Karen Silkwood e il cancro del coraggio



di Marta -10 Giugno 2011

A volte l’energia nucleare può diventare mortale per il semplice fatto di parlarne pubblicamente. Karen Silkwood ha pagato le sue inchieste all’interno dell’impianto nucleare della compagnia Kerr-McGee con la sua stessa vita. Il caso Silkwood esce alla ribalta nel 1979, anno in cui il padre di Karen porta in tribunale la compagnia in cui la figlia lavorava, a 5 anni dalla sua morte avvenuta a causa di un misterioso incidente stradale. Ma chi era Karen Silkwood?

Karen Silkwood nasce a Longview, Texas e fin da giovane dimostra una spiccata preferenza per la matematica e la chimica, dopo un breve matrimonio e 3 figli, che dovrà lasciare in affidamento all’ex marito in Texas, Karen si trasferisce in Oklahoma.

 

A Crescent viene assunta dalla compagnia Kerr-McGee che produce barre di plutonio per reattori nucleari. Ben presto però Karen si accorge che le cose all’interno dell’impianto Kerr-McGee Cimarron Fuel Fabrication Site non funzionano come dovrebbero, a partire da uno strano “smaltimento” di un camion contaminato che viene ridotto in piccoli pezzi, messi all’interno di sacchi che verranno poi seppelliti nell’area circostante, contaminando così il terreno. Karen entra a far parte del comitato sindacale della fabbrica, l’OCAW (Oil, Chemical and Atomic Workers Union), già impegnato in un referendum indetto dalla Kerr-McGee, in cui si chiede ai lavoratori di decidere se continuare ad avere un sindacato interno o no.

Karen si assume la responsabilità, oltre che della contrattazione con la Kerr-McGee dei nuovi contratti di lavoro, anche di indagare sulle presunte irregolarità nelle norme a protezione della salute dei lavoratori. Come già sospettava, lavorando all’interno dell’ impianto, Karen si rende conto che l’esposizione prolungata ( i turni potevano durare anche 12 ore) al plutonio è la causa principale del cancro e che non esistono “livelli minimi accettabili”: si è comunque a rischio.

Inoltre la scarsa conoscenza con cui i dipendenti della Kerr-McGee operano con i materiali radioattivi e i sistemi di respirazione difettosi di cui il personale è dotato, aumentano i rischi di contaminazione. Durante il suo incarico, Karen solleva anche la questione dell’inadeguatezza del processo di decontaminazione a cui vengono sottoposti i dipendenti trovati contaminati dal controllo di routine a cui tutti devono sottoporsi a fine turno. Il trattamento prevede un doccia calda ed un raschiamento con una spazzola dura su tutto il corpo per togliere la radioattività. Pratica piuttosto dolorosa, umiliante e inutile se non accompagnata da un tampone nasale che evidenzia la contaminazione degli organi interni.

Nel 1974 Karen va a Washington per una riunione del comitato sindacale nazionale con l’AEC (Commissione per l’energia atomica) dove denuncia l’alterazione delle radiografie delle barre di plutonio, in modo da poter essere commerciate anche se non a norma. L’AEC chiede a Karen di procurarsi la documentazione. Da qui inizia il suo conto alla rovescia verso una morte preannunciata. I rapporti fra la sindacalista e la Kerr-McGee sono già difficili, Karen infatti viene accusata di aver contaminato la compagnia per un giorno, causandone la chiusura, solo per avere un permesso per andare a trovate i figli in Texas. Convinzione che si diffonde poi fra i suoi stessi colleghi che iniziano a non vedere di buon grado le indagini di Karen, nella paura costante di perdere il lavoro, in un’area in cui la Kerr-McGee rappresenta l’unica opportunità d’impiego.

Il 5 novembre 1974 Karen subisce un trattamento di decontaminazione, risultando positiva alle radiazioni, circostanza piuttosto strana visto che i guanti, usati durante il turno, non presentano perforazioni, la contaminazione deve essere quindi avvenuta per altre cause. Il trattamento si ripeterà per altri due giorni, quando si scoprirà che l’intera casa di Karen è contaminata. Il giorno stesso verrà smantellata insieme al suo contenuto, ricordi compresi. La compagnia chiederà a Karen di assumersi la responsabilità di quanto accaduto e di ammettere che lei stessa si è auto-contaminata, per poter così accusare la compagnia di illeciti nel rispetto delle norme di sicurezza dei lavoratori.

Nonostante le vessazioni e il mobbing, Karen raccoglierà il materiale chiestole dell’AEC e entrerà in contatto con un giornalista del New York Times disposto a pubblicare le sue indagini.

 

Karen però non arriverà mai all’appuntamento. Morirà il 13 novembre 1974 sulla strada per Oklahoma City uscendo di strada. I rapporti delle autorità parleranno di colpo di sonno dovuto all’uso di sedativi e alcool. Nessuna documentazione verrà ritrovata all’interno della macchina, il cui parafango posteriore presenterà però ammaccature da tamponamento come se qualcuno avesse spinto Karen fuori strada.

Nel marzo 1979 inizia la lunga battaglia legale della famiglia Silkwood contro la Kerr-McGee che accusa Karen di essersi contaminata da sola con il plutonio per mettere in cattiva luce la compagnia. La Kerr-McGee perderà tutti e tre i gradi di giudizio e sarà costretta a risarcire 10.505.000 dollari alla famiglia. L’autopsia sul corpo di Karen dimostrerà infatti che la contaminazione fu dovuta alla continuata esposizione al plutonio durante i turni di lavoro, in particolare per inalazione come dimostreranno i polmoni di Karen ormai definitivamente compromessi, e non per un suo volere.

La Kerr-McGee chiuderà i battenti già nel 1975, ad un anno dalla morte di Karen anche se ci vorranno ben 25 anni per decontaminare i campi di Cimarron dove sorgeva l’impianto.

La storia di Karen e la sua tumultuosa vita sentimentale sono perfette per la sceneggiatura di un film, e infatti nel 1983 uscirà “Silkwood” diretto da Mike Nichols (il regista de “Il Laureato”) con una splendida Maryl Streep e una sorprendente Cher, nel ruolo della coinquilina lesbica. Il film verrà candidato a cinque premi Oscar.

Gill Scott Heron, scomparso lo scorso 27 maggio, ricorderà Karen nella sua bellissima “We Almost Lost Detroit” (leggetevi il testo!) in cui commemora l’incidente dell’impianto nucleare Fermi 1 del 1966 (dal nome fisico nucleare italiano Enrico Fermi che nel 1938 vinse il Nobel per la fisica, per i suoi studi sulla radioattività).

L’Enrico Fermi Nuclear Generating Station, a metà strada tra Detroit, Michigan, Toledo e Ohio è un altro esempio dell’imprevedibilità e della rischiosità del nucleare. Nel 1966 il reattore Fermi 1 subì un crollo parziale a causa di un malfunzionamento nel sistema di raffreddamento. La United States Nuclear Regulatory Commission non rileverà però fuoriuscite radioattive o contaminazioni. Ciononostante la stessa commissione divide ancora oggi l’aerea che circonda gli impianti in 2 zone: una prima zona a rischio di contaminazione aerea, cioè per inalazione ed una seconda zona a rischio di contaminazione per ingestione di alimenti radioattivi.

“…And what would Karen Silkwood say to you, 
if she was still alive?”

A volte il coraggio è un cancro che uccide lentamente chi fa domande che non bisognerebbe fare, a volte il coraggio è un piccolo gesto, come quello di andare a votare per il nostro futuro. Per non dimenticare.

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