FORESTA DI ARENBERG, NUOVO PERCORSO: ROUBAIX PIÙ SICURA


Ganna e gli angeli del pavé Filippo Ganna guida la Roubaix del 2022 nella Foresta di Arenberg; sotto, uno degli specialisti che curano i 6 milioni di blocchi di pavé

Quattro curve ad angolo retto per rallentare il gruppo 
Così si affronterà il settore chiave della Regina del pavé

10 Apr 2025 - La Gazzetta dello Sport
Di Luca Gialanella 

Quando il tempo è bello, diventa anche simpatico farci una passeggiata, con il sole che si infila tra gli alberi. E ci sono tanti sentieri per gli escursionisti. Ma se il cielo è cupo, con quelle nuvole grigie che volano al confine tra Francia e Belgio, o peggio inizia a piovere, allora sono guai. E se alzi la testa, vedi l’archeologia industriale delle miniere di carbone, con le torri e le gru che servivano per portare i carrelli con le pietre nere. Pensi alle migliaia di minatori venuti qui a cercare fortuna dopo la Seconda guerra mondiale: tantissimi italiani, come in Belgio, come a Marcinelle. Adesso c’è un museo allestito in un antro altissimo, l’ingresso della miniera, che è come la porta dell’inferno. È spettrale, perché dal soffitto pendono le gavette in alluminio e i vestiti stracciati dei minatori. Vite spezzate.

L’idea 

Si chiama Foresta di Arenberg ed è uno dei luoghi mitici del ciclismo. È il cuore, domenica, dell’edizione 122 della Parigi-Roubaix: anno di nascita 1896, come la Gazzetta dello Sport e le Olimpiadi moderne. Jacques Goddet, storico organizzatore del Tour, definì la Roubaix «l’ultima follia a pedali». Arenberg è entrato nel percorso nel 1968, su consiglio di Jean Stablinski, campione polacco naturalizzato francese, che vinse il Mondiale a Salò nel 1962 e da queste parti aveva fatto il minatore: quando apparve la Foresta per la prima volta, Stablinski fu minacciato dai suoi stessi colleghi. Anche chi non è tifoso, non può restare indifferente a questi 2300 metri di pietre così sconnesse che c’è solo una soluzione per non patirle: domarle alla velocità più alta possibile. Se vai veloce, senti meno vibrazioni. Bisogna spingere, spingere, e toccare il manubrio con delicatezza, avere mille occhi e anticipare il comportamento degli altri corridori. Ma provate voi ad andare in bici a oltre sessanta orari su quelle pietre fatte posare da Napoleone: irregolari e sconnesse, disumane.

Novità 

Prima dell’ingresso della Foresta, a sinistra c’è un parcheggio vastissimo dedicato ai camper, e per l’inferno bisogna anche attraversare un passaggio a livello. La strada scende leggermente: si entrava ad Arenberg a oltre i 70 km l'ora, con i capitani in prima fila. Asfalto e, improvvisamente, il pavé. Troppo pericoloso. L’anno scorso, tra mille polemiche, era stata inserita una chicane sulla destra della strada per rallentare la velocità: domenica invece si lascia il percorso verso sinistra e ci saranno quattro curve, quasi a 90 gradi, nel chilometro che precede la Foresta e attraversa il cuore del sito minerario di Wallers. Poi ecco Arenberg, il settore di pavé numero 19 dei 30 totali: si affronta dopo 163 km, quando ne mancano 96. È la chiave che apre la porta della corsa: se sopravvivi all’inferno, allora puoi sperare di giocartela sulla pista in cemento del velodromo Petrieux di Roubaix. In televisione lo spazio sembra largo, ma non è più di quattro metri, e le transenne sono state sostituite dalle corde perché troppo spesso sono cadute in mezzo al pavé e hanno causato incidenti. I tifosi si mettono sull’erba e non c’è speranza per i corridori di evitare le pietre e correre sulla banchina. Tre anni fa, Filippo Ganna è uscito per primo dalla Foresta: è come per uno scalatore passare in vetta allo Stelvio nel Giro o al Tourmalet al Tour. Nel 2024 ci riuscì il campione del mondo Mathieu van der Poel. Arenberg adesso aspetta con la severità di un maestro senza appello Tadej Pogacar, il fenomeno di questa generazione, che non ha mai corso la Roubaix e ne ha accettato la sfida. E fa ancora storia la definizione di Andrei Tchmil, primo nel 1994: «Arenberg è come l’alzarsi del sipario a teatro. La prima scena della tragedia che si apre davanti a noi».

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