1974-2009: VDB. Il lato feroce della gioia



Il 6 novembre scorso avrebbe compiuto 43 anni Frank Vandenbroucke, conosciuto nei paesi francofoni come “VDB” (pronunciato vé-dé-bé). VDB è stato una delle più eclatanti promesse del ciclismo, un personaggio controverso, amato e detestato. Un personaggio eccessivo, che come lui stesso ha raccontato, “è sempre riuscito a non farsi amare”.

VDB nacque a Mouscron, in Belgio, vicino al confine francese, praticamente alle porte di Roubaix. È cresciuto a Ploegsteert, 30km da Mouscron, figlio di Jean-Jacques, meccanico di una squadra ciclistica e nipote di Jean-Luc, ex corridore professionista di ottimo livello e poi direttore sportivo della Lotto dal 1988 al 1999; oggi direttore della gara Le Samyn. Due personaggi che avranno grande influenza su Frank e con cui dovrà costantemente misurarsi. Suo zio Jean-Luc dichiarò in un’intervista che durante la sua carriera (1975-1988) utilizzò anabolizzanti durante il Tour de France "per reggere le tre settimane, cosa inumana a quei livelli. L’alternativa è accorciare le tappe".

VDB venne investito in bici all’età di quattro anni da un rallysta durante la ricognizione di una prova speciale, seguiranno quattro operazioni chirurgiche e infiniti problemi relativi durante la sua carriera. Sua madre disse in un’intervista che "pianse solo nel momento in cui gli tagliarono i pantaloncini da ciclista al pronto soccorso".

Dopo aver iniziato a fare sport nelle corse campestri, evidenziando ottime capacità, passò al ciclismo nel 1989 e cominciò subito a vincere: 8 corse nel 1990, 15 nel 1991. A 17 anni divenne campione belga categoria allievi. L’anno successivo divenne campione belga categoria junior e vinse il bronzo ai campionati del mondo di Atene 1992, sempre junior (dietro gli italiani Salvatore Palumbo e Giuseppe Santoro).

Nel 1993 il salto nei professionisti nella Lotto, diretta da suo zio Jean-Luc, vincendo una tappa del Tour del Mediterraneo a 19 anni, oltre a svariati piazzamenti e la convocazione in nazionale.

L’anno successivo entra nella corazzata del tempo, la Mapei-CLAS diretta da Fabrizio Fabbri, una squadra in cui militavano, tra gli altri, Ballerini, Tafi, Olano, Rominger, Nardello, Noé.

Nell'anno del debutto alla Mapei vince la Paris-Bruxelles, poi per il resto della stagione dovrà combattere con dolori al ginocchio. Nelle successive tre stagioni con la Mapei, che intanto avrà nel suo staff Giuseppe Saronni, Pietro Algeri e Patrick Lefevere, oltre ad acquisire sempre nuovi campioni (tra cui i connazionali Leif Hoste, Tom Steels e Johan Muuseuw; più un corridore a cui lo accomunerà un simile, tragico destino, Valentino Fois), VDB vince il GP di Plouay nel 1996, la Gand-Wevelgem e la Parigi-Nizza nel 1998; una tappa al Giro d’Austria.

Nel 1999 quella che viene considerata la prima follia di VDB: lascia la Mapei per la Cofidis, dove diventa il leader unico (almeno inizialmente), accompagnato dal fidatissimo e migliore amico Nico Mattan e da Massimiliano Lelli.


Il 1999 si rivelerà l’anno magico: vince il GP de la Marseilleuse, la Het-Volk, fa un numero al Fiandre, dove cade ai piedi del Grammont, ma poi riesce a giocarsi ugualmente lo sprint con Museeuw e Van Petegem, arrivando secondo dietro quest’ultimo. Conquista poi la Liegi-Bastogne-Liegi, il suo capolavoro. Vince con 30″ di distacco su Michael Boogerd, terzo Martin den Baakker, altro olandese come Boogerd in forza alla Rabobank, squadra che finirà nella tempesta per questioni di doping (Boogerd confesserà di essersi dopato per gran parte della carriera). Quarto, Michele Bartoli, con cui VDB sarà protagonista di un duello sulla La Redoute, la salita-simbolo della classica ardennese.


Anni dopo, ad un ritiro, un neoprofessionista suo tifoso gli chiese come avesse fatto a sprintare sulla Redoute (a 30km dal traguardo) col 39×17. Con sarcasmo VDB rispose che "c’era vento a favore".

A fine stagione vinse due tappe alla Vuelta. Stregato in griglia da una modella-hostess della squadra Saeco, Sarah Pinacci, promise che avrebbe vinto la la tappa del giorno seguente per un bacio. La successiva, leggenda vuole, la vinse.

VDB a questo punto era il predestinato. Per i belgi doveva essere il nuovo Eddy Merckx, un corridore talmente forte che prima della gara poteva  indicare precisamente dove avrebbe attaccato per vincere, e così faceva. All’epoca guadagnava l’equivalente di un milione di euro l'anno solo di contratto. Come si definì lui stesso, era il James Dean del ciclismo.

