno del Mondiale – che sta al calcio, come l’All-Star Game NBA sta al basket – per notarlo.
11.
Molti si rifiutano di vedere Qatar 2022 per ciò che è stato: un momento epocale, uno spartiacque, per il football e lo sport professionistico.
Indietro non si torna.
Fare dell’amarcord, delle rivendicazioni, su un gioco geneticamente modificato che forse non è finito, ma di sicuro è finto, ha qualcosa di patetico.
Messi è stato il calciatore più grande della sua generazione, se tecnicamente è un fossile prezioso (un panda), della sua èra ha tutti i difetti (compresi quelli fuori dei 90 minuti).
Leo è inevitabilmente un prodotto di questa Pallonara.
L’altra, ormai passato prossimo e remoto, viveva di strade, scuole e tradizioni: era più bella, era anche più tragica.
A quei calciatori – a Mane Garrincha, Johan Cruijff, Michel Platini, Diego Armando Maradona... – si chiedeva personalità.
A questi, la prestazione e basta.
Allora – per piazzare la mercanzia – si vive (e si muore) di numeri, di analitica, di cifre, di decibel.
Di record roboanti costruiti, a tavolino, dai (nuovi) regolamenti, per la legge del marketing.
12.
Nel 2030 il reality si replica in Arabia Saudita, così vuole Infantino: uno tosto, che non rinuncia al traffico di influenze con i sodali (Rinaldo Arnold, Michael Lauber) per realizzare i propri desideri.
Il testimonial è – “sorpresa!” – Messi.
Se in Qatar si è prodotto uno snuff movie, di comparse scomparse, i sauditi uccidono i giornalisti scomodi, li fanno a pezzi con una motosega e li bruciano.
Considerando il troglodismo dei cori dell’Argentina campione (“puto periodista y la puta que lo parió”), la scelta di Pessi (...) sembra azzeccata.
13.
Nel primo Mondiale snobbato della nostra vita, leggendo le veline, vedendo le foto, scandagliando le statistiche, ci è venuto in mente un campionissimo, un (vero) 10 del Novecento italiano.
Bruno Munari.
Che creava cose intelligenti e pensava cose intelligenti.
Sostituiamo al sostantivo “lusso”, le parole “FIFA”, “Qatar 2022”, “Mondiale di calcio” – a scelta – e avremo la verità (nuda e cruda).
“Il lusso è la manifestazione della ricchezza incivile che vuole impressionare chi è rimasto povero.
...
Il lusso è una necessità per tanta gente che vuole avere una sensazione di dominio sugli altri. Ma gli altri se sono persone civili sanno che il lusso è finzione...
Il lusso è una manifestazione di stupidità. Per esempio: a cosa servono i rubinetti d’oro? Se da quei rubinetti d’oro esce un’acqua inquinata...
Il lusso è quindi l’uso sbagliato di materiali costosi che non migliora le funzioni.
...
È legato a un falso senso di autorità.”
(Bruno Munari, “Da cosa nasce cosa”, 1981)
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