Paolo Cimini: un romano cresciuto per strada che vinse al Giro d'Italia in maglia Fanini
giovedì, 23 dicembre 2021
di Valter Nieri - La Gazzetta di Lucca
di Valter Nieri - La Gazzetta di Lucca
Il ciclismo aiuta non soltanto a coltivare una salute mentale e fisica ma anche ad avere un impegno costante nel lavoro una volta attaccata la bicicletta al chiodo. Si perché con la fatica si acquisisce resistenza e si riesce a sopportare sforzi prolungati che servono a prendere quel ritmo che ha caratterizzato la carriera sportiva e la vita lavorativa fino ad oggi del romano Paolo Cimini.
Da ragazzo armato di tanta passione scalava le categorie giovanili vincendo tante corse. Un promettente velocista che sognava il professionismo arrivato nel 1986 grazie ad Ivano Fanini che ha creduto in lui e, come quasi sempre è accaduto, dal niente oppure dal poco il dirigente ciclistico lucchese ha fatto decollare i suoi neo-professionisti. Anche Cimini è stato protagonista di una suggestiva parabola di risultati che lo hanno fatto salire alla ribalta.
"Passai professionista - dice l'ex ciclista - grazie a Fanini ed ai fratelli Gianni e Diego Cedroni, commercianti di auto che mi proposero a lui. Fanini è una persona carismatica che da entusiasmo ai suoi atleti facendoli sentire importanti. Senza di lui probabilmente non sarei riuscito a correre alcune stagioni da protagonista dopo l'esordio nell'86 con la Murella-Fanini."
QUANDO SI DICE LIDO DI JESOLO A COSA PENSA?
"Una località balneare per me indimenticabile - prosegue Cimini - dove si concluse la 14esima tappa del Giro d'Italia 1987. Una tappa di 260 km. che vinsi battendo allo sprint Paolo Rosola, uno dei più grandi velocisti di quel tempo.
Il giorno precedente portai a termine con fatica la crono individuale di 46 km. a San Marino e la cronometro non era certo a me congeniale. Ero a pezzi poi mi sono trovato nelle prime posizioni nel rettilineo di arrivo del gruppo compatto ma sfilacciato dalla forte andatura impressa dai velocisti. Ritrovai le energie per giocarmi la volata finale e superare Rosola negli ultimi cinquanta metri al termine di una tappa lunghissima partita da San Marino. Indossavo i colori della Remac-Fanini"
I FESTEGGIAMENTI AL TERMINE DEL GIRO
Un successo di tappa molto raro per un romano. Nella capitale il ciclismo non è praticato più di tanto. Come fu accolto dai suoi amici?
"A Morena, questo il nome della frazione dove sono nato e risiedo tutt'ora che si trova allo svincolo del raccordo anulare, mi riservarono una festa al mio rientro come se avessi vinto un campionato del mondo. In diverse vie del paese campeggiavano striscioni con il mio nome. Un tripudio di cori rendeva il momento elettrizzante. Un romano di strada, perché fin dall'età giovanile ho passato più ore in bicicletta che sui banchi di scuola, rappresentava Morena al Giro d'Italia e tutto questo lo devo ad Ivano Fanini, il più grande scopritore di talenti del ciclismo italiano, munito di tanta passione e sempre preciso nell'inviare lo stipendio mensilmente. Vincere una tappa al Giro per un italiano è un momento esaltante. Immagino cosa ha provato Mario Cipollini a vincerne addirittura 42, record assoluto".
PERCHE' ROMA SFORNA COSI' POCHI CICLISTI DI GRANDE LIVELLO?
"A Roma, il calcio è da sempre lo sport di gran lunga più seguito. Mancano le strutture per far allenare i ragazzi ed anche in bicicletta è pericoloso muoversi su strada per il grande traffico. L'unico Velodromo che esisteva, il Velodromo Olimpico che ospitò le gare ciclistiche alle Olimpiadi del 60 all'Eur, fu demolito nel 2008. Per i genitori è molto più semplice portare ad allenare i propri figli nel campo di calcio vicino casa che fare troppi chilometri nel traffico scegliendo altre discipline sportive."