Alla Cofidis aveva un compagno di squadra che, purtroppo per lui, lo introdusse a nuove (VDB era già aduso ad amfetamine e ad altro) sostanze: Philippe Gaumont, detto “La Gomme”. Dopo una vittoria alla Vuelta, Gaumont esortò VDB a prendere lo Stilnox, un forte sonnifero, assieme a dell’alcool. VDB disse che “si rivelò l’inizio della fine”.


"La Gomme" lo introduce anche a Bernard Sainz, conosciuto poi come "Dr. Mabuse", un omeopata francese che aveva molti clienti tra i professionisti. Proprio in quell’anno verranno sentiti dalla polizia francese, che dopo il recente caso Festina aveva adottato il pugno duro in materia doping, 15 clienti di Sainz, tra cui VDB.

Il risultato fu che venne sospeso dalla Cofidis per due mesi.

A questo punto della storia però faccio intervenire una persona che è stata amica di VDB, Olivier Haralambon, ex corridore U23, ex giornalista sportivo ed ora scrittore. Una persona che non solo ha conosciuto molto bene l’ambiente del ciclismo, ma anche, per via della dipendenza da amfetamine confessa, i suoi lati oscuri. Uno scrittore in sintonia con l’ambiente che descrive, e non uno dei tanti innamorati del proprio amore per il tal campione o per una romantica idea di ciclismo. Gli estratti che seguono sojno tratti dal suo libro "Le versant feroce de la joie", edito da Alma Editeur:

(Prima della conferenza stampa che VDB dette in seguito alla sua sospensione)

“Non era sufficiente dire, né raccontare, i nomi dei protagonisti, enumerare i fatti. Non sarebbe stato di alcun aiuto. I medici, le iniezioni, le fialette, le sacche di sangue e i cateteri. OK. Le grandi squadre, i laboratori, i metodi, d’accordo, era quello che volevano sentire, e quello che lui avrebbe voluto da tanto tempo dire. Ma come dirlo? Avrebbe voluto, ma non si sentiva colpevole. Cioè, come dire, vedete, lo svolgimento delle cose che si impongono ai corridori, il vero posto della morale, della virtù? I soldi che guadagnate, che sono la sola cosa che i vostri peggiori critici venerano in voi? Di questo, al limite si sentiva di parlarne, ma gli allenamenti, le albe, il corpo nudo sotto la Lycra e le nebbie glaciali, le gambe che si depilano ancora prima di avere il primo pelo, l’olio riscaldante che si copre di sporco man mano che avanzano i chilometri, il sesso ed i suoi complessi, il nome e la famiglia, lo specchio del bagno, le salite micidiali, l’uccello grigio e i piedi violacei sotto la doccia, il cielo e i paesi, le case di mattoni rossi ridipinte di bianco ed i cavi elettrici mal tesi che le alimentano, il vento e i pali di cemento, i campi di patate ai bordi della strada ogni giorno che Dio manda in Terra, gli sguardi innamorati dei bevitori di birra e mangiatori di patatine fritte quando a 15 anni posi per la foto dietro un bouquet di fiori tanto colorato quanto grigia è la vita, l’aria vagamente ebete delle ragazzine troppo truccate e il desiderio che nasce nel torpore di luglio, lo zucchero della borraccia che lascia le mani collose dopo la corsa, quelle mani che ci si decide ad usare, finita ogni timidezza, sotto le gonne e le T-shirt, i morti che hai conosciuto e i vivi che non si conoscono ancora, e questo assurdo talento di pedalare che finisce per sigillare la propria vita sotto forma di un destino… Era enorme, troppo! Tanto valeva citare la Bibbia in risposta a un quiz”.

“Lo temevano non come si teme la forza bruta di un tiranno, come avrebbero temuto da li a poco Lance Armstrong, capace di un'intimidazione quasi fisica, che poteva giurare di distruggerti, te e la tua carriera. Giù di bici, VDB non intimidiva. E abbastanza curiosamente, neanche era bello, il naso troppo lungo, le palpebre spesso gonfie e colme di tristezza, il sorriso sottilmente contratto, come se occupato dall’interno da un dolore discreto che emanava a intervalli regolari. Un dolore nascosto che prendeva troppo spesso posto nella sua bocca. Ormai lontano da quell’eleganza letale che aveva in corsa, non ispirava più lo stupore, ma dava solo l’immagine di un uomo magro e ben vestito, niente di più. Portava però con sé i suoi segreti, desideri inespressi e pericolosi che non si potevano dire ad alta voce per paura di inalarli. E, sempre senza sapere perché, si parlava con gravità. Il mistero impediva di essere leggeri, come impediva di stare zitti: le stupidate notturne, le sue fascinose dipendenze cominciavano ad essere note. Lo si ammirava perché non si capiva come potesse essere, malgrado tutto, ancora così fresco, così forte, così veloce. Si sapeva dell’EPO, del Clenbuterol, dell’insulina, insomma delle tecniche, degli abusi. Tutti avevano, più o meno, preso lo stesso. Certi avevano paura e avevano rallentato dopo il caso Festina dell’anno precedente, ma si dubitava che VDB non avesse troppa paura. Tuttavia, si strabuzzavano gli occhi. Le regole più venerabili dell’igiene sportiva, che si osservano con una fedeltà paurosa, lui le calpestava come una rockstar vandalizza la propria camera d’albergo. Le buttava dalla finestra. Il suo talento sembrava dovesse resistere a tutto".

