La musica di Salif Keïta


Carlo Maerna
Indiscreto, 2 febbraio 2007

Siamo nell’estate del 1967, quella che in California verrà definita la "Summer of Love", in cui da Berkeley parte la Rivoluzione dei Fiori che esploderà con il concerto di Monterey, l’estate in cui escono Are You Experienced?” di Jimi Hendrix, Surrealistic Pillow dei Jefferson Airplane e gli album omonimi dei Doors e dei Grateful Dead. 

Da questa parte dell’oceano i Fab Four celebrano il Mondiale vinto un anno prima da Bobby Charlton e compagni con il Magical Mystery Tour e Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band, mentre in Francia una piccola squadra di provincia, il Saint-Étienne vince per la terza volta nella sua storia il campionato. 

Sono passati troppi anni dall’epopea dello Stade Reims senza che una squadra francese faccia parlare di sé anche in Europa, e per Roger Rocher, ambizioso e geniale presidente dei Verts, è ora di voltare pagina; il tecnico che può far fare il salto di qualità alle Pantere non può essere che Albert Batteux. 

Il primo vero teorizzatore del cosiddetto calcio-champagne, che ha guidato dieci anni prima lo Stade-Reims e la Nazionale al Mondiale 1958, e che ha fatto diventare un giovane minatore di origine polacca di nome Raymond Kopaszewski il Napoleone del calcio francese con il soprannome di Kopa. 

Batteux eredita da Jean Snella un’ottima squadra, con il portiere Carnus, il difensore Bosquier, i centrocampisti Robert Herbin e Aimé Jacquet, gli attaccanti Hervé Revelli e Bereta. 

Il primo colpo di mercato voluto da Batteux è un giovane talento del Mali: Salif Keïta. 

La leggenda vuole che Keita, allora sconosciuto, sia fuggito da Bamako senza il visto per la Francia, e una volta atterrato all’aeroporto di Paris-Orly sia salito su un taxi esclamando: «Le stade de Geoffroy Guichard, à Saint-Étienne», senza sapere di trovarsi a oltre 500 km. Rocher però non si è mai pentito di aver pagato quel salatissimo conto del taxi, perché Keita è un fuoriclasse e trascina i Verts alla vittoria di tre campionati consecutivi tra il 1968 e il 1970 (con l’aggiunta di diverse coppe nazionali). Secondo i suoi compagni è «il calciatore più forte mai visto», mentre Batteux, nel descriverlo, non sceglie certo il profilo basso: «Se fosse nato in Brasile, avrebbe oscurato la stella di Pelé». 

Dopo alcuni assalti all’Europa terminati senza gloria, nella Coppa dei Campioni 1969/70 i Verts hanno l’occasione di entrare nella storia dopo essere stati sorteggiati già al primo turno con il talentuoso Bayern Monaco dei giovani Sepp Maier, Franz Beckenbauer e Gerd Müller. 

L’andata è in Baviera e la squadra di Batteux viene asfaltata; i gol di Brenninger e Roth (non sarà il suo ultimo ai Verts) valgono il 2-0 finale, ma le reti potrebbero essere molte di più se il Bayern, troppo sicuro della qualificazione, non peccasse di presunzione, fallendo nel finale numerose occasioni. 

Il primo ottobre 1969 si gioca il ritorno al Geoffroy Guichard; Batteux, sfruttando la sua grande eloquenza e il suo carisma, ha portato in ritiro la squadra per caricarla a dovere (all’epoca il ritiro era molto meno comune di quanto si pensi), tanto che dopo due minuti di gioco Hervé Revelli ha già aperto le marcature. 

Trascinati dal pubblico caldissimo, dopo un’ora di gioco i Verts pareggiano i conti ancora con Hervé Revelli, un leone d’area che per lo stile di gioco coraggioso può ricordare il nostro Roberto Boninsegna e che per tanti anni segnerà a raffica con la maglia del Saint-Étienne. 

A nove minuti dalla fine è Keïta, con uno strepitoso colpo di testa, a segnare il 3-0 che vale il sorpasso e che manda in visibilio i tifosi allo stadio e la Francia intera, unita nel tifo per i Verts contro il fortissimo Bayern. 

Nel turno successivo la sfortuna e il solido Legia Varsavia di Kazimierz Deyna (autore di due gol fra andata e ritorno) e Gadocha eliminano i francesi, che l’anno successivo escono già al primo turno, contro il Cagliari, a causa di una doppietta del miglior Gigi Riva di sempre. 

Il ricco Olympique Marsiglia intanto copre di denaro Carnus, Bosquier e Keïta, Batteux entra in attrito con i propri dirigenti e i risultati sempre meno soddisfacenti convincono il presidente Rocher che è l’ora di rinnovare la squadra affidandola proprio a Robert Herbin, che a soli 33 anni prende il timone di una squadra in possibile declino e che lui rinnova partendo dai giovani e dai migliori talenti lanciati da Batteux: è il 1972. 

Come giocatore Herbin è stato un centrocampista estremamente versatile, ha disputato il Mondiale 1966 e terminato la carriera in difesa, anche se non in nazionale perché in quegli anni debutta la fortissima garde-noire formata da Jean-Michel Adams e Marius Tresor. 

Un anno, schierato come punta, ha segnato oltre venticinque gol; questa sua duttilità da giocatore universale e la grande considerazione nei confronti del maestro Batteux lo portano a capire prima di altri l’importanza del gioco collettivo. 

Herbin è inoltre uno dei primi allenatori a dare grande peso alla preparazione atletica, comprendendo come il gap del calcio francese nei confronti di quello nord-europeo in quegli anni sia da colmare soprattutto sul piano fisico. Non è un caso che il modello di gioco a cui Herbin si ispira sia quello dell’Ajax di Cruijff e Neeskens. 

Per la stampa francese Herbin è “la Sfinge” perché in panchina non lascia mai trasparire la minima emozione, né rivela mai il segreto del suo grande rapporto con i giocatori, che lo stimano e lo rispettano nonostante un carattere duro ed energico, e degli allenamenti decisamente faticosi. 

Per costruire il nuovo Saint-Étienne, insieme a Herbin, Rocher nomina direttore sportivo Pierre Garronaire, un ex rappresentante di maroquinerie che però conosce bene il calcio e ha contatti in tutto il Paese; questa rete di amicizie (non nel senso italiano/moggiano del termine) gli permette di avere sempre in anteprima le notizie sui migliori giovani, che subito contatta per portarli al Saint-Étienne.

Il suo lavoro di scouting dà subito grandi risultati, e i Verts ritornano campioni nella primavera del 1974. Della squadra di Batteux sono rimasti il bravo terzino Gerard Farison (uno dei primi difensori continui anche nella fase offensiva), Jean-Michel Larqué, meneur-de-jeu della nazionale dotato di grande classe e specialista dei calci piazzati, Georges Bereta che però se ne va alla fine del 1974 per contrasti con Rocher (sarà Larqué a prenderne la fascia di capitano dei Verts), e Hervé Revelli, ritornato dopo i due anni al Nizza. 

L’assalto alla Coppa dei Campioni, vero obiettivo del Saint-Étienne che ormai domina in campionato, può finalmente ripartire.

Carlo Maerna
carloblacksun@hotmail.com

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