Madrid 1957 - La prima volta viola: triste, solitaria e finale


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di Christian Giordano ©, Guerin Sportivo © n. 1 - 7-13 gennaio 2003
© Rainbow Sports Books 

Andando indietro con gli anni, dal 1956 al 1960 compare solo un nome nell’albo d’oro della allora Coppa dei Campioni, quello del grande Real Madrid. Una squadra-monstre, capace di rispedire a casa, dopo pochi mesi, un asso (lento) come il brasiliano Didi perché «non all’altezza». La Coppa sembra un fatto privato delle merengues e per le italiane è dura. 

Nel 1956 un Milan un po’ anzianotto, che al centro dell’attacco schierava ancora il bisonte Nordahl, era stato battuto in semifinale da Di Stéfano & C. (2-4 a Madrid e solo 2-1 a Milano), poi vittoriosi sui francesi dello Stade Reims per 4-3 dopo esser stati sotto di due reti. 

Va meglio alla matricola Fiorentina, che l’anno dopo arriva in finale (questo il cammino dei ragazzi di Bernardini: 1-1/1-0 con gli svedesi del Norrköping, 3-1/2-2 con il Grasshopper di Zurigo, 1-0/0-0 con la Stella Rossa Belgrado).

Il 30 maggio 1957 si gioca però al Chamartín, l’inespugnabile tana del Real, fortissimo sul campo e nelle segrete stanze dei bottoni. Dopo una lunghissima fase di stallo e complice l'arbitraggio dell'olandese Leo Horn, i madrileni si impongono con un secco 2-0. Segnano Di Stéfano al 69’ su rigore e Gento al 75’.

Questi i gol. Il mediano destro Enrique Mateos sprinta deciso verso la porta e, nonostante l’evidente segnalazione di offside di un guardalinee che prontamente alza la bandierina, appena Mateos va giù nell’area viola, Horn concede il penalty. Per il grande Alfredo trasformarlo è un gioco da ragazzi. Sei minuti dopo, Raymond Kopa confeziona un traversone per Gento che, freddissimo, infilza Sarti. Buonanotte.

Il Real si conferma campione e Miguel Muñoz riceve per la seconda volta la coppa dalle grandi orecchie. Stavolta dalle mani del Generalíssimo Francisco Franco, primo tifoso del club padrone d’Europa: tra dittatori ci si intende. 


La tattica/Alfredo Alfredo

Il Real che vince il suo secondo titolo europeo consecutivo è una squadra spiccatamente offensiva, con qualche limite in copertura come dimostrano i tanti gol subiti (10 in 7 partite). Marquitos è il perno centrale di una retroguardia che davanti al portiere Alfonso schiera i terzini Torres (al posto di Atienza, titolare nel ’56) e Lesmes. Muñoz, Mateos e Zarraga fanno da filtro, dietro una prima linea irresistibile formata da quattro attaccanti autentici, Kopa, Di Stéfano, Rial e Gento. Il tecnico di quella leggendaria formazione è il glaciale e pragmatico José Villalonga. Con campioni di quel calibro, quasi un dettaglio.

La Fiorentina assemblata dal genio tattico di “Fuffo” Bernardini è invece tosta in difesa e brillante in avanti, dove il tecnico romano lascia libero sfogo alla velocità e all’estro creativo degli stranieri, l’ala destra brasiliana Julinho (incontenibile) e la mezzala sinistra argentina Montuori. Due grandi talenti che a gioco lungo devono cedere ai troppi fuoriclasse in camiseta blanca.


Il tabellino della finale
Madrid, stadio «Chamartín», 30 maggio 1957
REAL MADRID-FIORENTINA 2-0 (0-0)
Real Madrid: Alonso; Torres, Lesmes; Muñoz, Marquitos, Zarraga; Kopa, Mateos, Di Stéfano, Rial, Gento. Allenatore: José Villalonga.
Fiorentina: Sarti; Magnini, Cervato; Scaramucci, Orzan, Segato; Julinho, Gratton, Virgili, Montuori, Bizzarri. Allenatore: Fulvio Bernardini.
Arbitro: Leo Horn (Olanda).
Marcatori: Di Stéfano su rigore al 69’, Gento al 75’.
Spettatori: 124 mila circa.
Note: Si gioca alle 16,30, sotto un sole cocente, per il mancato accordo fra le società per giocare in notturna e inaugurare così il nuovo, modernissimo impianto d’illuminazione del futuro “Santiago Bernabéu”, all'epoca presidente madridista.

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