Le vittorie di Gianni Bugno

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Già nelle categorie giovanili, Bugno si mette in mostra con ottime prestazioni nelle corse di un giorno, evidenziando ottime potenzialità come finisseur: tra le vittorie più altisonanti il GP Liberazione, il Trofeo Santa Rita e la Targa Città di Varese. Ma è tra i professionisti che riesce ad esprimersi al meglio. Fa l'esordio tra i "big" nel 1985 a soli 21 anni con l'Atala, suscita subito impressioni positive fra gli addetti ai lavori e nel 1986 arrivano le prime vittorie: si impone al Giro dell'Appennino, al Giro del Friuli e al Giro del Piemonte, evidenziando da subito la classe, l'eleganza e la perfezione di pedalata nonostante le situazioni di fatica, ma anche e soprattutto la potenza sia sul passo che in salita. Nel 1987 prosegue la sua costante crescita, rivince l'Appennino, gara per scalatori puri (lui che scalatore puro non è, eppure già a suo agio sulle salite lunghe oltre che sulle brevi rampe), si impone a Camaiore, nella coppa Sabatini e in una tappa al Giro del Trentino, cominciando a saggiare le sue possibilità sulle corse a tappe. Il 1988 è forse l'anno in cui l'ancor giovane Gianni (e con lui il mondo degli appassionati di ciclismo) prende definitivamente coscienza delle sue potenzialità enormi: comincia la stagione con una tappa e la classifica finale del Giro di Calabria, breve corsa a tappe di discreta caratura; prosegue con una tappa al Romandia ed il 2° posto alla Gand-Wevelgem dietro a Kelly. Finalmente la prima tappa in un grande giro, quella di Limoges al Tour de France; prosegue poi con una manciata di corse in Italia, ossia ancora l'Appennino, l'Agostoni e il GP Sanson; infine perde per un soffio il Lombardia arrivando 2° dietro al francese Mottet.
Bugno è pronto per il salto di qualità definitivo, affina le sue qualità di cronoman e di scattista, il suo terreno di caccia diventano le grandi classiche e i grandi giri. Dopo un 1989 interlocutorio, che lo vede primeggiare nel GP Sanson, nella tre Valli Varesine e nella tappa di Prato al Giro d'Italia, ma anche arrivare 8° nel mondiale di Chambery in Francia vinto da Lemond, arriva l'anno della consacrazione, il 1990.
Una stagione dominata in lungo e in largo, che comincia con la vittoria nella Milano-Sanremo, ottenuta peraltro con una fuga cominciata sulla Cipressa ed uno spettacolare inseguimento, da parte di Golz, Delion ed altri ancora, che Bugno respinge costantemente mantenendo 6 secondi di vantaggio all'arrivo; prosegue poi con la vittoria al Giro del Trentino, preludio alla eccezionale vittoria al Giro d'Italia, maglia rosa presa alla prima tappa e mai più lasciata, 3 vittorie di tappa, su tutti i terreni, a crono ed in salita, una supremazia senza rivali, se non il povero Mottet che non riesce ad avvicinarsi a più di 6 minuti e mezzo in classifica generale. Forse oggi un ciclista si fermerebbe dopo le vittorie alla Sanremo ed al Giro, Bugno no, lui riusciva ad andare forte da Marzo ad Ottobre. E infatti nello stesso 1990 si impone in due tappe al Tour (Alpe d'Huez e Bordeaux) e si piazza 7° in classifica generale, consapevole finalmente di poter ambire anche alla classifica generale del Tour de France. Non contento si aggiudica anche un'altra gara di Coppa del mondo, la Wincanton Classic (davanti all'eterno Kelly), e quindi la Coppa del Mondo. Ha il tempo di arrivare anche 3° al mondiale di Utsonomiya alle spalle dei belgi Dhaenens e De Wolf, con qualche recriminazione per non aver inseguito e raggiunto la coppia belga, una eventuale volata lo avrebbe visto sicuro vincitore. Inutile dire che diventa anche il numero uno della classifica UCI. Insomma una stagione da cannibale, che ripeterà nel 1991. Comincia l'anno in modo più tranquillo, perché intende essere maggiormente competitivo a fine stagione, e la preparazione gli da ragione. Vince 3 tappe al Giro d'Italia ed arriva 4° nella generale: un grande Chioccioli, davvero sorprendente non tanto sulle montagne quanto a cronometro, lo priva di una vittoria che, dopo la crono di Langhirano, sembrava essere nelle sue possibilità. Non si scoraggia e va al Tour con intenzioni bellicose: rivince la tappa dell'Alpe d'Huez e arriva secondo in classifica generale dietro a Miguel Indurain. Con una squadra più forte ed una improbabile alleanza con Chiappucci, forse avremmo un italiano in più nell'albo d'oro del Tour. La vita continua, dopo il 4° posto al Giro ed il 2° al Tour, si concentra sulle corse di un giorno: vince il Friuli valido come Campionato Italiano, la Classica di San Sebastiano di Coppa del Mondo, il memorial Nencini e finalmente il Campionato del mondo davanti a Rooks ed al rivale di sempre Indurain. A 27 anni ha il mondo ai suoi piedi, è il ciclista più forte del momento e, a livello nazionale, il più forte degli ultimi 10 anni, praticamente dai tempi di Moser.
Paradossalmente, nell'età che dovrebbe essere quella di maggior successo, dai 28 ai 32 anni, Bugno segna il passo. I successi continuano ad arrivare, seppur in minor misura, ma manca la continuità di rendimento.
Il 1992 è un anno a vicende alterne: dopo una tappa a cronometro al Giro di Svizzera, Bugno va al Tour per vincerlo, ma qualcosa non va, riesce a piazzarsi soltanto 3° nella classifica generale e sulle montagne cede davvero troppo ad Indurain. Sembra un Bugno appannato rispetto alle due stagioni precedenti, a volte distratto, sempre di gran classe e compostezza, ma quasi remissivo. Va decisamente meglio la seconda parte di stagione con la vittoria bis nel Mondiale di Benidorm, e le vittorie nel Giro del Lazio, nel Giro dell'Emilia e nella Milano-Torino. Purtroppo è il canto del cigno: a 29 anni per Bugno inizia una parabola discendente che si arresterà nel 1998, anno del ritiro dalle competizioni. Nel 1993 solo 6 successi con il solo GP Gippingen come successo rilevante ed un 2° posto all'Amstel Gold Race (qualche anno prima in una volata a 2 con Jaermann avrebbe stravinto). Nel 1994 un'ultimo guizzo da fuoriclasse con la vittoria nel Giro delle Fiandre ed il settimo posto finale al Giro d'Italia. Nel 1995 è di nuovo Campione d'Italia ed arriva 2° alla Liegi e anche al Campionato di Zurigo; piazzamenti, questi ultimi, sintomatici di una brillantezza non eguagliabile ai tempi migliori.
Nel '96, '97 e '98 soltanto tappe, di cui 2 alla Vuelta. In tutto 72 vittorie da professionista, tante soddisfazioni per lui e per noi tifosi, qualche rimpianto (il Tour de France su tutti), ma comunque la consapevolezza di aver assistito alle vicende sportive di un campione come ne nascono uno ogni 10-20 anni.
Articolo inviato da: Paolo Mannini (Firenze)

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