DUE PERLE NEL 1988: TROFEO LAIGUEGLIA E GIRO DELL'ETNA IN MAGLIA FANINI
Dopo la tappa al Giro, nel 1988 Cimini non è più una sorpresa, ma diventa uno dei passisti veloci ed anche velocisti puri più temuti e va a segno due volte in classiche nazionali di un certo prestigio, con la maglia Fanini-Seven Up. Si impone al Giro dell'Etna superando nell'ordine Giuseppe Calcaterra ed Adriano Baffi, un altro velocista il cui nome era in quegli anni ricorrente negli ordini di arrivo. Ma soprattutto vince il Trofeo Laigueglia con un podio quasi tutto faninista. Superò allo sprint Stefano Allocchio della Château d'Ax, oggi direttore del Giro d'Italia, ed il compagno di squadra Alessio Di Basco. Per la squadra Fanini vincere e conquistare due terzi del podio aveva del sensazionale, perché anche allora come oggi, il suo ristretto budget riusciva di tanto in tanto ad avere la meglio nei confronti delle squadre miliardarie.
"A Laigueglia - prosegue nei suoi ricordi Cimini - vinsi alla presenza di mio padre Roberto, scomparso nel 1998, ed Ivano Fanini. Il presidente non stava più nella pelle, raggiunse il palco senza "appoggiare i piedi a terra". Io mi sentivo una mosca bianca perché Roma non aveva mai partorito corridori vincenti. E' stato molto emozionante ritrovare il 21 dicembre amici ed ex ciclisti al Giro d'Onore, la Festa indetta dalla F.C.I. nello "Spazio 900" a Roma. Nel ciclismo, in corsa come fuori, c'è sempre stata una stima reciproca ed un vero rispetto. Ho riabbracciato amici come Bugno, Scirea ed Allocchio. Nel 1989 mi staccai da Fanini passando alla Jolly Componibili presieduta da Marino Basso e nel 1990 l'ex D.S. di Fanini Franco Gini, prematuramente scomparso nel 2016, mi portò con sé alla GiS-Benotto St Gréé, la mia ultima squadra a livello professionistico con la quale colsi il mio ultimo successo nel Philadelphia International Championship".
PERCHE' UNA CARRIERA SPEZZATA A SOLI 26 ANNI?
A soli 26 anni Paolo Cimini attacca la bicicletta al chiodo. Ma perché così presto nel pieno della carriera?
"Ad una corsa a tappe italiana fui vittima di una intossicazione alimentare, con conseguente mal di stomaco, dolori muscolari e difficoltà respiratorie. Non sono più stato bene e non mi sentivo più in grado di correre. Nel '98 poi morì mio padre Roberto a soli 57 anni e ne ereditai la sua azienda edilizia Edilcimini che mi vide coinvolto a tirarla avanti e che dirigo tutt'ora assieme a tre dei miei quattro figli: Giulia, Roberto e Clarissa".
COSA LE HA TRASMESSO IL CICLISMO?
"Insegnamenti morali, la felicità, l'amore e un concetto importante: le conquiste della vita si ottengono soltanto con il sacrificio. Per farle un esempio, ed ogni tanto lo dico anche ai miei operai, in una tappa del Giro a Canazei quando pioveva e nevicava con una temperatura rigida si pedalava con copriscarpe improvvisate ricavate da una muta, gambe scoperte ed una leggera mantellina per coprirci dal freddo e dalla pioggia. Io che ero un velocista e che quindi mi sarei dovuto trovare meglio in discesa che in salita preferivo il contrario perché salendo mi riscaldavo e scendendo morivo dal freddo. Il ciclismo è a tutti gli effetti una scuola di vita."
NASCE LA SQUADRA CICLOAMATORIALE ROMA TEAM-EDILCIMINI
Dopo aver gestito per anni una squadra di giovanissimi e dilettanti, Paolo Cimini, che anche a livello personale non ha perso la voglia di pedalare anche se a livello cicloturistico, si rende utile per tutti quegli appassionati di bicicletta di Roma facendo nascere una squadra cicloamatoriale dal nome Roma Team-Edilcimini che sarà al via dall'imminente prossimo anno presieduta da Stefano Bianchini con lo stesso Paolo vice presidente. All'età di 57 anni è ancora attivo anche se a livello dirigenziale per coltivare quella sua grande passione di romano cresciuto per strada ed arrivato ai grandi successi con le squadre Fanini.
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