Tanti auguri, Fondriest. 50 anni di grande stile

Campione del mondo a Renaix 1988 a 23 anni, vincitore della Sanremo '93 nel giorno della nascita della primogenita Maria Vittoria, due coppe del mondo, il campione trentino di CLes è stato uno dei più talentuosi della sua generazione

di MARCO PASTONESI
Gazzetta dello Sport, 15 gennaio 2015

Cinquant’anni sono niente se, come li considerano i più ottimisti, fanno 25 per gamba. Maurizio Fondriest, 50 anni il 15 gennaio, è uno che, a vederlo, ne ha 25 per gamba: tale e quale il corridore in maglia azzurra che, il 28 agosto 1988, conquista il titolo eterno di campione del mondo. 

“Mau”, bambino trentino di Cles nella Val di Non (ma se il cognome deriva da “von Triest”, l’origine è triestina), sogna di volare: “Mio papà Cornelio mi portava Trento a vedere il negozio di biciclette di Ermanno Moser, un vecchio corridore senza parentele con i Moser della Val Cembra. E quelle biciclette mi sembravano dotate di quel potere magico”. Finché un giorno “Mau”, nove anni, esce dal negozio di Ermanno Moser con un “cavallo alato”: “Una Torpado bianca. Con quella e la maglia dell’Unione sportiva Anaune mi sono presentato alla prima corsa, a Volano, vicino a Rovereto. Pronti, via, secondo”. L’anno dopo la prima vittoria: “Il campionato regionale, da solo, per distacco. Da quel giorno e fino alla fine della stagione, le ho vinte tutte”. 

BENEDETTO — Fondriest è di quelli benedetti dalla natura: ha una leggerezza, che garantisce velocità, e una voglia, che promette successi. Dilettante, s’impone sui traguardi del Giro d’Italia, del Giro di Lombardia e del Giro delle Regioni, ed è settimo ai Mondiali. Nel 1987 passa professionista nell’Ecoflam, dove può fare la sua corsa: ma i “califfi” del gruppo - sono gli anni del dualismo fra Moser e Saronni - lo tengono in riga, gli abbassano la cresta, allo stesso tempo lo soffocano e lo temprano. Nel 1988 passa all’Alfa Lum, maglia verde oliva, non a caso equipaggiata con biciclette Legnano, e qui Maurizio, capitano, si ricava i suoi spazi. Alfredo Martini, c.t. della Nazionale, stretto fra Bugno, Saronni e Argentin, dà fiducia e libertà a Fondriest. Renaix è, nella memoria del ciclismo, una volata a tre: quando, a 100 metri dal traguardo, il canadese Bauer chiude il belga Criquielion, il canadese s’inceppa e il belga cade, Fondriest è pronto a scartarli e vincere alla grande. Martini avrebbe scritto, sui suoi diari: “Continuo a essere convinto che Maurizio avrebbe vinto comunque”. 

PRIMA LE GAMBE — “Prima le gambe, poi la testa - dice Fondriest -. Le gambe per emergere, la testa per resistere. Se non fossi stato così cocciuto e testardo, allo stesso tempo un pregio e un difetto, avrei ottenuto la metà di quello che sono riuscito a fare”. In tutto, 177 vittorie. Fra l’altro, una Milano-Sanremo (1993), più due secondi posti, una Freccia Vallone (1993) e il Campionato di Zurigo (1993), nel 1991 e nel 1993 si guadagna il primato nella Coppa del mondo, segno di una continuità di risultati straordinaria. La sua specialità sono le gare di un giorno, forse per la capacità di dare tutto e subito, forse pure per la mancanza di recuperare immediatamente. Primeggia anche nelle brevi corse a tappe, dal Giro del Trentino alla Tirreno-Adriatico e al Midi Libre. 

ADESSO — Poi rimane nel ciclismo: “Con un negozio, da 25 anni. Con una società dove vedo passarne tanti, da Piechele a Moscon. Con le bici, a mio marchio, adesso prodotte dalla Esperia, che produce anche la Torpado, la mia prima bici, e la Legnano, quella con cui ho vinto il Mondiale. Con le fiere, con le consulenze aziendali, con i commenti televisivi, e con la Mediolanum da 10 anni insieme al Giro d’Italia”. Fondriest ha un solo rammarico: “Mi sarebbe piaciuto avere 22 anni e poter correre adesso. Perché è un ciclismo forse più stressante, ma migliore. E non mi avrebbero dato del matto per certi miei perfezionismi, che oggi sono cercati e adottati da tutti”.

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