Nel 2001 firma con la Lampre di Algeri e Saronni con compagni di squadra Gilberto Simoni e Oscar Camenzind, ma non corre quasi mai e non si allena più. Nel frattempo la stampa belga gli si rivolta contro, sia per aver ostacolato (a suo dire) ai campionati del mondo di Lisbona (vinti da Oscar Freire) Museeuw e Van Petegem, non avendo comunicato che si era rotto entrambi gli scafoidi nella caduta dopo cento km (arriverà 7°), sia per la relazione con Sarah, per la quale aveva abbandonato la compagna Clotilde e la loro figlia Cameron.

Nel 2002 vengono trovati dalla polizia a casa sua EPO, Clenbuterol e morfina. Durante l’interrogatorio affermò che il clenbuterol era per il suo cane. Viene quindi sospeso dalla sua squadra, allora la Domo-Farm Frites, e denunciato per detenzione di prodotti illegali. Viene sospeso per sei mesi.

Nel 2003 corre con la QuickStep-Davitamon di Léfévère, insieme con, tra gli altri, Paolo Bettini, Tom Boonen, Nick Nuyens e Johan Museeuw. Arrivò, incredibilmente, ancora secondo dietro Peter Van Petegem al Giro delle Fiandre (come nel 1999).


L’anno dopo, passò alla Fassa-Bortolo di Ferretti, ma solo fino ad agosto. I risultati non sono all’altezza degli eccessi e quindi per le due stagioni successive passa alla Mr.Bookmaker.com. Nel 2006-07 corre per la Acqua&Sapone, ma ripetuti dolori al ginocchio sinistro lo portano a correre poco e senza risultati. Ormai stabilitosi a Gudo Visconti, nel pavese, l’unico exploit è la partecipazione a gare amatoriali in Italia con una falsa tessera UDACE a nome Francesco Dal Ponte (da una errata traduzione di Franck Vandenbroucke) con la foto di... Tom Boonen. Dirà: “Non ho mai tagliato il traguardo nelle gare per cicloamatori. Non voglio condizionarne la corsa. E’ stata una debolezza”.

Nel 2006 un tentativo di suicidio (uno dei vari) che arriva dopo che la moglie Sarah lo lascia, ormai stanca delle sue dipendenze da amfetamine e cocaina, tanto gravi che VDB comincia ad avere allucinazioni e vedere e parlare con gente che non esiste. Al culmine di un litigio VDB sparerà in aria con un fucile in cortile. Dirà: "Non dormivo anche per 5 giorni in fila, neanche un minuto".

Si veste di una maglia di campione del mondo, si scola una magnum di Château Pétrus e si inietta 10cc di Actaprid, un farmaco a base di insulina. La madre lo trova, e portandolo in ospedale lo salva. Passerà un piccolo periodo in un ospedale psichiatrico, ma poi a fine estate tornerà alle corse.

Nel 2008 corre per la squadra estone Mitsubishi-Jartazi, ma a causa dei suoi guai e della corsa amatoriale sotto falso nome, l’UCI accorda alla squadra la licenza ProTour solo se VDB non verrà fatto correre nelle corse ProTour: persona non grata. Ad aprile è licenziato. Nel frattempo il suo nome compare come "consumatore" in un’inchiesta giudiziaria su un traffico di cocaina ad Ypres.


Nel 2009 corre per la Cinelli-Down Under, squadra a licenza australiana, e ottiene alcuni piazzamenti in corse belghe oltre alla vittoria nella seconda tappa della Boucle de l’Artois, in Francia, sua ultima vittoria in un corsa pro'.

Ad agosto appende al chiodo la bici e si impiega nel settore marketing della Delrue, azienda metallurgica di proprietà di un suo tifoso. Torna così a vivere a Zottegem, in Belgio, e poi fa il commentatore per l'Het Nieuwsblad, quotidiano fiammingo.

In un’intervista del 2006 alla Gazzetta dello Sport che gli chiedeva delle tragedie del ciclismo, di Pantani, di Jimenez: "Non farò quella fine. Non corro alcun pericolo. La mia famiglia è la mia forza. Mia moglie Sarah, la mia bimba Margot. Corro con e per loro".

Il 12 ottobre 2009 viene trovato morto nella sua stanza d’albergo a Saly Portudal, in Senegal. La causa ufficiale è embolia polmonare, ma sotto il suo letto vengono ritrovate sostanze stupefacenti. E il portiere dell’albergo testimonia che VDB era ubriaco la sera in cui arrivò con una senegalese.

Suo zio Jean-Luc dirà: “Una sorpresa a metà, purtroppo".

Il quotidiano britannico Guardian titolerà: "La morte di Franck Vandenbroucke [è] un duro promemoria del lato oscuro del ciclismo".

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